Di ufficiale non c’è nulla, ma l’attività tra ministero dello Sviluppo economico e Consob è intensissima. A un tavolo in cui sono coinvolti istituzioni finanziarie, docenti universitari e studi legali, il governo sta studiando una via per incentivare la quotazione delle piccole e medie imprese, sul mercato Aim a loro dedicato. Le proposte di cui si sta discutendo a porte chiuse riguardano sia le imprese che gli investitori. Per le imprese sarebbe pronto un pacchetto di crediti d’imposta da 200mila euro da spalmare in tre anni (66mila euro all’anno) per recuperare i costi della quotazione. Tra le commissioni per Borsa Italiana, le commissioni di collocamento, il pagamento di advisor e legali, per quotare una piccola o media impresa si parla di almeno 400-600mila euro di spese, quindi si tratterebbe di recuperarne da un terzo. A questa misura si aggiungerebbe anche la possibilità di rendere determinati costi ammortizzabili in tempi più brevi.
Per le imprese sarebbe pronto un pacchetto di crediti d’imposta da 200mila euro da spalmare in tre anni
Sul lato degli investitori, le proposte sono diverse. Tra le più certe c’è la possibilità di una detassazione del capital gain (utile di capitale), per chi detiene le azioni delle Pmi quotate per un lungo periodo, probabilmente per più di cinque anni, come avviene in esperienze simili in Francia e nel Regno Unito. Allo studio c’è anche una detassazione dei dividendi. Ma non si esclude anche una detrazione sull’Irpef degli investitori: in questo caso il precedente è quello spagnolo, dove le persone fisiche che investono possono detrarre fino a 10mila euro all’anno. Non è ancora chiaro se gli incentivi riguarderanno solo gli investimenti diretti (come in Francia) o anche quelli che passano dagli investitori istituzionali, cioè dai fondi di investimento.
Per gli investitori c’è la possibilità di una detassazione del capital gain e sui dividendi per chi detiene le azioni delle Pmi quotate per un lungo periodo, oltre a detrazioni sull’Irpef
Le idee girano da tempo ed erano state portate avanti negli ultimi anni dalla stessa Consob. Un primo provvedimento in questo senso c’è già stato, ma è rimasto sulla carta: la “Super-Ace” (aiuto per la crescita economica), prevista dal Decreto Crescita dello scorso giugno. Le aziende che si sono quotate dal 25 giugno 2014 in avanti avrebbero potuto usufruire di un moltiplicatore del 40% da applicare all’incremento patrimoniale rilevante realizzato nell’esercizio di quotazione e nei due esercizi successivi rispetto all’esercizio precedente. Avrebbero, perché il governo è ancora in attesa dell’autorizzazione della Commissione europea, come ha ribadito una circolare dello scorso 3 giugno dell’Agenzia delle Entrate.
La spada di Damocle dello stop Ue in base alla disciplina sugli aiuti di Stato incombe anche sui provvedimenti che si stanno discutendo in questi giorni. Il limite di 200mila euro come tetto per i crediti d’imposta è stato pensato proprio per evitare contestazioni di Bruxelles.
Al di là dei tecnicismi, gli operatori del settore hanno alte aspettative sull’efficacia di questi provvedimenti. «Ne abbiamo avuto modo di parlare con Borsa Italiana e con il Fondo italiano di investimento (della Cdp, ndr). È un incentivo fondamentale e sarebbe bene che si mettesse in atto in fretta, visti i chiaroscuri della politica», commenta Massimo Vecchio, ad di Amaranto Sim, società di intermediazione mobiliare che da anni segue il mercato delle ”small e micro cap”, ossia delle piccole imprese quotate. In qualità di advisor la società ha recentemente lanciato un fondo, Amaranto Italian Market, che ha lo scopo di portare liquidità alle Pmi nel momento dello sbarco all’Aim di Piazza Affari, il mercato alternativo del capitale di Borsa Italiana dedicato alle piccole e medie imprese italiane ad alto potenziale di crescita, attivo dal 2012. «La liquidità in questo momento non manca sul mercato, ma manca quella per le Pmi – aggiunge Gian Paolo Rivano, responsabile investimenti di Amaranto Sim -. Se c’è l’obiettivo di veicolarla a favore delle small e micro cap, bisogna ragionare di un insieme di incentivi fiscali». Il tema interesserebbe molto anche agli investitori francesi, particolarmente attenti al mercato italiano in questo periodo.
Giannotta, Integrae: «L’importante è che non venga fuori un meccanismo astruso. Bisogna riprendere l’agevolazione di Tremonti per il 1995-1998»
«Abbiamo il dovere come sistema Italia di far crescere le Pmi», aggiunge Luigi Giannotta, direttore generale di Integrae Sim. «Chi si concentra sulle grosse aziende finisce con il favorire pochi soggetti, tralasciando il vero tessuto delle imprese italiane. Poi non lamentiamoci se consegniamo il Paese in mano agli investitori esteri». L’importante, aggiunge, «è che non ne venga fuori un meccanismo astruso. Bisognerebbe pensare a un incentivo semplice, come la riduzione di 16 punti percentuali dell’Irpeg prevista da un decreto di Tremonti del 1994, che fu il provvedimento più efficace in materia». Il riferimento è alla “Legge Tremonti” (Decreto Legge del 10 giugno 1994, n. 537) e agli incentivi previsti per tre anni per per le società che avessero ottenuto l’ammissione dei loro titoli su di un mercato regolamentato a condizione che il loro patrimonio netto fosse inferiore a 500 miliardi di lire».
Secondo l’avvocato Lukas Plattner, equity partner di Nctm Studio Legale Associato, l’esperienza europea suggerisce che ci potrebbero essere anche ulteriori forme di incentivo, a livello regionale. «In Spagna alcune regioni, non potendo agire sul lato fiscale, finanziano determinate spese che le aziende devono sostenere. Stiamo parlando con alcune regioni italiane che stanno studiando misure simili». In casi come quello del Regno Unito, aggiunge, si è data particolarmente attenzione alle persone fisiche, trascurando i fondi, che però possono dare una mano nel successo delle quotazioni. Per l’avvocato della law firm milanese, l’impatto sulle finanze pubbliche sarebbe trascurabile: «Ci potrebbe essere un minore gettito, ma darebbe la possibilità alle imprese di crescere e quindi di generare un gettito maggiore».