La vera novità del governo di Matteo Renzi è l’azzardo stesso del premier. Senza questa scommessa che muove tutto del nuovo esecutivo affiorano soprattutto il cerone e la contingenza: il carattere di estrema mediazione della squadra com’è naturale che sia vista la maggioranza risicata di cui dispone alle Camere (la stessa di Enrico Letta); il profilo mediocre della pattuglia (sembra fatto apposta per far svettare il nuovo premier); il simil rimpasto rispetto al precedente esecutivo (5 ministri su 16 più Del Rio sono gli stessi); l’immortale Cencelli nella sua composizione (dal’Udc a Scelta Civica, dal Nuovo centrodestra, ai tecnici alle varie anime della minoranza Pd); la strizzatina d’occhio alla Confindustria (tendenza Berlusconi-Squinzi) e, quasi a specchio, alle cooperative rosse, passando per il più politico dei tecnici (Padoan), scelta a metà per soddisfare i paletti del Colle e della Bce e, insieme, non sottostare tout court al mantra della tecnocrazia. Fino al braccio di ferro con Giorgio Napolitano (su Giustizia e Esteri) che non ha mancato di farglielo notare, quando davanti ai giornalisti ha sottolineato il carattere di forte novità che Renzi ha voluto imporre alla sua squadra e quando ha rimarcato il lavoro separato suo e del premier incaricato nella composizione della lista dei ministri. Quasi a certificare il tramonto della stagione dei governi del presidente e la nascita di un esecutivo che sta (quasi) tutto nelle prerogative di Palazzo Chigi. Come dire onori e oneri. Non è un dettaglio da poco dopo la supplenza emergenziale del Colle che ha portato alla nascita dei governi Monti e Letta.
In questo senso, nonostante la composizione cencelliana e molto poco Leopolda, con ministri che passano da un ruolo all’altro (Franceschini e Orlando) e altri che restano al loro posto (Lupi, Lorenzin e Alfano), nella nuova squadra c’è molto dell’immaginario e della mano di Renzi: la squadra corta (16 ministri), le donne (la metà esatta della compagine), l’età media più bassa della storia repubblicana (48 anni), l’impuntatura un po’ incosciente sugli Esteri per Federica Mogherini al posto dell’usato sicuro di Emma Bonino, l’imprevedibilità (la doppia presenza di esponenti dell’associazionismo di categoria che Renzi aveva finora bistrattato). E, naturalmente, il suo protagonismo esorbitante, senza nessuno intorno che possa fargli ombra. In fondo è questa la vera differenza con il governo precedente: Matteo Renzi stesso. La sua fisicità, la sua bulimia, la sua spregiudicatezza, il suo dinamismo, la sua ambizione, il suo coraggio. In coerenza con quel che ha fatto in questi due anni di scalata al potere, il neo premier proverà a giocarsela alla sua maniera, mettendosi in pista totalmente. Una costanza che è insieme speranzosa e inquietante. “E adesso pedala” vuol dire esattamente questo. Dal mazzo esce un governo che sembra più il rimpasto che non ha potuto fare Letta che un monocolore targato Leopolda, meno lustrini e più mediani senza troppo talento, ma proprio per questo non ci saranno alibi e non è detto che sia per forza un male.
Negli ultimi giorni sui giornali è uscito di tutto sul suo conto. Renzi debenedettiano, Renzi berlusconiano, Renzi bugiardo e spregiudicato che arriva al governo attraverso una congiura di Palazzo al posto del bagno elettorale, Renzi vicino a cielle, Renzi amico delle banche e dei poteri forti, Renzi che regala il paese e il Pd al centrodestra e via elencando. L’altra sera ero ospite al talk show La Gabbia su La7 e in tribuna è spuntato un cartello che chiedeva le dimissioni di questo governo illegittimo: una specie di sfiducia preventiva visto che non era e non è ancora in carica. L’incandescenza ci sta tutta perchè il personaggio è molto divisivo come tutte le persone di carisma e la detronizzazione di Letta ha attizzato l’anti renzismo che alberga nel paese. Gli stessi sondaggi lo danno in calo di popolarità e lui lo sa bene.
Detto ciò in 2-3 mesi si capirà molto del suo azzardo. Lo diciamo ai suoi tifosi acritici e insieme ai suoi detrattori. Da lunedì si gioca a carte scoperte, via gli alibi. Renzi dovrà ingranare subito la quinta, schiavo delle aspettative che ha sollevato, avviare riforme importanti (lavoro, economia e fisco) per essere più forte in Europa, negoziare un po’ di flessibilità e comprare tempo sul rigore, dovrà rottamare l’alta burocrazia dei ministeri che frena ogni innovazione e fa melina sulle coperture finanziarie, dovrà portare sotto il cappello di palazzo Chigi il dossier “spending review” per non farsi bloccare dalle troppe tecnocrazie italiane. Se non lo farà è spacciato. Ci riuscirà? E’ difficile. Ma dopo tanti anni una generazione di 30-40enni prende il potere in Italia ed è giusto che ci provi senza infingimenti, mettendoci la faccia. E’ un rischio per lui, un rischio generazionale per tutti noi e per un paese comunque bisognoso di una sferzata. Gli italiani misureranno Renzi esattamente su questo. Pokerista spregiudicato, spaccone insopportabile o potenziale statista come si augura Tony Blair sul Financial Times? Adesso pedala…