“Non usare gli ogm non fa bene, anzi”

Continua in Italia la querelle sugli ogm

Gli organismi geneticamente modificati (ogm) sono una novità vecchia di 10mila anni. Da quando, cioè, l’uomo è diventato agricoltore e ha cominciato a modificare il patrimonio genetico di piante e animali. Le nuove tecnologie, nate successivamente alla scoperta della struttura del Dna 50 anni fa, consentono interventi più incisivi, in tempi ristretti e dagli esiti maggiormente prevedibili. Tuttavia un alone di timori e preoccupazioni accompagna il tema degli ogm di “nuova generazione” ogni volta che se ne parla, l’opinione pubblica in Italia è ancora fortemente contraria e i governi tendono ad assecondare questa vulgata. L’esecutivo guidato da Enrico Letta non fa eccezione.

Lo scorso 12 luglio il governo ha varato un decreto legge, controfirmato dai ministri della Salute (Beatrice Lorenzin), dell’Agricoltura (Nunzia De Girolamo) e dell’Ambiente (Andrea Orlando), che vieta la coltivazione di una variante di mais geneticamente modificato, il Mon810 della Monsanto, per i successivi 18 mesi a meno che prima non intervengano misure comunitarie. Questo decreto si era reso necessario per impedire che le varianti transgeniche autorizzate dall’Unione europea fossero utilizzate in piena libertà anche in Italia, come stabilito l’8 maggio 2013 dalla Corte di giustizia della Ue.

In quella data i giudici europei avevano ribaltato la decisione del tribunale di Pordenone che condannava Giorgio Fidenato, un agricoltore che aveva coltivato i suoi campi in Friuli col mais Mon810, in quanto privo di autorizzazione nazionale. La Corte di giustizia della Ue ha invece ritenuto che tale autorizzazione non fosse necessaria, essendo lecito a livello europeo l’impiego del cereale ogm. Per evitare che altri seguissero il suo esempio il governo italiano ha bloccato tutto con un decreto in odore di essere contrario alla normativa europea, anche se non ha ordinato la “bonifica” dei campi, come invece alcuni chiedevano. Il Corpo Forestale è tuttavia andato a fare dei sopralluoghi.

Le analisi della Forestale rivelano che in una zona adiacente a quella seminata con semente transgenica la “contaminazione” raggiunge un picco massimo del 10% e questo dato è bastato per presentare scenari apocalittici e per riaccendere lo scontro tra favorevoli e contrari agli ogm. «Stiamo andando incontro a un vero disastro ambientale per la mancata assunzione di responsabilità nei confronti di una provocazione che, secondo il Corpo Forestale dello Stato, ha causato la contaminazione del 10% dei campi limitrofi a quelli coltivati Ogm in Friuli», ha affermato la Coldiretti, là dove la “provocazione” sarebbe ovviamente la decisione di Fidenato di impiegare il mais transgenico. Posizione diametralmente opposta per Assobiotec, che già ai tempi dell’emanazione del provvedimento governativo parlava di «presa di posizione ideologica che viola le norme Ue» e che non fa gli interessi dell’agricoltura.

Da un punto di vista della forma il decreto del governo appare sicuramente censurabile. Reiterando una disciplina già bocciata dalla Corte di giustizia il decreto si pone in contrasto con la disciplina europea in modo palese, tanto che il ministro De Girolamo, dovendo spiegare il provvedimento preso, ammise: «L’Europa lo potrebbe impugnare, è vero, e ci esponiamo a una violazione delle regole comunitarie. Però nei confronti della Francia, che ha bloccato le coltivazioni ogm con un provvedimento simile, Bruxelles non ha ancora avviato la procedura di infrazione».

La speranza sembrerebbe quella di evitare la procedura di infrazione, perché tanto siamo in buona compagnia nel violare il diritto comunitario. Peccato che in Francia le cose nel frattempo siano cambiate. Lo scorso agosto il Consiglio di stato francese ha annullato il divieto – adottato nel marzo 2012, invocando la clausola di salvaguardia – di coltivazione del mais transgenico. I giudici di Parigi hanno ritenuto che non ci fossero elementi di rischio evidente per la salute umana, animale ed ambientale che potessero giustificare l’applicazione della norma di salvaguardia da parte della Francia. La conclusione si basa sui pareri espressi dal Comitato scientifico dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), dall’Alto Consiglio per le Biotecnologie, e su uno studio pubblicato nel febbraio 2012 da ricercatori dell’Istituto federale svizzero di Tecnologia di Zurigo.

Al di là della forma, l’atteggiamento dei governi italiani in materia di ogm è censurabile anche sotto il profilo dei contenuti, almeno secondo la comunità scientifica. «Spesso si trascura che quasi tutte le piante coltivate non sono più naturali da moltissimo tempo», spiega Piero Morandini, ricercatore di fisiologia vegetale ed esperto di biotecnologie agrarie. «I cereali che coltiviamo ad esempio non disperdono i semi quando sono maturi, non sopravvivono in un ambiente selvatico quando abbandonati a se stessi. Li abbiamo selezionati noi esseri umani nel corso del tempo perché fossero così. Altrimenti invece di raccogliere le spighe dovremmo prendere i chicchi da terra uno per uno. La questione ogm viene spesso posta in modo pretestuoso, la stessa espressione “ogm” è fuorviante. È dal neolitico che, selezionando mutazioni a noi favorevoli, di fatto modifichiamo i geni delle piante».

Partiamo dal caso concreto. Sono fondate le paure di un “contagio” nei campi in Friuli dove è stato piantato il mais Mon810? Potrebbe insomma, essendo più resistente degli altri tipi di mais, espandersi in modo non controllato?
Assolutamente no. La contaminazione è stata, nei due campi esaminati, principalmente all’interno dello stesso campo e in parte di quelli limitrofi, ma solo sui bordi confinanti. Si trattava infatti di due campi, ciascuno dei quali diviso in due parti, una destinata al cereale transgenico, l’altra a quello tradizionale. A 10 metri di distanza dalle piante transgeniche, la forestale ha rilevato una contaminazione bassa, circa del 2-4%, e solo in un caso del 10%. Basta allontanarsi di 20 metri dalle file di mais transgenico e la commistione crolla a valori ancora più bassi (alcuni intorno a 1-2%) se non a zero (tecnicamente “sotto il limite di rilevabilità”). Questi dati oltretutto sono perfettamente in linea con quanto si sa sul mais e sulla diffusione del suo polline. Un campo limitrofo con una contaminazione su un bordo del 5% e zero in tutto il resto può essere tranquillamente raccolto e venduto senza timori perché la contaminazione è molto sotto del limite di legge dello 0,9 per cento. Ricordiamo che il mais Mon810 può ancora continuare a essere importato e consumato in Italia!

Le paure nei confronti degli ogm sembrano poggiare talvolta sul principio per cui ad ogni azione corrisponde una reazione. Se introduciamo organismi geneticamente modificati per essere più resistenti non rischiamo di compromettere l’equilibrio dell’ecosistema?
Ovvio che delle conseguenze ci sono ma è da sempre che l’uomo contrasta il selvatico. Ad esempio, come sarebbe la Toscana oggi senza l’agricoltura? E l’agricoltura è per sua natura un’attività che compromette gravemente la biodiversità: in un campo selvatico dove esistono centinaia di specie si fa in modo che ne cresca solo una, la coltura: grano, riso o altro. Solo un pesantissimo intervento sulla natura rende possibile che in Italia vivano 60 milioni.

Ma nell’ambito delle conseguenze che sono ad oggi prevedibili, esistono motivi di preoccupazione?
No, anzi. Allo stato attuale è prevedibile che è dannoso non usare gli ogm, anche se il beneficio o il rischio va giudicato caso per caso. Ad esempio nel caso del mais Mon810, questo consente una riduzione dell’uso degli insetticidi e del danno da insetti, e quindi comporta una minore infestazione di funghi (alcuni dei quali producono tossine dannose per l’uomo e gli animali) sulle pannocchie ferite dagli insetti. In questo caso i benefici sono un cibo più sano e in maggiori quantità. Invito tutti ad andare a vedere come si presentano le pannocchie di mais convenzionale nei campi poco prima della raccolta.

L’Italia ha uno straordinario patrimonio di ricchezza alimentare e di specialità della terra. Non c’è il rischio che utilizzando gli ogm si mettano a rischio i nostri prodotti di qualità?
Non ne vedo il motivo. Noi importiamo ogni anno quattro milioni di tonnellate di soia transgenica, principalmente da Brasile e Argentina, e la utilizziamo come mangime per il bestiame. Non mi sembra che ad ora la qualità del Parmigiano Reggiano o del nostro prosciutto crudo ne abbiano risentito. Se invece di importare questa soia la coltivassimo, non riesco ad immaginare (e non c’è traccia nella letteratura scientifica) come questo possa essere dannoso per i nostri prodotti tipici. Inoltre ci stiamo avvicinando all’Expo sul tema “sfamare il mondo”: sarebbe insensato propagandare il rifiuto di una tecnologia che non ha pericoli intrinseci e di cui comunque usiamo i prodotti in modo massiccio.

Ma allora come mai gli ogm incontrano questa opposizione così dura?
C
i sono una molteplicità di ragioni. Un po’ è colpa della comunità scientifica che non è stata in grado di spiegare bene la questione. L’opera di divulgazione è stata carente.

La comunità scientifica è compatta nella sua valutazione positiva sugli ogm?
Ci sono pochi casi isolati contrari, ma la grande maggioranza è favorevole. Ad esempio la società di Genetica Agraria presenta un paio di individui contrari (spesso per motivazioni che hanno poco di scientifico) su un totale di oltre 300 addetti ai lavori. Ma, al di là delle responsabilità della comunità scientifica, contro gli ogm militano diversi interessi contrari. Chi produce alcuni pesticidi, ad esempio, verrebbe danneggiato dalla loro diffusione. C’è anche chi specula sulla questione per ottenere visibilità politica. Il risultato è che troppo spesso la gente forma la propria opinione senza conoscere i termini scientifici della questione. Secondo i sondaggi di Eurobarometro, oltre un terzo della gente è convinta che i pomodori normali non contengano geni, mentre quelli transgenici sì. Con queste premesse…