«Gli immigrati fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare», si è sempre detto. Ma la crisi ha portato via anche questi. Il tasso di disoccupazione degli stranieri nel nostro Paese tra il 2008 e il 2012 è salito di quasi 2 punti percentuali rispetto agli italiani. Peggio, se si considera l’intero periodo a partire dall’inizio della crisi: il numero di lavoratori immigrati è diminuito di 6,5 punti percentuali contro 1,8 punti degli italiani. A fine 2012, come riporta il terzo rapporto annuale del ministero del Lavoro “Gli immigrati nel mercato del lavoro in Italia”, i disoccupati stranieri sono più 382mila.
Dopo una crescita dell’occupazione straniera che in media per anno, a partire dal 2006 e fino al 2009, era stata di ben 12 punti percentuali, proprio a partire da questo anno il valore di crescita viene quasi dimezzato (circa 7% per anno). Un andamento analogo si registra anche in Francia e nel Regno Unito. La crisi agisce sulla domanda di lavoro straniera, stabilizzandola o riducendola drasticamente.
Il segno più si trova solo nel numero di stranieri che lavorano nelle case degli italiani, come badanti o colf (+73mila). Nel 2012 quasi metà dei lavoratori domestici è un extracomunitario 467.565 su un totale di 982.975 (47,6%). Con riferimento alla cittadinanza, oltre il 60% dei lavoratori domestici sono provenienti da cinque paesi: l’Ucraina (22,9%), le Filippine (14,9%), la Moldavia (11,4%), il Perù (7,4%) e lo Sri Lanka (5,8%).
In tutti gli altri settori, invece, si registrano diminuzioni. La contrazione della domanda riguarda soprattutto la forza lavoro occupata nell’industria, nelle costruzioni e in alcuni comparti dei servizi. Soprattutto al Nord.
Resta stabile, anzi si consolida, il fenomeno della bassa qualificazione. La presenza dei lavoratori stranieri è minima nelle professioni qualificate e massima in quelle non qualificate, dove un occupato su tre è straniero. Negli ultimi anni si è accentuato il processo di concentrazione, soprattutto delle donne immigrate, su poche professioni. Nel 2012 la metà delle straniere è occupata come assistente domiciliare e collaboratrice domestica, mentre nel 2008 per raggiungere il 50% del totale dovevano essere considerate anche le commesse, le operaie e le addette ai servizi di pulizia. Il fenomeno è rilevate anche tra gli uomini, concentrati solo su alcune professioni, tra cui muratori, camionisti, braccianti, facchini e ambulanti.
Questa situazione si ripercuote sugli stipendi. La retribuzione netta mensile, per gli stranieri, è, in media, più bassa: nel 2012, si attesta a 968 euro contro i 1.304 euro dei lavoratori italiani (-336 euro).
Crescono invece le imprese individuali guidate da immigrati non comunitari. Studiando la variazione tra2011 e 2012, si delinea un aumento di circa sei punti percentuali (circa +16mila imprese nel 2012). La crescita maggiore nel Lazio (+13,4%) e in Campania (+10,8%). Si tratta soprattutto di imprese dedite al commercio all’ingrosso o al dettaglio.