Pizza ConnectionPrato, l’ultima fermata del racket degli schiavi cinesi

Il metodo delle partite IVA

L’interesse che si sta sviluppando attorno alla vicenda di Prato, dove hanno perso la vita sette persone di nazionalità cinese nell’incendio all’interno di una fabbrica, arriva fuori tempo massimo. Come si usa dire “doveva scapparci il morto” per portare sulla bocca di tutti lo stato di sfruttamento e condizioni al limite dei lavoratori cinesi nel distretto di Prato. Come scrive nel reportage per Linkiesta, Eleonora Della Ratta ora «inizia lo scaricabarile. Chi accusa l’amministrazione comunale di aver fatto dei controlli contro l’illegalità uno slogan da campagna elettorale senza far seguire i fatti, chi si domanda dove siano la Regione, a cui competono i controlli dell’Asl, e lo Stato, che non mette abbastanza forze in campo per contrastare l’illegalità». Illegalità, controlli, Regione, Asl, Stato e controlli sono le parole più ricorrenti di questi giorni riguardanti la vicenda, fino a ora però l’interesse per quel distretto è stato scarso, nonostante i segnali, le denunce e le indagini già in corso con le connivenze di imprenditori e professionisti.

Per non andare tanto distante riavvolgiamo il nastro allo scorso anno. 7 dicembre 2012, commissione parlamentare antimafia. A parlare davanti ai commissari è l’allora prefetto di Firenze Luigi Varratta: «All’interno della mafia cinese – afferma – sono state distinte tre tipologie criminali. Rilevante è quella delle triadi, che opera nel settore dello sfruttamento dei clandestini, del gioco d’azzardo, della prostituzione e dei centri di benessere. Qualche giorno fa è stata condotta a Firenze un’operazione congiunta, tra Forze dell’ordine, Inps, Inail, Asl e Direzione provinciale del lavoro, su 11 centri di benessere gestiti da cinesi. Per due centri è stata sospesa l’attività per mancanza di autorizzazione. Va detto che non è stata notata presenza di clandestini; le irregolarità più importanti rilevate riguardano l’aspetto fiscale e l’assunzione di lavoratori in nero. A parte queste attività, il settore nel quale la criminalità gialla è più permeata è quello della contraffazione, in virtù del fatto che il tessile e la pelletteria sono molto floridi in Toscana. Stesso scenario troviamo anche Prato, Pistoia e nel Valdarno fiorentino. Dagli elementi che abbiamo sulla presenza della criminalità cinese si può forse dire che questa criminalità, che tra quelle straniere è quella che rappresenta il maggior pericolo per la sicurezza e per la legalità del territorio non solo fiorentino, ma toscano in generale, potrebbe diventare la quarta o quinta mafia».

Varratta in un sol colpo rileva gran parte delle criticità della zona in tema. Perché di non poca rilevanza è l’aspetto della mafia cinese, e non solo, data l’integrazione tra questa e le mafie italiane, e l’aspetto «fiscale e l’assunzione dei lavoratori in nero». Un appunto di questo tipo da parte di un prefetto avrebbe dovuto far scattare almeno qualche approfondimento da parte della politica locale e non. C’è anche il problema sicurezza, su cui si è espresso il prefetto Laura Simonetti: «Anche se raddoppiamo i controlli stragi come questa non vengono eliminate se non c’è una presa di coscienza in termini di sicurezza da parte della comunità cinese. Ieri ho parlato con il console che ha assicurato di fare pressioni anche su Pechino». Una coscienza della sicurezza che non rientra alla grande, va detto, nemmeno nella comunità italiana.

BLOG – Pizza Connection – Traduttori a 5 euro l’ora… in procura antimafia

Poco e niente si è mosso invece davanti a un’altra pesante denuncia partita sempre in una audizione della Commissione parlamentare antimafia, cioè quella del procuratore capo di Firenze Giuseppe Quattrocchi riguardo l’aspetto delle traduzioni impossibili delle intercettazioni telefoniche nell’ambito delle indagini sulla criminalità cinese in Toscana che toccano da vicino i settori del tessile, del gioco d’azzardo e della prostituzione. Col risultato di avere «circa la metà delle intercettazioni effettuate rimane senza traduzione». Un traduttore per quattro ore di lavoro prende € 23,00 per il disturbo, fa sapere nella stessa audizione il sostituto procurato Tommaso Coletta. Poco denaro per retribuire, per esempio, un traduttore cinese, il quale rischia di scontare poi la vendetta dei connazionali, come aggiunge l’altro procuratore di Firenze Squillace Greco: «abbiamo, ad esempio, un’enorme difficoltà a celebrare i processi, perché (i traduttori, ndr) hanno paura», oltre ad aggiungere il rischio di un facile e probabilissimo condizionamento da parte dei boss connazionali.

Ultimo tema ma non meno importante è quello richiamato dall’allora prefetto di Firenze Varratta, cioè quello delle irregolarità fiscale e delle assunzioni in nero. «Sempre più spesso capitano in studio – dice a Linkiesta un commercialista di un importante distretto industriale italiano – persone di nazionalità cinese che si presentano con le lettere Inps per il versamento dei contributi in arretrato di cinque o sei anni». Questo succede, conferma un altro professionista, «perché ci sono operatori che senza scrupoli particolari, ed evidentemente ben ricompensati, aprono le Partite Iva ai cinesi che arrivano in Italia senza ovviamente istruirli sugli adempimenti fiscali. E tutte queste Partite Iva vengono poi assunte nei laboratori del tessile, in particolare proprio nel distretto di Prato». Un giro, quello di queste partite Iva, che, dicono alcune fonti a Linkiesta, girerebbero principalmente su Torino: «arrivano, vanno a Torino dove aprono la partita Iva, e poi li ritroviamo a lavorare in fabbrica. Gran parte di coloro che infatti arrivano negli studi con la richiesta di versamento dei contributi arretrati di anni da parte dell’Inps, hanno infatti partita Iva aperta, quasi sempre, in alcuni studi del torinese».

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