Letta-Renzi, corpo a corpo per la Terza Repubblica

La bussola politica

Berlusconi, Grillo e adesso anche Matteo Renzi. Attorno al fragile governo di Enrico Letta si muovono minacciose le ombre di tre giganteschi agitatori di piazza, tre uomini avversari tra loro eppure accomunati da un unico straordinario fiuto per gli imprevedibili sentimenti delle masse e per i tempi scenici della politica pubblicitaria e televisiva.
Il Cavaliere decaduto cerca nelle elezioni la sua ultima sfida a un sistema che ritiene di averlo sconfitto senza tuttavia aver chiesto il parere degli elettori;Grillo è il furbo interprete dell’anarchismo viscerale degli italiani e individua in Giorgio Napolitano, di cui chiede una messa in stato d’accusa che sa benissimo essere impossibile e ingiustificata, l’unico vero ostacolo all’apertura di una crisi caotica; infine Renzi aggredisce Angelino Alfano perché gli è ancora difficile investire con la sua formidabile verve polemica il presidente del Consiglio Enrico Letta, e dunque attende la vittoria alle primarie, teme di essere schiacciato sulle posizioni della grande coalizione, e studia il sistema per diventare segretario del Pd senza perdere la sua freschezza e l’aura nuovista.

Insieme, Berlusconi e Renzi e Grillo, offrono l’immagine di quanto possa essere difficile il lavoro di Enrico Letta, quanto caduco sia il suo governo, una strana elité parlamentare, condensata attorno al presidente della Repubblica e in aperto contrasto con una parte delle forze politiche che la hanno espressa.  Il movimentismo di Berlusconi ha provocato una significativa scissione nel centrodestra con la nascita del partito di Alfano. Le manovre di Renzi spingeranno il Pd alla scissione tra ministeriali e crisaioli, com’è successo nel fu Pdl? E’ suggestiva l’immagine di una forza politica e parlamentare che nasce dall’esperienza delle larghe intese, attorno alla figura di un vegliardo presidente della Repubblica, e resiste alle pressioni dei partiti, scompaginandoli. La Terza Repubblica potrebbe anche nascere così, dalla disordinata esplosione del centrosinistra e del centrodestra.

«Questo signor Alfano che fa pressing sul Pd è una cosuccia ridicola. Molesta però, come una mosca che se continua non c’è che schiacciarla», ha scritto sabato scorso su Twitter Antonio Funiciello, membro della segreteria del Pd, responsabile cultura, uno degli uomini più vicini a Matteo Renzi. Il linguaggio gladiatorio e contundente, sinuosamente volgare, rivela una novità di codice all’interno del partito del centrosinistra, come se l’esasperazione verbale di Grillo, il turpiloquio e la violenza di tono, assieme alla lingua incandescente dei falchi di Forza Italia, avessero contagiato anche la sinistra, sin nell’anima, lasciando intravvedere nuove e suggestive similitudini tra Renzi, Grillo e Berlusconi. Ma se è forse presto per trarre conclusioni antropologiche, il risvolto politico è invece già chiaro: lo stesso Renzi, con la sua intervista domenicale a la Repubblica, ha attaccato Alfano, il socio di Letta, e fatto dunque un passo verso l’opposizione. E d’altra parte, il sindaco di Firenze, che considera la segreteria del Pd poco più di un trampolino verso Palazzo Chigi, teme di rimanere schiacciato sulla palude governativa delle larghe intese. 

Renzi vede la sua fine scolpita sul volto flemmatico di Letta e gli rimangono poche alternative: subire il governo, da segretario del più cospicuo partito di maggioranza; o abbattere il governo, anche a rischio di spaccare il Pd tra sostenitori delle larghe intese e apostoli del cambiamento. Dario Franceschini e Pippo Civati minimizzano, fanno esercizio di scetticismo, l’uno sostiene che Renzi e Letta “sono amici e hanno un patto”, l’altro accusa Renzi di opportunismo: “attacca per aumentare l’audience e vincere le primarie”. Sono due punti di vista veri eppure anche falsi. E’ dunque vero che ha un mezzo patto con Letta, ed è vero che alza i toni per chiamare a raccolta gli elettori che dovranno eleggerlo segretario l’8 dicembre. Ma una volta conquistata la segreteria, i suoi rapporti con il governo sono destinati a stabilizzarsi, in un senso o nell’altro. Renzi non può permettersi di appoggiare un governo impopolare. Ed è qui che si gioca tutta la complicata partita sulla sopravvivenza del Pd. Se Letta continua a galleggiare, Renzi sarà costretto a combatterlo e a sfasciare il partito. 

Ma se Letta dovesse trovare il coraggio e la forza di trasformare il suo governo in una straordinaria macchina di riforme e azione politica, allora che farà Renzi? Potrà essere l’orgoglioso azionista di maggioranzaMa vorrà da Letta la garanzia che il presidente del Consiglio non ha intenzione di metterlo in ombra e di candidarsi lui a Palazzo Chigi (cosa che Letta ripete spesso – questo è forse il patto di cui parla Franceschini – facendo intuire d’avere ambizioni europee). Il tempo è poco, la natura della terza repubblica si rivelerà all’Italia in crisi nel giro di pochi mesi dall’elezione del nuovo segretario del Partito democratico.

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