Ci sono delle catene di parole che funzionano sempre: ad esempio “calcio” si collega a “Brasile” e Brasile collega “Maracanà”. Il nome dello stadio di Rio de Janeiro è un simbolo, supera lo stadio stesso, la sua architettura e la sua storia. Dire Maracanà è come dire Brasile, calcio e allegria. Un po’ anche grazie alle battute di Lino Banfi (e il suo mitico Oronzo Canà), un po’ per il suo suono, parola tronca di quattro sillabe che evoca ritmi sudamericani.
Ma cosa significa Maracanà? Prima di tutto, il nome ufficiale dello stadio è un altro: Estádio Jornalista Mário Filho, dedicato al giornalista sportivo Mario Filho, una delle figure più importanti dello sport brasiliano della prima metà del ’900. (per capirsi, fu lui a coniare il termine Fla-Flu, per indicare il derby Flamengo e Fluminense). Maracanà è, invece, il nome del quartiere in cui si trova: il bairro Maracanà. Nulla di strano: a Milano c’è lo stadio Meazza, detto anche San Siro dalla zona in cui sorge.
Il Maracanazo
Lo stadio è teatro della storia calcistica del Brasile, cioè della storia tout court del Brasile. Ma uno degli episodi che meritano un cenno è il famigerato Maracanazo: la sconfitta, contro tutte le previsioni, del Brasile contro l’Uruguay ai Mondiali del 1950. È il 16 luglio. La sconfitta della Seleçao fu, in tutti i sensi, una tragedia nazionale: nel silenzio totale dello stadio, ci furono morti per infarto e suicidi. Le autorità si allontanarono indignate, la premiazione dell’Uruguay avvenne sottotono e l’inno uruguayano non fu nemmeno suonato perché la banda non aveva nemmeno portato lo spartito. Lo stadio piangeva. L’allenatore fuggì in Portogallo.
Tra le vittime del Maracanazo ci fu, soprattutto, il portiere brasiliano Barbosa. Il processo mediatico fu violentissimo. La sua condanna, metaforica, durerà per tutta la vita. Ancora molti anni dopo veniva indicato come “l’uomo che aveva fatto piangere tutto il Brasile”. I giornalisti si scagliarono contro di lui compatti, per lungo tempo. Solo uno lo difese, e fu proprio Mario Filho.
Come si vede, tutto si tiene e tutto si collega. Ci sono catene di parole che funzionano sempre. C’è “calcio” e c’è “Brasile”. E in mezzo tutto il mondo: cioè, il Maracanà.