E adesso dovrà diventare il ventiduesimo ministro del governo Letta, ministro dell’azione. Forte della sua investitura, caricato di attese salvifiche totali, per Matteo Renzi adesso arriva il difficile. Schiacciato tra il governo del condizionale di Enrico Letta e l’opposizione furibonda di Beppe Grillo e Silvio Berlusconi, il nuovo segretario del Pd dovrà tenere assieme il suo partito, costringere il governo a un colpo di coda e compiere il miracolo che s’aspettano gli italiani: rifuggire da pericolose avventure e garantire un governo che tuttavia governi, capace di avviare le riforme di sistema (compresa la legge elettorale) e che sappia rispondere alla crisi che sta erodendo la ricchezza delle famiglie.
Ce la farà Renzi? Il giovane segretario ha finora dimostrato una straordinaria capacità comunicativa, ed è un formidabile campione da campagna elettorale, ma non ha una vera squadra attorno a sé e dovrà, in poco tempo, tirare fuori delle ricette che richiedono competenza, diplomazia e fantasia. Un lavoro, e una responsabilità, da far tremare le vene ai polsi. Il tempo è poco, e Renzi non è soltanto un giovane segretario neo eletto, ma l’uomo che non fa mistero di ambire alla Presidenza del Consiglio, il ragazzino che si offre come unica speranza potabile nell’orizzonte di macerie e populismi che compongono l’offerta politica in Italia.
Grillo, con Berlusconi, rimescola a mani nude nei sentimenti di viscera degli italiani esausti dalla crisi economica ed esasperati da un sistema politico colpevole di autoreferenzialità e scarsa intelligenza autoconservativa. Entrambi i populisti d’Italia agitano una campagna contro il presidente della Repubblica e contro il governo, Grillo cavalca la sentenza con la quale la Corte costituzionale ha bocciato il porcellum per aggredire l’intero sistema democratico con toni eversivi: brandisce la sentenza della Consulta come un bastone da spezzare sulla testa di un Parlamento e un capo dello Stato definiti illegittimi. La facile potenza di questo linguaggio, la sua semplicità istintuale, che si accompagnano all’idiozia euroscettica, sono il principale avversario della manovra renziana.
Il segretario rischia di dissipare la sua freschezza in una battaglia contro i populismi ma a difesa di un governo, quello delle larghe intese, la cui funzione principale è il galleggiamento. Per questo oggi è previsto che Renzi arrivi a Roma per incontrare Enrico Letta: il segretario, che coltiva grandi ambizioni personali, non può rischiare di morire per difendere un governo non suo. Ma nemmeno può permettersi di scaricare Letta e l’esecutivo che ha come primo azionista il Partito democratico.
Allora che fare? È inevitabile adesso per Renzi un gioco spregiudicato e agile. Il segretario tenterà un accordo di legislatura con Letta, insisterà per rilanciare il governo, modificarne in profondità la natura e l’immagine. Ma l’operazione ha margini ristrettissimi e deve, necessariamente, funzionare nell’arco di pochi mesi. Dunque il sindaco di Firenze proverà a intestarsi il governo e a respingere l’opposizione populista, magari avvolgendo l’ala meno ottusamente sfascista: Silvio Berlusconi. La nuova legge elettorale e le riforme di sistema possono essere una pietanza gradita al Cavaliere, e Renzi lo sa. Separati Grillo e Berlusconi, rilanciato il governo, Renzi potrà serenamente arrivare al 2015 e alle elezioni che lo vedrebbero candidato premier.
Ma l’operazione, delicata e ambiziosa, potrebbe, è probabile, non funzionare. E allora il giovane segretario si ritroverebbe compresso tra il governo inutile e l’opposizione scatenata. Uno scenario terribile, non soltanto per le sue ambizioni personali ma forse per l’intero Paese. Le elezioni sarebbero inevitabili, e per raggiungerle Renzi potrebbe anche essere costretto a provocare una scissione dentro il Pd, partito nel quale non pochi resisterebbero all’idea di far naufragare il progetto di Giorgio Napolitano ed Enrico Letta. Si tratta di un orizzonte così infausto che nemmeno un uomo ambizioso e sicuro dei propri mezzi come Renzi può augurarsi.