Lo aveva pianificato quattro anni fa, quando le banche gli hanno «scippato» la sua Risanamento. Era solo questione di tempo, e Luigi Zunino sarebbe tornato in pista dopo aver evitato per il rotto della cuffia un crac da 3 miliardi di euro – grazie a un concordato ex art. 182 bis della legge fallimentare – con cui le banche sono diventate i principali azionisti del gruppo immobiliare. Un salvagente a cui il tribunale fallimentare ha dato il suo via libera, secondo quanto riferisce l’agenzia Ansa riportando la richiesta di archiviazione dell’inchiesta dei Pm Laura Pedio e Roberto Pellicano, senza controllare i bilanci della società. Un‘accusa gravissima. Peccato sia ormai troppo tardi, sostiene la procura, per tornare indietro.
La finestra per il blitz del cavaliere piemontese si è aperta lo scorso novembre, quando è partito il negoziato con Idea Fimit Sgr per l’area di Santa Giulia, a Milano e quando si è manifestato l’interesse del fondo sovrano del Qatar per la medesima area. Un’opzione, quest’ultima, che sarebbe piaciuta a Unicredit e Intesa Sanpaolo, titolari insieme del 60% circa di Risanamento. Tant’è che Oui Spa – holding che, come si legge nella nota diffusa ieri su richiesta Consob, vorrebbe fondere con Risanamento Spa – è stata creata proprio lo scorso novembre. Capitale sociale di un milione di euro, è amministrata dall’immobiliarista assieme alla moglie, Maria Stefania Cosetti. Come presidente del collegio sindacale Zunino ha scelto Luigi Guatri, vicepresidente dell’Università Bocconi e decano di Piazza Affari.
L’operazione prevede che Oui Spa lanci un’Opa al prezzo di 25 centesimi per azione (o al diverso prezzo determinato da Consob) sulla totalità delle azioni di Risanamento detenute dalle banche e da Sistema Holding, la galassia delle società di Zunino ora in liquidazione. Una volta conclusa l’Opa, con il diritto di squeeze out – l’acquisto delle quote che eccederanno il 95% del capitale – Oui-Risanamento procederà al delisting della società e al conferimento alla newco Msg di Santa Giulia, oggetto dell’offerta di Idea Fimit. Valutata 815 milioni, l’area sarà conferita in un fondo gestito da Idea Fimit, che inietterà capitale per 60 milioni ma dovrà ottenere dalle banche nuovi finanziamenti per ristrutturare i 400 euro di crediti esistenti, in primis verso Intesa Sanpaolo e Unicredit. La Msg avrà dunque un attivo composto dall’immobile che ospita attualmente la sede milanese di Sky Italia, escluso dal deal con Idea Fimit, e dall’area di Santa Giulia, mentre al passivo i debiti correnti e quelli derivanti dall’estinzione sia del prestito convertibile che del convertendo di Risanamento. I quali ammontano rispettivamente a 261,7 e 268,6 milioni di euro.
Agli istituti di credito, esposti lungo la filiera per 2 miliardi di euro e sottoscrittori di un convertendo che si trasformerà in azioni nel 2014, la proposta potrebbe virtualmente essere conveniente soltanto al piano superiore della catena di controllo, ovvero a livello delle società in liquidazione. Il Banco popolare, che sarebbe pronto a finanziare Zunino con circa 200 milioni – i rumor raccontano che tra l’amministratore delegato del Banco Saviotti e l’immobiliarista di Nizza Monferrato ci sia un’amicizia tuttora solidissima – al 31 dicembre 2011 (ultimo bilancio disponibile) vantava crediti per 193 milioni verso Tradim, su un debito complessivo di 244 milioni. Più un altro centinaio tra i 122 milioni di debiti della controllante Zunino Investimenti e i 97 milioni dell’altra controllata, Nuova Parva. A 25 cent per azione, il 24,6% di Risanamento in pancia alle tre società vale circa 50 milioni di euro.
Per quanto riguarda le partecipazioni dirette in Risanamento, invece, la proposta potrebbe diventare interessante soltanto a condizione che gli asset francesi – valutati 1,3 miliardi di euro – rimangano nel perimetro. Il portafoglio di immobili parigini non solo «rappresenta circa il 52% del valore di mercato dell’intero patrimonio del Gruppo», come si legge nella nota di bilancio al 31 marzo scorso, ma garantisce un cash flow da locazione pari a 60 milioni l’anno. Un tesoretto a cui non si fa riferimento nello scarno comunicato di ieri. Le incognite sono tante, troppe. Federico Ghizzoni, amministratore delegato di Unicredit, ha tracciato ieri tre scenari possibili sull’offerta: «Vedere e capire se accettarla, accettarla con riserva o considerarla non adeguata».
L’area ex-Montecatini, parte di Milano Santa Giulia (Flickr © Paolo Motta)
Nonostante i tempi d’oro, quando deteneva il 3,7% di Mediobanca e cercava casa per conto dell’allora presidente di Piazzetta Cuccia, Cesare Geronzi, siano finiti da un pezzo, Zunino vuole contare ancora. Con quali soldi non è chiaro, ma è evidente che in questa fase iscrivere a bilancio nuove sofferenze e accantonare capitale a loro copertura è una scelta che gli istituti di credito cercano di evitare quanto più possibile. Eppure, al netto delle amicizie personali, il Banco popolare, contattato più volte da Linkiesta, non ha confermato ufficialmente l’impegno a finanziare il grande ritorno.