Come mi sarei dovuto sentire io, tifoso romanista, durante i due minuti di sospensione di Milan-Roma? Ero in un pub in centro con il wi-fi e ho twittato d’istinto
Che vergogna
— Daniele Manusia (@DManusia) 12 maggio 2013
appena Rocchi ha preso la palla in mano e chiamato a sé i capitani. Al tavolo di uomini sulla cinquantina dietro di me qualcuno ha detto: «Ma Balotelli deve capì che lo fischiano perché è stronzo, non perché è nero». La mia ragazza era di spalle al televisore e si annoiava: «Perché, che ha fatto?», mi ha chiesto.
Non era chiaro cosa fosse successo. I commentatori Sky (credo si trattasse di Maurizio Compagnoni e Antonio Di Gennaro ma posso sbagliarmi) parlavano di «bu», senza specificare lunghezza, durata e frequenza dei «bu». Un semplice «bu» può essere l’onomatopea per la parola «abbasso», una specie di fischio. Se però è breve e ripetuto – «bu-bu-bu» – allora diventa simile al classico «uh-uh-uh», che è il suono con cui si vuole imitare il verso della scimmia. Gli inglesi parlano di «monkey chants» in generale per i cori razzisti e in italiano ogni tanto usiamo «versi da scimmia», anche se si perde la sfumatura chants, ovvero il contesto stadio/coro. «Ululati» fa schifo ed è ancora meno chiaro (sembra che i tifosi sono dei cani e il punto non è questo). Perché i commentatori Sky non hanno parlato di «versi da scimmia» se di quello si trattava? Per pudore? Perché non erano sicuri si trattasse di «versi da scimmia»? Non è che Rocchi ha sospeso la partita per dei semplici fischi (devono aver pensato molti romanisti)? Un fischio è un fischio, e non è razzista fischiare una persona con la pelle nera, o no? Non è razzista neanche chiamare stronzo uno che poi secondariamente è nero di pelle, giusto? Allora i tifosi romanisti, di cui faccio parte, si sono chiesti: «E perché proprio oggi? Perché proprio a noi? Strano eh?»
La decisione del giudice sportivo che condanna la Roma a una multa di cinquantamila euro parla di «cori e grida espressivi di discriminazione razziale» e specifica che erano rivolti a tre giocatori del Milan. Nel frattempo Balotelli ha dichiarato alla Cnn che al prossimo episodio del genere lascerà il campo e Marcello Nicchi, presidente dell’AIA (l’Associazione Italiana Arbitri) ha specificato che se lo farà verrà considerato come espulso. La sua squadra giocherà in dieci. Ci sono autorità che possono prendere delle decisioni in merito e non spetta al giocatore decidere quando è troppo.
Come dovremmo prendere un’eventuale uscita dal campo di Mario Balotelli? Un fallimento per le autorità del calcio italiano o addirittura della nostra società civile? Parlare di razzismo nei confronti di Balotelli è una questione buonista? Balotelli è un personaggio dickensiano, un simbolo anti-razzista, o solo un calciatore antipatico ai tifosi delle squadre avversarie (e a volte anche alla propria)? Dipende da Balotelli se i nostri cori contro di lui sono razzisti? È colpa sua? Come siamo arrivati a questo punto?
Riassunto delle puntate precedenti
Stagione 2007-08. Balotelli esordisce sotto la guida paterna di Mancini che lo fa giocare poco ma il giusto. Segna una doppietta alla sua seconda gara ufficiale, in Coppa Italia contro la Reggina e poco più di un un mese dopo, a fine gennaio 2008, va in rete altre due volte, sempre in Coppa Italia, stavolta contro la Juventus. Due gol notevoli in cui si capisce il talento fisico straordinario e la tecnica che lo accompagna. Prima di compiere diciotto anni diventa capocannoniere di quella competizione e realizza tre gol in campionato con undici presenze. Contro l’Atalanta e contro la Fiorentina arriva due volte solo davanti al portiere e mostra una freddezza non comune.
Stagione 2008-09. Arriva Mourinho che lo fa entrare nella partita di Supercoppa contro la Roma, subito dopo il gol del pareggio di De Rossi. A cinque minuti dalla fine Julio Cesar lancia lungo, Mexes spizza la palla di testa e Balotelli scavalca Doni in uscita con un tocco sotto da serial killer. Poi si va ai rigori, lui calcia il suo e non lo sbaglia (questo rigore non è contato nel record di quindici su quindici di cui si parla adesso, l’incredibile 100%). Tra fine febbraio e inizio marzo segna quattro gol in tre partite di campionato: Bologna, Genoa e poi ne fa due alla Roma nel 3-3 casalingo in cui si distingue anche per aver tirato fuori la lingua all’indirizzo dei tifosi romani in trasferta e, poi, del veterano Christian Panucci che gli dice che non si fa. Il Procuratore federale Palazzi lo deferisce per «aver rivolto gesti offensivi nei confronti di un giocatore avversario». Quando Balotelli fa la linguaccia ha appena trasformato il rigore del 2-3. L’Inter sta ancora perdendo e ci penserà Crespo a pareggiare i conti un quarto d’ora dopo. In quel momento il gesto di Balotelli è di un’arroganza gratuita in un modo che fa quasi paura.
«Il corpo di MB dice qualcosa di forte, è un corpo elegante, sprezzante, fiero, il corpo di un campione naturale. Apporre in cima a quel corpo la firma di un dito che fa il gesto di star zitti, o la linguaccia, scatena il panico. La linguaccia dopo aver segnato è peggio che se Dio si affacciasse tra le nuvole durante un uragano e rombasse: “Sì, sì, ce l’ho proprio con voi! Vi odio! (Non vincerete più lo scudetto!)”»,
scrive Francesco Pacifico in un pezzo illuminante del 2010. Pochi giorni prima ha affrontato a brutto muso Cristiano Ronaldo, Pallone d’Oro in carica (e ha un anno di più di quanti ne ha Balotelli ora che scrivo). Il 18 aprile contro la Juve segna e abbraccia i tifosi interisti in trasferta. Per i cori razzisti la Juve è condannata a giocare a porte chiuse la partita successiva contro il Lecce. I tifosi juventini canteranno contro Balotelli anche in Champions League, in partite in cui Balotelli neanche gioca. A giugno, mentre beve una cosa con dei compagni della Nazionale Under 21 (in cui ha potuto giocare solo una volta compiuti i diciotto anni per le leggi sulla cittadinanza) a Ponte Milvio, a Roma, gli tirano una banana.
Stagione 2009-10. A dicembre segna un gol su punizione al Rubin Kazan, da trenta metri, forse il suo gol più bello fin qui. A gennaio va in gol contro il Chievo Verona ma si fa anche ammonire. A fine gara commenta: «Sono stato stupido, succede. A me succede». Aggiunge: «Posso dire una cosa? Voglio dire che il pubblico di Verona ogni volta che vengo a giocare qua mi fa sempre più schifo». Il 20 aprile Mourinho lo fa entrare in campo durante la semifinale di andata di Champions League contro la-squadra-più-forte-del-mondo, il Barcellona di Pep Guardiola. Balotelli è svogliato e Mourinho in conferenza stampa lo bacchetta: «Se tu a venti anni lavori al 25% delle tue possibilità come pensi di poter giocare? Solo se l’allenatore ti vuole regalare una situazione di privilegio. Io non regalo privilegio a nessuno». Ancora più grave: a fine partita getta la maglia dell’Inter in terra. Qualche settimana prima a Striscia la Notizia erano andate in onda delle immagini in cui indossa la maglietta del Milan, sua presunta squadra del cuore. Il 5 maggio 2010, Totti gli rifila il famoso calcione che tutti conosciamo (qui, se volete vederlo nel contesto di una partita in cui falli e comportamenti antisportivi non mancano). A questo punto Balotelli è già troppi problemi. Mourinho vince Scudetto, Coppa Italia e Champions League, Balotelli è un diciannovenne che ha vinto già tutto anche se mai da protagonista e viene ceduto al Manchester City per 28 milioni di euro.
La prima stagione al Man City finisce con la vittoria in FA Cup e il premio come Man of the Match. Al di là dei gossip di cui i tabloid vanno pazzi e dei litigi coi compagni, sembra pronto per diventare un punto fermo della squadra di Mancini. Nella seconda stagione però qualcosa non funziona. In estate, durante un amichevole con il Los Angeles Galaxy, Balotelli sbaglia un gol a porta vuota facendo la parodia di un colpo di tacco. Mancini lo toglie e non fa nulla per nascondere i suoi cattivi pensieri. Nel corso dell’anno dà segni di nervosismo, rimedia tre cartellini rossi per un totale di 10 giornate di squalifica. Fa una cosa abbastanza brutta quando calpesta Scott Parker del Tottenham. Anche in Champions League, contro la Dinamo Kiev, non è un bel gesto. Nonostante tutto farà per sempre parte della storia del Manchester City per almeno due motivi. (1) Per aver segnato i primi due gol del derby vinto 6-1, il giorno della celebre maglietta Why always me; e (2) per l’assist al Kun Aguero che vale la vittoria del campionato (dopo più di quarant’anni d’attesa). Un movimento complesso che vale quanto la finalizzazione del compagno: Balotelli stoppa un passaggio con l’uomo addosso, riesce a portare la palla dalla parte che vuole lui ma nel contrasto fisico non riesce a tenerla vicina al piede; a quel punto la palla sembra persa e per anticipare due avversari si inventa una scivolata con cui ruota il corpo a mezz’aria e serve Aguero sulla corsa come per magia.
Poi c’è stato l’Europeo. Il gol in rovesciata all’Irlanda e Bonucci che gli tappa la bocca quando esulta in modo polemico, un gesto opprimente in modo così fraterno che non ne siamo infastiditi. La doppietta alla Germania, l’esultanza in posa da culturista, il bacio alla mamma di questo che in fondo è un ventenne italiano come ce ne sono tanti. Balotelli ha portato quasi da solo l’Italia a giocarsi la finale dell’Europeo e i tempi delle banane e dei cori «non ci sono negri italiani» sembravano finiti. Quando le cose vanno male col City, e Mancini gli mette addirittura le mani addosso in allenamento, i tempi sembrano maturi per tornare in Italia. Non fa in tempo a mettersi gli scarpini, però, che c’è già la prima gaffe di Paolo Berlusconi che lo chiama «negretto di famiglia». Ma lui giustamente ci tiene ad avere buoni rapporti coi datori di lavoro e fa finta di niente. A novembre Time lo ha messo in copertina, è un simbolo anti-razzista anche senza fare niente. Solo perché è italiano, nero, di successo. Al Milan diventa finalmente il giocatore che ci si aspettava diventasse, magari con troppo ansia (non ha ancora compiuto 23 anni!). Undici gol in dodici partite e il primato sui calci di rigore sono statistiche che parlano da sole. I tifosi avversari continuano ad avere problemi con lui. A Cagliari li zittisce dopo aver calciato un rigore sotto la loro curva. Un tifoso dell’Inter si porta una banana gigante allo stadio (uno solo, di cui ci sono molte foto) e a Firenze Balotelli minaccia una prima volta di uscire dal campo (ma invece si fa squalificare per aver insultato l’arbitro di porta).
L’avversario temuto, lo stronzo, il simbolo anti-razzista
Perché in Italia facciamo così tanti distinguo in tema razzismo?
Abbiamo paura di sembrare troppo politicamente corretti?
Uno dei distinguo più usati, anche e sopratutto da persone che non si considerano razziste, è che nella cornice stadio ha un valore diverso.
Non è veramente razzismo perché lo scopo non è rimarcare l’inferiorità di una razza rispetto a un’altra ma condizionare in negativo le prestazioni dell’avversario.
Allo stadio o mentre guardiamo le partite non siamo veramente noi stessi, ci sfoghiamo.
Perché ci sfoghiamo in modo razzista e usiamo una delle tante offese comuni di cui disponiamo?
È chiedere troppo?
Il razzismo è un mezzo o un fine?
È un sentimento profondo o un comportamento sociale?
È in noi o nelle nostre frasi?
Una persona per essere considerata razzista deve comportarsi sempre da razzista o basta una volta sola?
Un vero razzista insulta tutti i neri che incontra per strada?
I veri razzisti sono razzisti a tempo pieno, sono persone coerenti?
Esistono i razzisti occasionali?
Persino Zeman, il principe del calcio pulito, ha detto che «non se la prendono con Balotelli perché di colore diverso, è che con i suoi atteggiamenti attira qualcosa».
Zeman dice che «non si può valutare quali offese siano più importanti», che lui non fa «distinzioni».
Dire a una persona con la pelle nera che somiglia a una scimmia è come dare del ciccione a uno grasso (premesso che non è carino comunque)?
Marc Zoro, che durante un Inter-Messina del 2005 ha preso la palla in mano e se la stava portando via dal campo, ha commentato così in un servizio Espn dedicato al tema: «La mia testa era così piena di quello che dicevano che non potevo concentrarmi sul gioco».
Sarebbe questa la giustificazione ai cori razzisti?
I non-razzisti che hanno partecipato ai monkey chants sono fieri di loro quando Zoro dice che la sua testa era troppo piena dei loro monkey chants?
Zoro è antipatico come Balotelli?
Posso dire che quel nero è una scimmia, senza dire che tutti i neri sono delle scimmie?
Dire che Kabobo è una scimmia è razzismo?
Zoro era il più temuto del Messina?
Zoro era malato di protagonismo?
Lo striscione «NOCCIOLINE E BANANE LA PAGA PER L’INFAME» esposto contro Zoro dalla tifoseria interista, è valido per tutti gli infami anche non neri di pelle?
Quando Zoro ha rifiutato di confrontarsi con Borghezio in Tv, ha proprio detto «Io con lei non mi confronto», ha sbagliato? Borghezio ha risposto: «Vediamo subito da che parte sta il razzismo. Razzismo inteso come maleducazione».
Il razzismo è una forma di maleducazione?
Spiegare a Borghezio i suoi sentimenti non sarebbe stata un’ulteriore umiliazione?
Difendere il razzismo da stadio significa stare dalla parte di Borghezio?
Nel video di dieci minuti della Espn che ho citato sopra, Thierry Henri racconta che ogni volta che va a battere un angolo la gente gli fa i monkey chants, gli sputa e «tutto quello che riesci a immaginare».
L’ex portiere dell’Espanyol (adesso al Malaga) Carlos Kameni aveva un tipo dietro di sé con un megafono che gli diceva: «Sei spazzatura. Adesso vai dai giornalisti a dire che è razzismo».
Il fatto che dietro il tipo col megafono ce ne sia uno con una banana di plastica, rende razzista anche lui?
Il razzismo è trasmissibile per vicinanza?
Il tipo col megafono è di più, di meno, o colpevole quanto il tipo con la banana?
Kameni dovrebbe distinguere tra i due tipi di odio?
Quindi il tipo col megafono non è razzista?
No perché in questo caso lui, come uno qualsiasi di quelli che fischiano/ululano/fanno i monkey chants a Balotelli, potrebbe addirittura essere un antirazzista!
L’antirazzismo è un sentimento?
Kameni è veramente una spazzatura d’uomo?
Come fanno i tifosi dell’Espanyol a saperlo?
Se Balotelli uscirà dal campo lasciando la propria squadra in dieci, sarà un calciatore viziato, un milionario in mutande capriccioso?
Dovrebbe stare zitto e giocare perché guadagna molto di più di chi lo offende?
Quanti milioni vorreste voi per essere trattati da scimmia ogni volta che lavorate?
Nel marzo del 2011 Roberto Carlos, all’epoca un giocatore dell’Anzhi, mentre giocava si è ritrovato una banana tra i piedi ed è uscito dal campo.
È importante sapere perché gliel’hanno tirata?
Twitter: @DManusia
*Vive e lavora a Roma. Ha collaborato con Nuovi Argomenti, GQ, minima & moralia, Orwell, Rivista Studio e cura la rubrica di calcio Stili di Gioco per Vice.com