Se gli Usa si innamorano dell’apprendistato tedesco

Se gli Usa si innamorano dell’apprendistato tedesco

Al Lera di Pittsburgh si è passati alle premiazioni e ai riconoscimenti. Da un lato l’accademia, dall’altro il giornalismo. Due mondi che solitamente si ignorano, o meglio diffidano uno dall’altro, sono saliti sullo stesso palco d’onore sul quale si è reso onore a storie e carriere. Due i protagonisti principali: il primo è Michael Piore, docente all’MIT che con il suo The Second Industrial Divide ha aperto un infinito campo di studi sul futuro del lavoro post-fordista che ancora oggi lascia aperte numerose domande. Il secondo è Steven Greenhouse, labour reporter del New York Times, andato in pensione da poco, che con i suoi oltre 1.500 articoli ha contribuito al ritorno nel mondo dell’informazione del lavoro e delle sue tematiche, dopo un periodo in cui con la crisi dei grandi sindacati era finito in secondo piano.

Per il resto, si è continuato a discutere dei temi caldi delle relazioni industriali. E a conferma che l’accademia americana, con tutti i suoi limiti di autoreferenzialità, è aperta al mondo esterno si è parlato di apprendistato, in particolare del modello duale tedesco.

L’apprendistato è morto? Viva l’apprendistato!
Perché tutta questa attenzione per una nazione tanto lontana geograficamente quanto nel sistema di relazioni industriali? Ci sono diversi aspetti che spesso non vengono ricondotti al modello di incontro tra scuola e lavoro tedeschi che interessano agli americani. In primo luogo, lo sviluppo di tutti quei settori manifatturieri che basano la loro struttura produttiva sull’utilizzo della cosiddetta Internet of things, produzione che è ormai conosciuta come Industry 4.0. La tesi sostenuta oggi è che questo modello produttivo è sviluppato in Germania più che in altri paesi proprio perché il sistema duale di apprendistato consente alle imprese di avere lavoratori che possiedono le competenze che l’Industry 4.0 richiede, e che spesso anche il miglior ingegnere, che non ha mai messo piede in azienda, non acquisisce all’università.

Senza questo contraltare i numerosi investimenti in infrastrutture altamente innovative e il possesso di macchinari dalle tecnologie raffinate sono destinati all’inutilità in quanto privi di una forza lavoro in grado di utilizzarli.

Altro problema, connesso al primo, ma che l’apprendistato tedesco sembra in grado di ridurre, è il cosiddetto mismatch, parola ormai di moda ma che descrive un problema molto sentito nel contesto statunitense. Da un lato ci sono giovani troppo preparati per il lavoro che fanno, dall’altro c’è la mancanza di competenze considerate di basso livello che mancano. Si è sostenuto oggi che la diffusione dell’apprendistato, fin dagli anni dell’istruzione secondaria può aiutare nel colmare questi due gap facendo incontrare la domanda di lavoratori con la costruzione delle competenze ancora prima dell’ingresso vero e proprio nel mercato del lavoro.

Una piccola critica
In ultimo una critica, dopo tanto elogi del convegno e dei suoi contenuti, che riguarda il tema dei cosiddetti contingent worker, ossia coloro che non hanno un contratto di lavoro permanente e che in quanto tali hanno entrate minori e minor sicurezza. Su questo fronte il dibattito appare fermo da anni, e ci si limita a descrivere in termini molto tragici (per quanto legittimi, viste alcune situazioni particolarmente gravi) uno scenario che da tempo si conosce e che non si fa altro che aggiornare con nuovi studi e nuovi dati.

Potrebbe essere più interessante, vista la difficoltà di ritornare ad un mercato del lavoro che garantisce a tutti permanent contract cominciare a studiare modelli di transizioni occupazionali che, oltre essere la frontiera del moderno diritto del lavoro, possono avere un maggior incidenza nel migliorare le condizioni di vita dei lavoratori presi in analisi.

Il nostro diario si chiude qui, sperando che possa essere stato utile tanto quanto lo è stato a noi presenti sul campo. Parliamo tanto di fuga dei cervelli, ma a volte basta una toccata e fuga (cervello permettendo, ma questo non possiamo giudicarlo) per portare in casa propria spunti nuovi che possono alimentare un dibattito spesso ancorato su posizioni ideologiche che certo riempiono giornali e talk show ma hanno prospettive di brevissimo termine.

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