Dopo due giorni di contrattazioni, attese tattiche e dichiarazioni forti, si è concluso il 5 settembre il vertice dei 28 Paesi Nato a Newport, in Galles. Quello che in origine doveva essere un summit sulle sorti dell’Afghanistan si è trasformato in un continuo gioco di minacce e promesse di pace tra l’Alleanza Atlantica e la Russia dell’orso Putin. Sull’Iraq, invece, gli Stati Uniti hanno chiamato a raccolta i partner militari per una nuova “coalizione dei volenterosi”.
UCRAINA
Mentre in Ucraina continuavano gli scontri tra esercito regolare e ribelli filo-russi, in Galles i leader del mondo occidentale discutevano su come mandare un messaggio forte per arrestare l’aggressione russa in Ucraina. E mentre i leader occidentali si dividevano tra chi voleva sanzioni immediate (Usa e Regno Unito, intramontabili alleati) e chi preferiva aspettare il più possibile (Francia, Germania e Italia), l’orso Putin si muoveva con la rapidità di una gazzella. In concomitanza con l’apertura del vertice, infatti, il leader del Cremlino faceva sapere che, grazie a una telefonata col presidente ucraino Poroshenko, si era finalmente arrivati alla creazione di un tavolo per arrivare a un accordo per il cessate il fuoco nelle zone contese in Ucraina. Tavolo organizzato a Minsk alle 13 del giorno dopo. Fermi tutti, quindi, a Newport. Quei Paesi che già partivano titubanti sulle sanzioni, hanno preso la palla al balzo chiedendo di aspettare i risultati dell’incontro di Minsk, e la discussione si è spostata sull’Isis e l’Iraq, un punto decisamente più semplice dal punto di vista diplomatico. Intanto l’ex presidente ucraino Leonid Kuchma, il rappresentante dei separatisti Alexander Zakharchenko, l’inviato Osce Heidi Tagliavini, l’ambasciatore russo Mikhail Zurabov, il leader dei ribelli di Lugansk Igor Plotnitsky raggiungevano il pomeriggio seguente un accordo in 14 punti per il cessate il fuoco immediato. Coerenti con le loro dichiarazioni precedenti, i leader dell’Alleanza hanno fatto sapere di avere preparato un nuovo pacchetto di sanzioni, pronto a entrare in vigore entro 72 ore nel caso che la roadmap per la tregua non proceda regolarmente.
È il tempismo, infatti, la carta che distingue il premier russo dai suoi avversari
Mentre le sanzioni venivano ulteriormente rimandate, Obama e Cameron ottenevano d’altra parte quello che precedentemente Germania, Francia e Italia gli avevano negato: lo stabilimento di cinque basi Nato permanenti nei Paesi Baltici, Polonia e Romania. Basi da utilizzare per lo schieramento di una forza a reazione d’intervento rapida composta da 4.000 soldati specializzati. Con la speranza che rimangano un semplice deterrente. Il messaggio al Cremlino è comunque forte, ma resta il fatto che abbiamo assistito a un’altra dimostrazione dell’abilità di Putin nel muoversi con una velocità che spiazza gli avversari. È il tempismo, infatti, la carta che distingue il premier russo dai suoi avversari. Se da una parte il mondo occidentale è diviso in Nato, Ue e singoli Stati che devono rispondere delle loro azioni, dall’altra parte abbiamo un leader che decide fondamentalmente da solo e che di conseguenza trasforma decisioni in azioni con la stessa velocità con cui le pensa.
Intanto a Newport il summit è concluso, i leader tornano a casa e in Ucraina i combattimenti, per ora, dovrebbero fermarsi.
IRAQ
Tutta un’altra faccenda quella dell’Isis. La questione in Iraq sta prendendo una piega talmente tragica e drammatica che difficilmente si sarebbe vista disunione nelle scelte. Dopo due giorni di summit Barack Obama ha dichiarato oggi, 5 settembre, in conferenza stampa la creazione di una coalizione di dieci Paesi, tra cui l’Italia, per affrontare l’Isis. «È ora di agire per distruggere l’Isis» ha dichiarato il presidente americano. La decapitazione del giornalista Steven Sotloff è stata l’ultima di una serie di azioni che definire disumane è poco, e che ha scatenato la condanna da parte della comunità mondiale. L’obiettivo è la creazione di una task force multinazionale per bloccare il flusso di combattenti stranieri che arrivano in Siria e da lì approdano in Iraq. Una delle grandi preoccupazioni occidentali, infatti, è la presenza nelle file di al Baghdadi, il leader di Is, di estremisti islamici residenti in Europa e Usa, potenziali attentatori difficilmente monitorabili.
L’obiettivo degli Usa è la creazione di una task force multinazionale per bloccare i combattenti stranieri che arrivano in Siria e da lì in Iraq
Come sottolinea una nota congiunta del segretario di Stato Usa, John Kerry, e del capo del Pentagono, Chuck Hagel: «La coalizione internazionale anti-Isis dovrà inoltre dare sostegno militare all’Iraq, contrastare le forme di finanziamento dell’Isis, affrontare le crisi umanitarie e delegittimare l’ideologia dell’Isis».
«I combattenti stranieri rappresentano una grave minaccia per gli alleati della Nato», affermano Kerry e Hagel aggiungendo che «lavoreremo di concerto per annullare ogni fonte di entrata per l’Isis, anche sul fronte del commercio dei prodotti petroliferi». E, si legge ancora nella nota, «riterremo responsabili tutti coloro che violeranno i divieti internazionali su tale commercio». A seguito del vertice in Galles, l’ambasciatrice Usa alle Nazioni Unite Samantha Power ha inoltre dichiarato che esiste la possibilità che l’Isis si sia impossessato di armi chimiche in Siria, tenute nascoste dal regime di Assad.
Resta escluso, in ogni caso, un intervento di terra.