Un istituto nazionale di contrasto alla povertà per aiutare le famiglie in difficoltà. Il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ci sta pensando. Per combattere gli effetti della crisi, a breve nel sistema di protezione sociale italiano potrebbe essere introdotta un’importante novità. Il SIA, Sostegno per l’Inclusione Attiva, una misura nazionale in grado di contrastare l’esclusione sociale e le difficoltà economiche delle fasce più deboli della popolazione. Ieri il titolare del Welfare Enrico Giovannini ha illustrato il progetto in Senato, presentando uno studio appositamente redatto da un gruppo di lavoro costituto nelle scorse settimane al ministero.
Il Sostegno per l’Inclusione Attiva si pone l’obiettivo di garantire alle famiglie più in difficoltà «l’acquisto di un paniere di beni e servizi ritenuto decoroso sulla base degli stili di vita prevalenti». Prestazioni monetarie differenti, in base al reale bisogno delle famiglie. Del resto, spiega il ministro, «non si tratta di un reddito di cittadinanza rivolto indistintamente a tutti». Piuttosto, come si chiarisce nel documento, un sostegno rivolto ai poveri, identificati come tali da una prova dei mezzi «effettuata secondo criteri articolati e omogenei a livello nazionale».
Nel nostro Paese oltre cinque milioni di persone vivono in una condizione di povertà assoluta. Per aiutarle il ministero propone un sostegno economico, ma chiede in cambio un impegno sul piano sociale. Negli obiettivi del gruppo di lavoro, il SIA diventa un patto di reciproca responsabilità tra beneficiario e amministrazione pubblica. I cittadini che entrano nel programma si devono impegnare «a perseguire concreti obiettivi di inclusione sociale e lavorativa». Si legge nello studio
«nel caso degli adulti oltre a incentivare esperienze formative e di riqualificazione professionale e la partecipazione al mercato del lavoro, va valorizzato l’impegno in attività di cura verso i minori e/o familiari non autosufficienti».
Il percorso non può prescindere, ovviamente, da un’adeguata offerta di servizi pubblici. L’ambizioso obiettivo è quello di non limitare l’intervento a un mero sussidio economico, piuttosto di costruire le basi per rendere economicamente indipendenti le famiglie più in difficoltà.
Nasce così il SIA. Una misura nazionale e universale, «perché non condiziona l’intervento al sussistere di una qualche caratteristica individuale o familiare, salvo l’insufficienza di risorse economiche». Indirizzata a chi vive stabilmente nel nostro Paese, compresi gli immigrati «legalmente residenti». Un sistema di sostegno chiesto dall’Europa, visto che nel 2008 la Commissione Europea aveva già raccomandato che tutti i paesi adottassero una strategia di inclusione attiva. Ma soprattutto, una novità assoluta in Italia, l’unica grande realtà continentale assieme alla Grecia a non prevedere alcun intervento di questo tipo.
Il gruppo di lavoro guidato dal viceministro Maria Cecilia Guerra individua l’Inps come il soggetto più adatto a erogare le prestazioni monetarie previste dal SIA. E ipotizza una articolata serie di attività di monitoraggio e valutazione del sistema, necessarie «per il successo di una misura così impegnativa». Lo studio del ministero immagina anche i costi del progetto una volta a regime (ma è bene chiarire che nelle intenzioni del ministro Giovannini l’introduzione del Sia sarà molto graduale). Si tratta di 7-8 miliardi di euro. Forse qualcosa di meno, in previsione di una ripresa della crescita economica che nel prossimo periodo potrà ridurre sensibilmente i livelli di povertà raggiunti in questi anni. Un impegno importante, che permetterà di sostenere concretamente non meno del 6 per cento delle famiglie italiane.
A titolo personale, il gruppo di lavoro avanza anche alcune ipotesi di finanziamento del programma. I fondi necessari per il Sistema di Inclusione Attivo potrebbero derivare da una riforma delle attuali erogazioni a contrasto della povertà, ma anche dall’area della protezione sociale. Ad esempio con il riordino delle «pensioni di guerra indirette», oppure introducendo «contributi di solidarietà da parte di percettori di pensioni elevate», o ancora attraverso il «riordino delle agevolazioni fiscali». Senza considerare che l’introduzione del SIA potrebbe liberare alcune risorse già impegnate dai Comuni per il contrasto alla povertà (attualmente valutabili in circa 800 milioni di euro).
«La proposta del SIA» ha chiarito il ministro Giovannini lasciando il Senato «non è immediatamente operativa». Bisogna ancora lavorare al progetto, studiare i dettagli. «Ma abbiamo intenzione di aprire un dibattito pubblico e parlamentare. Abbiamo ancora qualche settimana per valutare se e come inserire il progetto nella prossima legge di Stabilità».