Non siamo ingenui. Sappiamo bene quale partita si stia giocando dietro il negoziato sulla nuova legge elettorale e cosa c’è oltre il Porcellum. C’è Matteo Renzi che punta tutte le sue fiche sull’Italicum per smuovere lo stagno politico e vendersi come l’uomo nuovo della politica italiana; c’è Silvio Berlusconi, ammaccato e condannato, che sta trovando il modo di tornare al centro della scena (di riffa o di raffa bisogna ancora fare accordi con l’ex sovrano di Arcore, i numeri parlamentari hanno la loro fredda insindacabilità); c’è la minoranza Pd che vuol vendere cara la pelle e non farsi asfaltare dal nuovo corso renziano; c’è il centrodestra di Alfano che per strutturarsi ha bisogno di sedersi in modo non residuale in Parlamento; e c’è l’anarchia scomposta del piccolo grande centro montiano e post Dc in libera uscita che scalcia per non scomparire del tutto. Trovare la sintesi in questo ginepraio di ragioni nobili e meno nobili non è semplice né vogliamo banalizzare quel che sembra essere la madre di tutte le battaglie, il negoziato sulla legge che fissa le regole del gioco elettorale in cui tutti pensano di potersi posizionare, per vincere meglio o non perdere troppo (a seconda dei casi). La politica è sangue e merda dice(va) Rino Formica, dunque massimo rispetto.
Però ci sono momenti in cui la melina stroppia. Ci sono momenti in cui lo scarto tra quel che accade in giro per il mondo, nelle aziende e sui posti di lavoro, e il teatrino italiano è davvero incolmabile. Semplicemente non possiamo più permettercelo. Prendiamo solo le due grandi news di queste ore: la caduta dei paesi Brics e dell’Argentina che avrà un impatto sensibile sull’export delle nostre imprese e sulla ripresa mondiale e la vertenza Electrolux che sfida il futuro industriale e del lavoro di questo paese, la sua capacità di attrarre investimenti e insediamenti delle multinazionali (quindi know how, indotto e buoni posti di lavoro). Entrambe meriterebbero dibattiti, analisi e approfondimenti, un discorso pubblico all’altezza dei tempi difficili. Invece da venti giorni la politica e la grancassa dei media sono inchiodati alla legge elettorale come fosse l’alfa e l’omega del mondo, la pietra filosofale per risolvere i nostri mali. E giù tutti a dividersi su preferenze e liste bloccate, latinismi e soglie di sbarramento. Paginate e patinate. Trasmissioni tv e retroscena. Siamo costituzionalisti improvvisati in un paese di commissari tecnici che ama le chiacchiere come pochi altri.
Domanda banale: non è tutto un po’ esagerato? Esiste un senso delle proporzioni in questo teatrino? Si può davvero bloccare un paese e un Parlamento sulla riforma di una legge elettorale di cui si parla da 5 anni? In coscienza pensiamo di no. Il mondo corre veloce, le priorità sono ben altre ma quel che sembra contare in Italia è solo l’ammuina sulla legge elettorale (sic!). Oggi il premier Enrico Letta incontra il presidente della Commissione Ue, Barroso. Ci arriva da studente lavativo, senza aver fatto i compiti a casa perché sia il rimpasto sia, soprattutto, l’agenda di governo 2014 e delle riforme è rinviata sine die, subordinata, appunto, alla quadra sull’Italicum che ancora non c’è. Che futuro può avere un paese che vive ossessivamente a pane e legge elettorale? Parliamone…
Le priorità degli italiani secondo il sondaggio di Ipsos