In gergo si chiama gioco win-win: vincono tutti. Meno prosaicamente si potrebbe definire inciucio. Eppure a guardare bene un perdente c’è: il solito bistrattato piccolo azionista. La questione riguarda il prezzo a cui Fondiaria Sai e Allianz, azionisti sindacati di Pirelli, hanno venduto alla famiglia Malacalza le loro quote nell’ambito del riassetto della catena di controllo del gruppo degli pneumatici.
Due giorni fa, come ha riportato l’agenzia Radiocor, Consob ha chiesto chiarimenti su questo aspetto, oltre che sulle valutazioni dei pacchetti azionari di Camfin trasferiti alla newco Lauro Sessantuno, partecipata da Tronchetti Provera, Clessidra, Unicredit e Intesa Sanpaolo, e infine sulle quote di Massimo Moratti, che ha stretto un accordo con la MTP Spa (in testa alla catena di controllo di Camfin) invece di conferirle in adesione all’Opa. Dettagli che, ai sensi del Tuf, saranno esaminati nei prossimi quindici giorni, ritardando dunque a fine mese la conclusione dell’istruttoria che precede la pubblicazione del prospetto informativo relativo all’Opa, originariamente previsto per il 10 luglio.
Uno dei punti controversi sul quale il regolatore vuole vederci chiaro è dunque il prezzo al quale le azioni Pirelli di Allianz (4,4%) e FonSai (2,6%) sono passate nelle mani dei Malacalza. Acquisto forse finanziato con i proventi della loro uscita dal 25,6% di Camfin, valorizzato 80 centesimi per azione. Cifra, quest’ultima, al quale sarà lanciata l’Opa e che implica uno sconto del 12% sul Nav (net asset value), cioè sulle azioni Pirelli in pancia alla holding. I sospetti non mancano: l’acquisto del 7% di Pirelli sembra sia avvenuto a 7,8 euro per azione, con uno sconto di un euro rispetto agli 8,8 euro in cui quotavano le Pirelli nei giorni precedenti alla chiusura della tratttativa. Un prezzo giusto? Dipende. I patti parasociali di Pirelli, modificati a inizio gennaio, recitano: «La cessione a terzi delle azioni (e dei diritti di opzione in caso di aumenti di capitale) è vietata; è consentita liberamente o con prelazione, alle società controllate ai sensi dell’art. 2359, primo comma, punto 1 c.c. e alle controllanti nonchè agli altri partecipanti al sindacato». Ergo, se i Malacalza, pattista via Camfin, voleva comprare, Allianz e FonSai dovevano vendere in primis a loro. Tanto per la compagnia tedesca si tratta soltanto di un asset insignificante in un calderone di attivi da centinaia di miliardi, mentre per l’ex società dei Ligresti è prezioso capitale da conteggiare ai fini di Solvency, i parametri regolamentari di solidità per le assicurazioni. Poco importa del premio che il mercato avrebbe riconosciuto ai due pacchetti, l’obiettivo era incassare subito.
La vecchia catena di controllo di Pirelli
Un meccanismo perfetto: Tronchetti si libera degli scomodi Malacalza con l’aiuto delle banche – tenute per il collo in quanto fortemente esposte verso i fondi immobiliari della controllata Prelios (ex Pirelli Real Estate) – non solo facendogli risparmiare il 13% sul prezzo di mercato, ma di fatto valorizzando implicitamente la loro quota in Camfin ben più degli 80 centesimi a cui hanno venduto. Ovvero 97 cent. Numero a cui si arriva sommando agli 80 cent i 17 cent per azione ottenuti calcolando lo sconto di 33 milioni sul prezzo di mercato delle quote di Allianz e FonSai e dividendola per le 200,7 milioni di azioni Camfin cedute a 80 cent. Niente male davvero, considerando che il prezzo di conferimento del pacchetto Camfin alla Newco Lauro Sessantuno è di 72 centesimi per azione, pari a uno sconto del 37% rispetto al prezzo medio degli ultimi 12 mesi.
Ricapitolando: la “tronchettiana” Nuove Partecipazioni – a cui farà capo, una volta chiusa l’Opa, il 37,7% di Lauro Sessantuno, newco che vede inoltre Clessidra al 24,6%, Intesa e Unicredit entrambe al 18,9% – paga 80 cent per azione per acquisire il 25,6% di Camfin dai Malacalza (diretto e attraverso Gpi Spa) con uno sconto del 20% sulla holding ovvero una valtuazione delle azioni Pirelli a 7,8 euro. Di converso, Tronchetti Provera, Carlo Acutis e Massimo Moratti conferiscono le loro azioni di Camfin in Nuove Partecipazioni a un prezzo di 72 centesimi, che equivale a uno sconto del 28% ed è pari a valutazione delle azioni Pirelli di 7,3 euro. «È un po’ come dire: ti vendo il mio appartamento a Santa Margherita Ligure sottocosto, se tu mi vendi con il medesimo sconto il tuo di Rapallo. Entrambi risparmiamo sul rogito» è la ficcante metafora di un navigato operatore di Borsa. Peccato che le vittime dell’inciucio siano, tanto per cambiare, i piccoli azionisti e il premio potenziale se fossero state messe sul mercato. FonSai, ad esempio, non ha ancora risposto alle richieste di chiarimenti avanzate da un azionista di minoranza.
Rispondendo a un’analisi di Salvatore Bragantini (uno dei circa 80 soci de Linkiesta, ndr) sul Corriere della Sera all’indomani dell’operazione, Giorgio Luca Bruno, amministratore della MTP Spa, scatola fino a ieri in testa alla catena di controllo, osservava: «Che i Malacalza abbiano reimpiegato i proventi della cessione Camfin e Gpi per acquistare azioni Pirelli da Allianz e Fonsai è decisione solo loro […] Ancora più incredibile è il sospetto che con i Malacalza si siano presi accordi occulti per garantire anche a loro la valorizzazione su Pirelli cui, a termine, puntano – insieme a Tronchetti – Clessidra, Intesa e Unicredit. Una lettura della vicenda che evidentemente non tiene conto di quasi un anno di aspre contese sia negli organi delle società sia in Tribunali ordinari e arbitrali, cosa che rende del tutto inverosimile che le parti abbiano voluto continuare la relazione proprio in sede di separazione definitiva». È proprio ciò che dovranno verificare gli ispettori Consob, finora rimasti in disparte.
Intanto, in un report intitolato “Destinazione incerta”, Barclays scrive che: «La decisione di posporre il piano industriale 2013-2017 alla fine dell’anno genera dubbi sugli obiettivi per il 2014 ed evidenzia la scarsa visibilità della società. Ciò lascia gli invstitori con un elevato grado d’incertezza sull’investimento».
Twitter: @antoniovanuzzo