In bilico tra un poeta moderno e un cantautore all’antica, Nesli continua a raccogliere i successi di una carriera vissuta (in parte) dietro le quinte. Ha scritto per gli altri senza mai steccare (Ferro ed Emma ancora ringraziano), ha saputo saltare dall’hip hop al pop puro senza perdere la sua identità. E adesso? Da Sanremo ad Andrà Tutto Bene, un disco compatto e piacevolissimo (aurea la figura di Brando quale capo progetto), è il desiderio di non perdere il contatto con la sua fan base («Mi lascio sempre andare, è il modo migliore per non tradirli»), è la consapevolezza di fare politica, pur essendo distante da quell’universo. L’artista di Senigallia immagina il suo Instore Tour come una vera campagna elettorale, ama definirsi un “darkettone ottimista” e confida che avrebbe preferito un Presidente del Consiglio più Elvis e meno Fonzie.
Un album di breve durata con pezzi compatti. Sembrano costruiti pensando all’universo di iTunes e Youtube. Casualità o scelta precisa?
Una scelta, senza dubbio. Un po’ come ogni elemento che costituisce il disco. Brando (il produttore, ndr.) è un perfezionista, io amo non lasciare nulla al caso. Il mio desiderio era quello di dare un segnale di cambiamento, senza staccarmi completamente da quanto fatto negli ultimi anni: alla base c’è un enorme lavoro musicale, una scrittura – la mia – che ha un’impronta pop un po’ diversa da quello a cui il pubblico italiano era abituato. Per il resto, la tua impressione è perfetta, Andrà Tutto Bene è un disco essenziale, che viaggia spesso su due strofe, ritornello e special finale.
«Andrà Tutto Bene è un disco essenziale, che viaggia spesso su due strofe, ritornello e special finale»
In arrivo il tour: le versioni live resteranno fedeli a quelle del disco? Hai in mente qualche duetto?
Fedeltà assoluta. Proprio perché il mio è quasi un album live. Anzi, è un disco simile al live, non il contrario! In questo cammino sono stati e saranno fondamentali i miei musicisti, gente che ha già all’attivo concerti con Laura Pausini, Nek e Biagio Antonacci. “Ti Sposerò” è più quadrata, “Davanti agli Occhi” quasi dance.
Torneresti a Sanremo?
Se Carlo Conti dovesse cercarmi, risponderei subito di sì. È stata una bellissima esperienza, vissuta con serenità e tanta incoscienza. Non posso negarti che desideravo da molto tempo vivere un’avventura così magica…
Se fosse stato il Festival di Fazio, avresti dovuto presentare due brani. Quale avresti estratto dal disco?
Oltre a Buona Fortuna Amore, avrei portato con me Andrà Tutto Bene, un po’ perché dalla sonorità opposta e un po’ perché è un pezzo al quale sono molto legato.
Quello Che Non Si Vede non avrebbe fatto cattiva figura. A mio avviso…
Sicuro, sono atmosfere non lontane dai Depeche Mode degli ultimi periodi, con quel pop che sa strizzare l’occhio all’elettronica senza farsi male.
Da Allora Ridi a Andrà Tutto Bene: sei ottimista anche nella vita, oltre che nelle tue canzoni?
Non è il primo strato del mio terreno: di base sono un darkettone ottimista, uno che ha sempre saputo reagire con ottimismo alle difficoltà della vita.
Ancora su Allora Ridi: perchè hai scelto le ginnaste come protagoniste del videoclip?
L’atletica è uno sport popolare, ma non completamente. Quel mondo è lo stesso mio, è un ambiente indie, alternativo. Sai qual è la verità? Io sono sempre stato popolare, ma anche no! (ride) Parecchio noto tra gli addetti ai lavori e per una piccola ma significativa porzione di pubblico. Per il resto, mi piaceva l’idea di mostrare lo spirito di sacrificio delle ginnaste, la loro capacità di sorridere nonostante la fatica.
Preferiresti passare alla storia della musica come autore o cantautore?
Bellissima domanda. I miei fan spesso mi hanno dato l’etichetta del poeta. Mi ritengo tale, con tutti i limiti del caso. Una mia canzone, Mia Follia, dice: “Vorrei aver scritto quella poesia, essere ricordato come artista…”. Moltissimi fan mi dicono che quella poesia esiste già, è La Fine. Di base credo moltissimo alla scrittura, al peso dei testi: tanti colleghi vengono a bussare alla mia porta per chiedere un brano, ma io rimando spesso l’appuntamento. Non vorrei, alla lunga, essere identificato come autore e basta.
Perdona la sciocchezza: nel videoclip di Buona Fortuna Amore la protagonista è una mora, mentre in Andrà Tutto Bene è bionda. Par condicio?
Adoro lasciare indizi, segnali. Lo faccio anche con Facebook, ma mi diverte molto farlo con brani e videoclip. I due casi che hai abilmente accostato riguardano le due storie più importanti della mia vita. Nulla di più semplice.
«Vasco Rossi è uno dei miei modelli, ma non sono mai stato un suo vero fan, non l’ho mai ascoltato con attenzione o curiosità»
Buona Fortuna Amore ha un crescendo che richiama Vasco: ti senti vicino al suo modo di fare musica?
Vasco Rossi è uno dei miei modelli, ma non sono mai stato un suo vero fan, non l’ho mai ascoltato con attenzione o curiosità. Come lui, io non uso parole e concetti ricercati, ma bado alla semplicità. Recentemente ho avuto la possibilità di ammirarlo da sotto il palco, a San Siro: lì ho compreso che il Blasco è 90 per cento istinto. In questo, come artista, mi piace volermi rivedere.
MESSAGGIO PROMOZIONALE
Su Facebook siamo vicini al milione di fan. Quando scrivi un pezzo, hai mai paura di tradire le loro attese?
Credo che ogni mestiere debba essere pervaso dall’educazione. Nel caso di un artista, rispettare i fan è un principio fondamentale, un dovere. Anche se penso che il vero tradimento nei loro confronti sarebbe quello di non lasciarmi andare abbastanza. È sbagliato farsi trascinare dalle mode, incidere un disco seguendo quelli che sono i gusti e le tendenze della massa: la vittoria totale è abbandonarsi all’emozione.
Che rapporto hai con la politica? Ti sei fatto un’opinione su Renzi?
D’istinto ti dico che avrei preferito un presidente più Elvis e meno Fonzie. (ride) Nel senso che se facciata deve essere, allora preferisco che sia la migliore. In politica sono sempre stato un outsider, così come a scuola e in famiglia. Col tempo mi sono reso conto che si può far politica anche da molto lontano: ad esempio, gli Instore promozionali sono un po’ come una campagna elettorale. Nel mio caso, oltre 40 tappe in giro per l’Italia, la possibilità di dialogare con la gente, di confrontarsi, di ascoltarsi. Anche questa è politica.
Su Renzi: «avrei preferito un presidente più Elvis e meno Fonzie. Nel senso che se facciata deve essere, allora preferisco che sia la migliore»
È passata una vita da I Piante Grasse (supergruppo rap del 2001, ndr.): ti piacerebbe rivivere un’esperienza collettiva?
Amo la condivisione, la musica va avanti grazie alle squadre e non attraverso i singoli. In Italia è sempre stato complicato creare situazioni e dinamiche di questo tipo, l’esempio Fabi-Silvestri-Gazzè è stata un’idea forte, un buon modo di lasciarsi andare seguendo un percorso d’insieme. Tutti e tre, presi singolarmente, hanno dimostrato di saper sfruttare al massimo il tempo e lo spazio a disposizione.
Chiudiamo: quale è la tua canzone nell’armadio? Un brano del passato al quale leghi ricordi particolarmente felici
Ne avrei almeno venti… mila! (ride) Ti cito due film: Il Padrino e Kill Bill. La favolosa colonna sonora di Nino Rota mi ricorda le estati trascorse in mansarda a Senigallia; di Tarantino è indelebile la scena in cui Daryl Hannah entra in ospedale fischiettando Twisted Nerve di Bernard Herrmann. Che roba.