Quando un’amica le confessa di essere innamorata di un ragazzo che entrambe conoscono, lei prima seduce quel ragazzo, poi convince l’amica di aver fatto colpo su di lui e aspetta che, con ritrovata sicurezza, ci provi. Solo per poi gustare in solitudine il piacere di vederla respinta e di aver ristabilito su di lei la propria superiorità. Se è giovane e ha una casa in condivisione con altra gente, è quasi certo che la sera, dopo cena, lasci il lavandino pieno di piatti, tutte le pentole sporche e la tavola in subbuglio. Nonostante sappia che il coinquilino torni a breve stanco e affamato dal lavoro, e che il fatto di non trovare nulla di pulito con cui cucinare lo mandi su tutte le furie. Poi una sera invita un amico a cena, e lei recita la parte della perfetta donna di casa, dicendo di esser l’unica a fare i piatti, di solito. «Loro invece mi lasciano sempre tutto in disordine». Se ha capito che sei timida – e certamente lo ha captato con una lunga occhiata inquisitoria appena ti ha conosciuta – ti mette in imbarazzo in un nanosecondo con il primo ragazzo di cui ti vede interessata. Può farlo mentre cenate al ristorante tutti e tre insieme, chiedendo a lui se è interessato a te. Oppure chiedendo a te se ti andrebbe di “svernare” con lui. Se infine decide di scrivere un libro per raccontare in prima persona il mondo visto da una sociopatica, ecco che proverà per tutto il tempo a instillarti il dubbio di essere anche tu come lei: freddo, opportunista, calcolatore. Privo di empatia verso gli altri. «Avete amici, amanti o ammiratori?», scrive M.E. Thomas, avvocato americano, sociopatica diagnosticata e autrice del libro Confessioni di una sociopatica (Marsilio 2013), «Questo non vi esclude affatto; anzi, direi piuttosto il contrario. Malgrado la nostra cattiva reputazione, noi sociopatici siamo anche famosi per il nostro fascino straordinario, benché superficiale».
I sociopatici non hanno insicurezze né sono in grado di provare sensi di colpa. Non che credano di essere i migliori, certo. Conoscono le loro mancanze. Semplicemente non ne sono infastiditi, e non se ne identificano come fa il resto delle persone, «che dei propri difetti sembra fare un’ossessione». Abitano la quotidianità e te li ritrovi tra i compagni di scuola, vicini di casa o colleghi di lavoro.
Gli psicologi lo chiamano “Disturbo antisociale della personalità”, caratterizzato secondo il Dsm, Diagnostic and statistical manual of mental disorders, da costante «disprezzo e violazione dei diritti degli altri». Un mix di fattori genetici e ambientali che coinvolge una persona su venticinque. Caratteristiche chiave, all’interno della diagnosi, sono l’assenza di rimorso, la tendenza a mentire e l’incapacità di adeguarsi alle norme sociali.
Questa la versione della scienza. M.E. Thomas – cui dobbiamo il merito di aprirci le porte di un mondo pressoché sconosciuto – preferisce descriversi come una persona libera dalle emozioni più irrazionali e incontrollabili. «Sono furba e calcolatrice. Sono intelligente, sicura di me e molto affascinante. Ma faccio anche del mio meglio per reagire in maniera appropriata ai confusi segnali emotivi che mi vengono lanciati dalle altre persone». E soprattuutto, non così diversa dai “normali”. «Sono una tipica giovane accademica ben rispettata che scrive regolarmente per riviste di legge e che formula varie teorie legali. Do il 10% del mio stipendio in beneficenza e insegno al catechismo ogni settimana. Ho una cerchia ristretta di parenti e amici che amo e che a loro volta mi vogliono bene. Assomiglio a qualcuno di voi? Può darsi benissimo, semplicemente perché anche voi siete dei sociopatici. Stime recenti ci dicono che dall’1 al 4% della popolazione è sociopatica, ovverosia una persona ogni venticinque. Non siete dei serial killer? Sappiate che la maggior parte di noi non ha mai fatto nulla del genere».
La odiate, vero?
Eppure questa signora americana esce allo scoperto dopo un’intera vita passata a nascondersi, perché consapevole di essere diversa da tutti gli altri. Dopo anni passati a imitare il modo in cui gli altri interagivano, per camuffarsi, dandosi da fare per proteggerli dall’eventualità che si rendessero conto della verità, «e cioé che non faccio altro che calcolare, continuamente, scrupolosamente, meticolosamente, quanto ci guadagno a stare con loro». Insomma, una bambina nata con il cuore di ghiaccio come io sono nata con i capelli neri e tu con le mani grandi. Una sociopatica che ti racconta il mondo come lei lo vede, dove i fragili sono sempre degli sfigati perdenti e delle insicurezze degli altri non si può far altro che trarre profitto.
Un mostro? Piuttosto, suggerisce M.E. Thomas, solo una delle tante varianti di cui si colora l’umanità.
Un libro da leggere per capire come difendersi, o – direbbe lei – come riconoscercisi.