Nel terzo trimestre del 2013 l’indebitamento cumulato delle amministrazioni pubbliche era pari al 3,7% del Pil in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2012. La dinamica del deficit è purtroppo trainata in negativo da spese totali in aumento di 0,9 punti percentuali, del tutto dovuto a una dinamica della spesa corrente ancora in aumento di ben un punto percentuale rispetto al terzo trimestre di un anno prima. Se ci si aspettavano effetti dai provvedimenti di tagli alla spesa pubblica, meglio ripassare un’altra volta.
Sul lato delle entrate la pressione fiscale è in aumento di 0,2 punti percentuali, al 41,4% del Pil. Si ricordi che sono dati cumulati e non aggiustati per la stagionalità (Istat batti un colpo!); nel quarto trimestre di solito il saldo pubblico è più positivo, ovvero lo stato incassa più di quanto spende, quindi la pressione fiscale a fine anno risulterà certamente più alta, e il deficit più basso, ma il confronto con il medesimo periodo dell’anno precedente è un buon indicatore della dinamica tendenziale.
Da sottolineare inoltre il costante aumento delle entrate in conto capitale passate in 6 anni dal 3.2% al 3.8% del Pil. Ciò che preme sottolineare è perciò il debole cuscinetto del saldo primario corrente, che ricordiamo è una delle fonti di diminuzione del debito pubblico totale nel medio periodo. È in discesa di ben 0.5 punti perctuali dal 2012. Il Governo spera che con la ripresa questo indicatore migliori, ma la sensazione è che provvedimenti reali tangibili e credibili di tagli alla spesa pubblica siano quanto mai necessari. La disoccupazione resterà alta nel breve/medio periodo: sperare nel ciclo economico per assorbire parte delle spese correnti certamente non è sufficiente.