L’Italia le toghe e Silvio: l’estate della lunga attesa

La bussola politica

Dopodomani la corte Costituzionale deciderà se Silvio Berlusconi aveva diritto o no al legittimo impedimento nel processo d’Appello sul caso Mediaset. Se i giudici supremi dovessero dargli ragione, il processo (nel quale Berlusconi è stato condannato) sarebbe da rifare e la prescrizione, a quel punto, prevista per il 2014, sarebbe molto probabile, praticamente certa.

Mai così tanto il destino degli equilibri politici è dipeso dal destino di una sola persona, e la grande coalizione, il governo di salvezza nazionale, le ambizioni di Enrico Letta e le speranze di Giorgio Napolitano sono adesso tutte appese alle decisioni della massima corte che si occupa, sì, di diritto, ma pure vive nel mondo. E difatti non c’è giudice supremo che non sappia quanto una sentenza sfavorevole al Cavaliere, dopodomani, possa contribuire a indebolire la già fragile e stranissima maggioranza di governo chiamata a restituire dignità al derelitto sistema politico, con tutto ciò che ne deriva, compresa la capacità dell’Italia di resistere ai marosi della recessione.

Berlusconi cerca una via d’uscita istituzionale dai suoi guai giudiziari e il mondo istituzionale cerca una via d’uscita politica dalle anomalie degli ultimi vent’anni e dalla crisi economica che minaccia la sua stessa sopravvivenza. Alla base di questa trama così attorcigliata c’è il Quirinale, quel presidente riluttante della Repubblica che regge da solo, all’età di ottantasette anni, l’intero sistema sfilacciato dell’Italia matta e guasta. Come un funambolico equilibrista, Napolitano deve farsi garante del Cavaliere, e dunque del governo di salvezza nazionale, ma pure dello stato di diritto, delle regole fondamentali, “la legge è uguale per tutti”, sulle quali si basa la convivenza civile di una Repubblica democratica e parlamentare.

Dunque che fare con Berlusconi? Dopo vent’anni di guerra e d’attendismo è arrivato il momento della verità, la resa dei conti finale: i processi sono al terzo grado di giudizio, e non c’è più nessuna dilazione possibile, nessuna furbata, nessun gabola, nessun legittimo impedimento da invocare. E così l’Italia tutta, questa settimana, rimarrà col fiato sospeso a osservar compiersi il suo stesso destino, che è poi quello del Cavaliere, un destino che nell’eterno ritorno dell’uguale italiano si compie ovviamente in un aula di giustizia, laddove con Mani Pulite era cominciata vent’anni fa la grande crisi di sistema.

Ma si può anche prendere tempo, e dunque rimandare, guadagnare qualche istante all’operazione delle larghe intese, non sciogliere ma lenire il nodo di Gordio (di Silvio). Nei dedali sotterranei che collegano il Quirinale a Palazzo Chigi e poi, ovviamente, alla Corte costituzionale, si fa esercizio d’equilibrata temperanza, e dunque chissà che la Corte, questa settimana, alla fine, non decida affatto: il diritto, come insegna Manzoni, può anche essere un labirinto di sfumature, di garbugli, può nascondere un’assoluzione dietro una condanna apparente, può rinviare e perdersi nei codici e nelle interpretazioni.

Il governo si regge finché Berlusconi si regge, e i poteri neutri, che pure offrono al Cavaliere un vago odore di salvezza, anche potessero con una parola liberarlo dalle catene giudiziarie non lo farebbero: solo l’incertezza, la speranza di una meta così agognata – la salvezza – può garantire che l’inaffidabile si faccia placido alleato delle riforme istituzionali e della grande coalizione. E così si dice che nulla di irreversibile accadrà prima di ottobre, prima che Letta abbia completato la prima e più delicata fase della sua esperienza governativa. Prendere tempo per guadagnare tempo, la strategia del rinvio è una di quelle inclinazioni costanti di ogni politica d’equilibrismo.

E Napolitano pare voglia così congelare tutto, sedare ogni rischio, sospendere ogni minaccia, sopire ogni tramestio. Anche il congresso del Pd grava come un’incognita destabilizzante sulle sorti delle riforme istituzionali e della navigazione di Letta. E non è un caso che anche il congresso democratico, che dovrebbe tenersi entro l’anno, potrebbe invece essere rinviato. Dopo ottobre? Oggi si riunisce per la prima volta la commissione di partito che dovrà occuparsi delle regole, ma anche decidere sui tempi.

Chissà se davvero, come dice Guglielmo Epifani, tutto sarà pronto per il 17 luglio, o se invece, come appare probabile, alla fine anche i lavori di questa commissione finiranno per allungarsi e allungarsi e allungarsi… Il Quirinale vigila, ha un occhio e una parola per ciascuno degli attori sul proscenio, ed è ormai molto più della sola presidenza della Repubblica, rappresenta l’unico stabile centro di gravità dell’impalcatura istituzionale italiana. Partiti compresi. 

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter