Ancora pochi mesi fa la sigaretta elettronica sembrava una moda inarrestabile. Poi le tasse (della stessa entità di quelle sulle “bionde” tradizionali) e il diffondersi di dubbi rispetto alla salubrità dell’assunzione di questi prodotti hanno frenato il fenomeno. Se in origine la sigaretta elettronica veniva infatti presentata come un’alternativa meno dannosa alla sigaretta classica, con l’andare del tempo sono emersi sempre più dubbi su rischi e benefici di questa novità. Di qui il declino. Secondo l’Associazione nazionale fumo elettronico (Anafe), a maggio-giugno hanno chiuso 123 punti vendita (su quasi 3 mila) e sono diminuite del 99 percento le richieste di nuove aperture. E il bilancio è ancora parziale.
Ma un mercato oramai si è creato. In Italia ad esempio sono 1,5 milioni i consumatori di sigarette elettroniche, il 15% del totale dei fumatori. Dopo un primo periodo in cui le industrie del tabacco sembravano tagliate fuori da questo nuovo settore, ora è arrivata la loro risposta. Nel dicembre 2012 la British American Tobacco, terzo gruppo mondiale, ha acquistato CN Creative, una start-up con base nel Regno Unito, specializzata nello sviluppo di sigarette elettroniche. E la Japan Tobacco International (JTI) tenta un approccio leggermente diverso.
Un vaporizzatore di capsule di tabacco. Questa è la principale differenza rispetto alla sigaretta elettronica, la presenza di tabacco al posto della miscela chimica, mentre in entrambi gli strumenti non avviene alcuna combustione. Il tabacco viene riscaldato fino a che le componenti aromatiche contenute nelle capsule non si vaporizzano. Semplificando, la nicotina c’è, la Co2 no. Funzionando col tabacco il quadro normativo che regolamenterà il prodotto è quello consueto, mentre per le sigarette elettroniche ancora mancano le certezze, specie da un punto di vista dell’uniformità delle varie legislazioni nazionali.
L’Italia è il secondo Paese europeo in cui avviene il lancio del prodotto della JTI, dopo un test precedente in Austria. Il vaporizzatore come qualsiasi prodotto del tabacco è sottoposto al regime fiscale relativo, cioè si pagheranno Iva e accise, e non potrà essere consumato nei luoghi pubblici.
«Da un punto di vista dei rischi per la salute», stando all’opinione di PierCarlo Alessiani, Presidente e Amministratore delegato di JTI Italia, «ci sono quelli legati al tabacco in generale, non quelli derivanti dal processo di combustione». «Il progetto arriva da due giovani studenti di Standford, San Francisco, che hanno ideato questo vaporizzatore». Ma l’idea di vaporizzatore non è esattamente nuova. «Se vogliamo riprende il concetto del narghilé», conclude l’Ad di JTI Italia.
Più che il narghilé – dove una combustione comunque avviene, anche se il fumo viene filtrato dall’acqua – sembra ricordare strumenti usati specialmente negli Stati Uniti per consumare marijuana. Se l’evoluzione a capsule non consente di consumare altri prodotti vegetali, versioni diverse del device sì. Su youtube esistono addirittura dei video che illustrano la procedura da seguire. Non è forse un caso quindi che questi progetti di vaporizzatore nascano in California, dove il consumo di marijuana per fini terapeutici è legale.
Twitter: @TommasoCanetta