Sembrava un’iniziativa senza troppe prospettive. Una raccolta firme come tante, al massimo una curiosità estiva. E invece la battaglia di alcuni sindaci per la riapertura delle case di tolleranza sta diventando una cosa seria. Solo nelle ultime settimane sono state raccolte 100mila sottoscrizioni. Stando agli organizzatori del referendum abrogativo della legge Merlin, adesso l’obiettivo è a portata di mano. Una rivoluzione per i nove milioni di italiani che frequentano – più o meno saltuariamente – le tante prostitute che esercitano nel nostro Paese. Ma anche per le casse comunali. Tanto per rimanere all’attualità, la sola regolamentazione – con relativa tassazione – del mestiere più antico del mondo potrebbe coprire tranquillamente la cancellazione dell’Imu sulla prima casa. E non solo quella…
A organizzare la complessa macchina referendaria è Giovanni Azzolini sindaco leghista di Mogliano Veneto. Lo scorso luglio ha depositato la richiesta di referendum presso la Corte di Cassazione (pubblicata sulla gazzetta ufficiale n.168). «Il nostro obiettivo – spiega – è l’abolizione parziale della legge Merlin. È importante lasciare in vigore i reati legati allo sfruttamento della prostituzione». Se gli italiani voteranno a favore, a scomparire saranno solo le disposizioni che vietano l’apertura delle case di tolleranza e la presenza di appositi elenchi per chi esercita la professione. «Albi necessari tanto per i controlli sanitari, quanto per l’apertura delle partite Iva».
Tutto, fuorché un’improvvisazione. Per il sindaco di Mogliano – 30mila abitanti in provincia di Treviso – è l’ennesima battaglia di una guerra vecchia di anni. «Ero esasperato. Per debellare il fenomeno ho provato a fare di tutto». Multe, ordinanze, ronde della polizia urbana. Nel 2006 Azzolini conquista la ribalta nazionale disseminando la città di particolarissimi cartelli stradali. Segnali di pericolo, con la scritta “attenzione prostituzione”. Al centro una figura stilizzata: borsetta, minigonna e grandi forme. Tutto senza risultati.
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Adesso ci prova con il referendum abrogativo. E con lui diverse decine di sindaci che hanno raccolto la sfida. «Perché questa è un’iniziativa partita dal basso, dalle istituzioni locali – ci tiene a specificare – Trasversale, senza alcun colore politico». Le adesioni sono arrivate numerose. Si sono schierati a favore delle case chiuse una ventina di comuni in Veneto. «Ma anche tante realtà in Abruzzo e Toscana. Oppure città come Perugia e Camerino. E in Sicilia so che stanno raccogliendo firme anche dei gruppi legati al mondo dei grillini».
Tra i più attivi c’è sicuramente Attilio Di Mattia, il sindaco del comune pescarese di Montesilvano. Qui la raccolta firme è cominciata solo da una settimana, ma sono già state registrate un migliaio di sottoscrizioni. Una percentuale altissima, considerato che i residenti sono 50mila. «È evidente che il tema sia molto sentito – racconta Di Mattia – Ogni volta che facciamo un banchetto raccogliamo una media di 50 firme all’ora. Quando vado all’ufficio elettorale del comune, dove si distribuiscono i moduli, c’è sempre la fila».
Curiosità. I sindaci in prima linea governano quasi sempre realtà medio-piccole. «Il motivo è chiaro, sono quelli che hanno ancora un legame con i loro elettori» spiega Azzolini. «Ma sono anche quei sindaci – racconta Di Mattia – che devono combattere più da vicino con il problema. Dopo gli ultimi tagli, nei nostri centri la presenza delle forze dell’ordine è sempre più limitata». Più fredde le amministrazioni delle grandi città (ma chi è interessato può firmare in qualsiasi comune, anche non di residenza). «A luglio ho inviato una mail con i dettagli dell’iniziativa a tutte le amministrazioni comunali d’Italia – ride Azzolini – Gli uffici di alcune metropoli non l’hanno ancora aperta. A Genova ho inviato i moduli per la raccolta delle firme in pdf. Mi hanno detto che per colpa della spending review non possono neppure usare la fotocopiatrice e stamparli». Ma gli organizzatori non demordono. «Alla fine i moduli glieli ho inviati per posta».
Tanta gente sembra apprezzare il progetto. Finora sono state raccolte 100mila firme («La maggior parte sono donne, ci crede?»). Ne servono 500mila per la fine di settembre. Stando alle cifre sembra un risultato impossibile da raggiungere. «Ma non è così – continua Azzolini – Gran parte delle firme sono state raccolte nell’ultima settimana, al termine delle ferie». Il tema è sentito. «Se la raccolta firme fosse stata online avremmo già raggiunto le sottoscrizioni necessarie» racconta ancora il sindaco di Mogliano. La burocrazia non è l’unica difficoltà. L’assenza di una sponsorizzazione politica si paga in termini di visibilità. «Nessuno vuole appoggiare il referendum» spiega Di Mattia. E forse non è un caso se in Parlamento decine di proposte di legge attendono da tempo di essere esaminate.
Eppure gli organizzatori del referendum raccontano di aver trovato grande entusiasmo da parte dei singoli consiglieri comunali, provinciali e regionali. «Al contrario dei partiti, loro stanno aderendo». Molti sono della Lega, tanti di centrodestra. Lo stesso presidente della Regione Veneto Luca Zaia ha recentemente affermato che la riapertura delle case chiuse sarebbe «un segno di civiltà». Ma tra i favorevoli al referendum si trova di tutto. Il sindaco di Montesilvano Attilio Di Mattia, ad esempio, ha la tessera del partito radicale e del Partito democratico. «In Puglia si sono mossi alcuni esponenti vicini a Nichi Vendola» dice Azzolini. Nella sua opera di sensibilizzazione, il sindaco di Mogliano avrebbe incontrato anche il favore di un vescovo. Rigorosamente anonimo. «Mi ha detto che su questo tema non può entrare, la prostituzione è contraria alla morale cattolica. Ma di fronte a una regolamentazione in grado di risolvere l’attuale situazione, da parte della Chiesa ci potrebbe essere una sorta di silenzio-assenso».
Meno criminalità organizzata, meno vittime. Più tutela della salute e del decoro urbano. E perché no, anche più soldi per le casse comunali. In tempi di abolizione dell’Imu e di nuova service Tax non è uno scherzo. «L’Imu sulla prima casa vale circa 4 miliardi di euro? – calcola Azzolini – Bene, è una spesa che potrebbe essere serenamente coperta dalla tassazione sulle prestazioni sessuali». I conti sono presto fatti. Secondo i dati ufficiali sulle nostre strade ci sono almeno 80mila prostitute. Più quelle che esercitano in appartamenti e centri massaggi. «Basta moltiplicare queste realtà per il numero delle prestazioni e si arriva a una decina di miliardi di euro». Ne è convinto anche Maurizio Marchetti, sindaco toscano di Altopascio. Esponente del Popolo della libertà, è il coordinatore della raccolta firme in Toscana. Anche per lui l’aspetto economico – pur non essendo il nodo principale della questione – è tutt’altro che irrilevante. «Parliamo di un giro d’affari che alla fine dell’anno vale quanto una piccola finanziaria. Invece si discute di service tax, si pensa ad aumentare le imposte su tabacchi e carburante, la tassa sui rifiuti. E davanti agli occhi abbiamo un’attività enorme completamente in nero…».
Rotolone di carta in un bordello di Berlino (John MacDougall/Afp)