Secondo diversi studi empirici che legano conoscenze e produttività del lavoro, le capacità di lettura e di comprensione di testi complessi sono fra le determinanti più importanti del successo lavorativo, nonché uno degli obiettivi principali di ogni sistema di istruzione.
I giovani dei paesi Ocse, come si evince dal grafico – che utilizza i dati recenti dell’inchiesta internazionale sulle competenze e le abilità della popolazione adulta – sono in media più preparati dei loro padri/nonni. Le uniche eccezioni sembrano essere Regno Unito e Usa, Paesi in cui i progressi sono stati modesti, anche perché le generazioni passate dei due paesi già partivano da ottimi livelli di competenza.
A questo poprosito, esiste un fenomeno di catch-up simile a quanto teorizzato dall’economia in tema di crescita di lungo periodo? Ovvero: i paesi con competenze di partenza più basse tendono a convergere verso i paesi leader, in questo caso nel campo del capitale umano? L’evidenza pare mista. È certamente vero che i paesi in basso al grafico, fra cui l’Italia, sembrano registrare crescite generazionali più grandi, ma il trend non sembra essere così robusto. Paesi come Australia, Svezia, Giappone, Olanda, già vicini alla “frontiera efficiente” delle conoscenze hanno saputo espandere le competenze dei più giovani in proporzioni simili a quelle degli ultimi della classe. Il rischio è quello di attardarsi in un equilibrio sub-efficiente, fatto di bassa domanda di competenze da parte delle imprese, e di un’offerta di forza lavoro con conoscenze altrettanto scadenti. Rompere questo circolo vizioso è una sfida, certamente non semplice, che richiede risposte di politica economica strutturate, che coinvolgano scuola, imprese e famiglie.