Provaci ancora Trump

Provaci ancora Trump

È dal 1988 che il miliardario statunitense Donald Trump pensava di partecipare alle elezioni presidenziali americane. E in almeno due casi ci era anche andato vicino, nel 2004 e nel 2012. Questa volta, invece, pare che il ricco newyorkese faccia sul serio, e infatti ha annunciato la sua candidatura il 16 giugno nella sua Trump Tower di New York.

Il problema è che, da quel momento, Trump non ha praticamente fatto altro che inanellare una gaffe dopo l’altra, sempre più pesanti, portando tutti a pensare che, in realtà, più che la corsa per la presidenza, al Trump interessi fare un grande show, far parlare di sé, insomma.

Ma vediamo con ordine le più grandi gaffe che il miliardario ha fatto nell’ultimo mese, sfiorando – e forse anche superando – più volte il limite. Ne ha messe in fila addirittura cinque il quotidiano inglese The Independent. Vediamole, e aggiungiamone una, perché Trump è scatenato, sembra una vera e propria macchina da fail.

Al settimo posto c’è una gaffe che Donald Trump infila praticamente ai blocchi di partenza, quando, durante l’annuncio della sua candidatura, ha usato come canzone Rockin’ In The Free World, di Neil Young. La scelta, già di per sé un po’ assurda, visto il testo pacifista della canzone, scritta nel 1989 da Young in seguito alle proteste degli studenti di piazza Tienanmen.

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A poche ore di distanza dall’uso “non autorizzato” della canzone, infatti, il cantante canadese ha denunciato la cosa. Facendo precisare dal suo agente che Neil Young supporta la campagna presidenziale di Bernie Sanders, che attualmente è l’unico senatore americano che si definisce “socialista”.

Al sesto posto un’altra gaffe risalente anche questa al 16 giugno, quando, durante il suo discorso di candidatura, Trump ha sostenuto di voler costruire un muro tra gli Stati Uniti e il Messico. Facendolo pagare ai messicani. Inutile dire che la cosa non è piaciuta molto ai tanti statunitensi di origine messicana, che al luglio del 2013 erano circa il 10 per cento della popolazione. E sono voti.

Al quinto posto c’è un’altra gaffe sparata durante un discorso. Trump l’ha fatta in Maryland, il 23 di giugno, quando in un incontro per raccogliere i fondi necessari alla campagna si è lasciato scappare delle frasi razziste dirette alla comunità afroamericana, in particolare diretto ai giovani che, secondo Trump, «non sono mai andati così male, non hanno spirito, ormai ci sono omicidi ogni ora in città come Baltimora e Chicago, ma anche in molte altre città», offendendo così un altro 12 per cento circa di elettorato americano. Era successo da pochi giorni il massacro della chiesa di Charleston, in cui un ragazzo di 21 anni — bianco — aveva ucciso 9 afroamericani.

Quarto posto. Questa volta è sul matrimonio. Sì, perché durante un’intervista rilasciata a Jake Tapper, della CNN, interrogato sulle sue posizioni circa i matrimoni tra individui delle stesso sesso, Trump si è detto fortemente contrario, affermando vigorosamente di essere a favore soltanto del matrimonio tradizionale. Salvo dover poi rispondere al giornalista, che l’ha incalzato chiedendogli cosa ci fosse di “tradizionale” nell’essersi sposati 3 volte, che, effettivamente, «Questo è un buon argomento».

Fino a qui niente di assurdo, direte voi, forse a ragione, anche perché i nostri politici sanno fare anche peggio quando ci si mettono. Ma attenzione, perché arriviamo al podio.

Al terzo posto c’è un’altra gaffe razzista, ancora una volta contro la comunità latina. Trump infatti ha dichiarato che: «Quando il Messico ci manda la sua gente, non manda certo i migliori. Ci mandano quelli che hanno un sacco di problemi. Portano droga, portano criminalità. Sono degli stupratori».

La reazione del partito Repubblicano è stata praticamente unanime: “amico Donald, mi sa che ti è scappata la mano”.

Al secondo posto c’è addirittura un attacco a John McCain, candidato alla presidenza per i Repubblicani nel 2008. Trump ha avuto la brillante idea di scagliarsi contro McCain accusandolo di non essere un eroe di guerra, ma di aver semplicemente sfruttato il fatto di essere stato preso prigioniero in Vietnam.

Nemmeno il più acerrimo nemico di McCain aveva mai osato tanto. Perché l’ex candidato Repubblicano in Vietnam è stato prigioniero cinque anni e mezzo, subendo le peggiori torture. Gioco, partita, incontro? Non ancora.

Al primo posto — finora — c’è un epicfail di quelli pesanti. Donald Trump, infatti, ha twittato un’immagine grafica con uno slogan: “Abbiamo bisogno di una vera leadership. Abbiamo bisogno di risultati. Rimettiamo in corsa gli Stati Uniti!”. Uno slogan abbastanza normale per un candidato repubblicano che aspira a rubare il posto a un presidente democratico. La scelta che forse non è proprio azzeccata è stata quella di usare, come una delle immagini montate dietro la bandiera statunitense (l’ultima in basso), un gruppo di soldati che, invece della divisa americana, hanno quella tedesca. Più precisamente, nazista, delle SS. Ahia.

Provaci ancora Trump.

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