Una crescita che ricorda il boom degli anni d’oro: da uno a 250 nello spazio di ventiquattr’ore. Non sono milioni di euro, ma gli iscritti al sindacato di un’azienda che fino a ieri faceva dell’assenza di rappresentanti dei lavoratori un vanto: «stemo tuti ben», si diceva. E invece alla Geox Spa di Montebelluna (TV), a vent’anni dalla fondazione, scoprono la Rsu. Votati da 450 dipendenti su 560, Claudia Pacini, Candy Puglierin, Michele Rampin, Sara Riato e Marco Scarabello – delegati Cisl – con Sergio Chiavaro, Stefania Doimo, Chiara Mazzobel e Gianlorenzo Mocellin per la Cgil si confronteranno stamattina con nientemeno che il paròn, Mario Moretti Polegato. Una prima volta (c’è sempre nella vita) che servirà tanto ad annusarsi a vicenda quanto a capire che ne pensa il capo dei contratti di solidarietà. Proposta che, dicono fonti interne, è «una ricostruzione di stampa», non essendo ancora arrivata sul tavolo della società.
I rumors dei giorni scorsi davano un Moretti Polegato tranquillo ma a denti stretti: chi lo conosce bene sa che quanto sia difficile per lui incassare un «no». Nonostante si renda perfettamente conto che la riorganizzazione dei processi sia fondamentale, così come un numero di dipendenti coerente con i nuovi volumi. Il pubblico di riferimento in Italia, la classe media che poteva spendere un po’ di più, oggi ha il collo stretto dalla garrota della recessione. Una crisi strutturale che arriva curiosamente nel momento in cui il consumatore è più “sgamato” grazie al web. Secondo una ricerca realizzata da Human Highway e Netcomm per conto di eBay pubblicata all’inizio del mese, il 46% dei navigatori italiani, 13,5 milioni di persone, hanno acquistato via internet negli ultimi tre mesi. Il 26,4% dei quali ha comprato un capo d’abbigliamento, primo capitolo di spesa.
Non è un periodo facile per Geox. Tanta, forse troppa carne al fuoco negli ultimi mesi per le scarpe che respiravano ma ora inciampano ed annaspano in una transizione dagli esiti incerti. L’uscita traumatica di Diego Bolzonello, storico partner remunerato con una buonuscita di 10 milioni di euro – «Alla nostra missione ha partecipato questa persona che mi aiutato molto e ho voluto premiarlo. Non mi ritengo un benefattore, ma io ero già ricco, lui lo è diventato ora», ha detto Moretti Polegato lo scorso aprile rispondendo a una domanda nel corso dell’assemblea degli azionisti – poi il forfait del direttore corporate Massimo Stefanello. Al posto di Bolzonello è arrivato l’ex Diesel Giorgio Presca. Due rotture causate, si dice, da divergenze nella vision e nella strategia per il rilancio. I maligni riferiscono poi qualche mal di pancia per l’ingresso del figlio Enrico, a cui è stato affidato il rebranding del marchio Diadora, nella stanza dei bottoni del consiglio d’amministrazione. Niente paura, però: per almeno altri 10 anni (Polegato ha 61 anni) di tirare i remi in barca non se ne parla proprio.
Il primo trimestre ha scioccato gli analisti: utili dimezzati a 18,9 milioni, rispetto ai 41 dello stesso periodo del 2012 e ricavi scesi a 262,5 milioni, -20% su marzo 2012, a fronte di un consensus di 21 milioni di utili e 282 milioni di ricavi. Premesse non ottimali per gli azionisti, che nel 2012 si sono dovuti accontentare di un mini dividendo da 0,06 euro per azione (16 cent nel 2011). Guardando al consolidato 2012, rispetto ai dodici mesi precedenti, il fieno in cascina (posizione finanziaria netta) si è quasi dimezzato da 90,7 a 54 milioni, così come il margine lordo, fermatosi a 47 milioni dagli 82 del 2011. Calo parzialmente influenzato dai maggiori costi amministrativi – in crescita da 234,7 a 251,9 milioni – derivanti dall’apertura di negozi e controllate in Est Europa e Asia. Una mossa per arginare il calo della redditività (Roi), che passa nell’arco di dodici mesi dal 22,4 al 5,54 per cento.
Per invertire il trend Geox punta proprio a vestire i piedi delle signore e dei signori della classe media cinese. L’obiettivo sono 450 aperture nel continente asiatico entro il 2016, affidandosi sia alle proprie subsidiary, le principali aperte l’anno scorso a Shanghai, Hong Kong e Macao, sia a Ri Qing, partner locale per il franchising che in passato ha lavorato per Bulgari, Max Mara e Ferragamo. L’altra terra di conquista è l’Est Europa, soprattutto Polonia e Russia, con altri 100 punti vendita sempre al 2016.
Il secondo obiettivo è cambiare la percezione del marchio, verso un profilo più modaiolo e meno tecnologico. La “rivoluzione del tacco”, l’ha chiamata qualcuno in azienda. Un percorso ripido e decisamente irto di ostacoli: «Non basta alzare il prezzo e cambiare la linea, chi compra Tod’s continuerà a farlo», dice un ex dipendente. Per questo il grimaldello per cambiare i connotati al marchio, che rimarrà Geox e non vedrà, come qualcuno ha ipotizzato nei mesi scorsi, la nascita di un nuovo brand ad hoc, è il consumatore dagli occhi a mandorla. E dallo sguardo vergine.
Twitter: @antoniovanuzzo