Genoa, condanna per Enrico Preziosi su Iva non versata

Il patron del Genoa condannato

Ha rotto la telecamera di un giornalista poche settimane fa, ma in realtà a Enrico Preziosi, patron della Giochi Prezioni e del Genoa calcio, è «il giocattolo» che rischia di rompersi. Il leader del settore giocattoli in Italia paga da due anni la congiuntura economica negativa e i numeri di un mercato in difficoltà. Lo ha messo nero su bianco Assogiocattoli, associazione che raduna i protagonisti del settore, lo scorso febbraio commentando i dati del 2012. Dopo avere registrato un calo del 3% dei fatturati nel 2011, il mercato «del Traditional Toys» in Italia si è chiuso anche nel 2012 con il segno meno: -2,2% in termini di giro d’affari e -1,9% sui pezzi prodotti a fronte di una lieve flessione (-0,3%) dei prezzi medi: a novembre (-8,7%) e  dicembre in declino dello 0,6%, ma solo grazie al recupero per le festività natalizie nelle ultime due settimane (periodo 17-30 dicembre 2012).

Del resto in tutta Europa, a parte la solita Germania, il trend è negativo. E molte aziende italiane leader nel mondo hanno già portato i libri in tribunale. Come la “Mondo” di Gallo D’Alba che produce pavimentazioni, attrezzature sportive e giocattoli, protagonista alle ultime olimpiadi di Londra 2012. Nell’aprile scorso i vertici hanno depositato presso il Tribunale di Alba la domanda di concordato “con riserva” ai sensi dell’articolo 161, comma 6, della legge fallimentare: le difficoltà deriverebbero dalla «quasi impossibilità di incassare quanto dovuto sia dai clienti privati che dalle amministrazioni pubbliche italiane».

Le altre aziende reggono, ma con difficoltà. E un settore dove fa ancora rumore parlare del fallimento della Gig di Aldo Horvath nel 2001, azienda leader in Italia che nel 1995 fatturava 400 milioni di euro, distributrice del Nintendo, ma che poi fu costretta a chiedere il concordato preventivo quattro anni dopo anche sull’onda del successo della Playstation: Horvath poi finì sulle cronache perché suicida dopo aver ucciso la moglie nel 2009 tra lo stupore di tutta Firenze. Da allora è Preziosi il leader del mercato italiano, anche perché proprietario dei Toys Center e gestore in franchising di Giocheria, e quindi di fatto vero king maker del mercato.

Eppure, non è indenne da una crisi che ha colpito duramente la divisione italiana, traino del gruppo. In Italia le quote di mercato di Giochi Preziosi sono scese al 17% rispetto allo storico 25%, il che significa 100 milioni di fatturato in meno. Fortunatamente a fare da contraltare c’è stata la crescita in Inghilterra, dove l’azienda è al quinto posto con un aumento del giro d’affari del 5 per cento, secondo quanto raccontano alcune fonti interne a Linkiesta (il bilancio 2012 non è stato ancora depositato). A ciò si aggiunge la difficoltà di riscuotere i crediti da parte dei fornitori, un po’ per via di una politica commerciale aggressiva che – riempiendo i negozi di merce – ha portato a un alto tasso di invenduto, un po’ per le difficoltà stesse dei fornitori. Come è successo lo scorso Natale, quando la società ha avuto forti difficoltà nella riscossione dei crediti. Tant’è che in azienda si discute se sia il caso di imitare la Lego: niente pagamento anticipato niente prodotto.

C’è poi un tema che riguarda la moltiplicazione dei canali tematici sul digitale terrestre, e delle conseguenti licenze. Prima la pubblicità si concentrava soltanto su Rai2 e Italia1, ora si spalmano a ventaglio tra 25 stazioni e non è detto che i risultati siano uniformi. Infine, nel cahier de doléances, c’è da un lato l’aumento dei costi di produzione nelle fabbriche di Shenzhen – questione che riguarda tutti – ma anche i minori acquisti dei prodotti di fascia alta da parte delle mamme italiane. Uno su tutti il Cicciobello, bambolotto simbolo della Giochi Preziosi. Risultato? Da maggio i dipendenti delle sedi italiane sono in solidarietà.

La struttura proprietaria della società è cambiata nel 2008, quando il fondo Clessidra di Claudio Sposito e Intesa Sanpaolo sono entrati al piano inferiore della catena di controllo di Giochi Preziosi – con una quota del 52% – attraverso un’operazione di leverage buyout finanziata per 375 milioni da un pool composto da Barclays, BNP Paribas, Calyon, Intesa Sanpaolo, Natixis e UniCredit. Il 43% è controllato dal fondatore, Enrico Preziosi attraverso Fingiochi, mentre Idea Capital, fondo di private equity controllato dal gruppo De Agostini, possiede il 5 per cento.

La catena di controllo di Giochi Preziosi

Salendo invece al piano superiore, Enrico Preziosi è a capo di una girandola di holding tra Cipro e Madeira. La cui testa, la E.P. Preziosi Participations (riportata in Italia dal Lussemburgo nell’estate 2011) controlla il 75% della holding Fingiochi. Il rimanente 25% è in capo alla Noitempor Consultores e Servicos, domiciliata nell’isola portoghese e amministrata da Brigida Ronchi, presidente di Holding dei giochi Spa, a cui fanno riferimento i 6 negozi della catena Toys Center sparsi sul territorio nazionale. La Noitempor ha chiuso il 2011 (ultimo bilancio disponibile) con una perdita netta di 4mila euro su un capitale di un milione. Sempre al dicembre 2011, la E.P. Preziosi evidenziava «un utile di euro 5.042.045, derivante sostanzialmente dal dividendo deliberato dalla società controllata Fingiochi S.p.A.». Nonostante la perdita di 18 milioni e il debito di 70 milioni, Fingiochi nel 2011 ha infatti distribuito ai soci 10 milioni, attingendoli dalle riserve pari a 300 milioni. Sulle sue spalle, peraltro, ricade anche la quota parte dei 67 milioni di perdite del Genoa (al 2011) – controllato al 75% – e finanziata il medesimo anno con un prestito infruttifero da 27,3 milioni.

Fonti interne riferiscono che Giochi Preziosi entro l’anno sarà costretta a imboccare la strada del piano di risanamento preconcorsuale ex art 67 della legge fallimentare. La società ha chiuso i primi sei mesi del 2012 in rosso per 90 milioni, con ricavi da vendite in discesa del 23% su giugno 2011 a 262 milioni di euro, debiti a quota 535 milioni – la metà in scadenza alla fine dell’anno passato – cassa per 18 milioni di euro e un avviamento di 400 milioni circa, svaltuato per 50.

Allo scorso ottobre, riferisce l’agenzia Debtwire, Clessidra e il fondo Atlante Ventures di Intesa Sanpaolo erano impegnate nella vendita di Giocoplast per 25 milioni di euro. Contattati da Linkiesta, da Atlante Ventures non hanno rilasciato alcun commento sull’avanzamento delle trattative. A quanto risulta tuttavia, una delle ipotesi sul tavolo dell’istituto di credito sia di acquistare Giocoplast per finanziare indirettamente la società. Preziosi ha scelto Rothschild come advisor finanziario e Bain & Co. per la messa a punto del nuovo piano industriale. La rinegoziazione del debito con i creditori, dopo il mancato rispetto dei covenants (una leva a 2,2x rispetto all’attuale 3x), prevedono un aumento di capitale da 50 milioni di euro. L’unica soluzione per guadagnare tempo in attesa di un piano industriale in grado di invertire la rotta. Intanto, togliere dalle spalle di Fingiochi i debiti del Genoa potrebbe essere una prima mossa. 

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