Sono sempre di più le piccole e medie aziende quotate e alla Small Cap Conference del 19 novembre alla Borsa di Milano si sono potute contare e confrontare. Ora sono 71, 18 in più rispetto a un anno fa. Il mercato Aim Italia, nato per far crescere le piccole aziende promettenti, a tre anni di distanza dalla sua fondazione comincia dunque a irrobustirsi. Tra le 36 quotate presenti alla conferenza, la maggioranza ha dato segnali positivi di crescita di fatturato e utile e ha mostrato progressi sul fronte della comunicazione finanziaria.
Ma se queste sono le buone notizie, le criticità ancora non mancano e sono note: scambi limitati e una performance che complessivamente è stata inferiore a quella degli altri mercati di Borsa Italiana. La poca liquidità è legata in primo luogo al basso coinvolgimento dei fondi di investimento. C’entrano le policy che i fondi stessi si sono dati (investire solo su società con un fatturato alto), ma anche limiti esterni. Il decreto 166 del novembre 2014 ne mette ad esempio sui fondi pensione: l’investimento in strumenti finanziari non negoziati nei mercati regolamentati deve essere “mantenuto a livelli prudenziali” e complessivamente contenuto entro il limite del 30% delle loro disponibilità complessive.
I vincoli da eliminare
Il mondo degli investitori e dei “nomad”, coloro che selezionano le aziende e le accompagnano in Borsa, chiede che condizioni come queste siano rimosse. «È necessario che il governo si attivi – si legge in un documento stilato qualche settimana fa dall’incubatore di start up Digital Magics – , con maggiore attenzione e impegno in termini di indirizzo e re-indirizzo regolamentale per dare liquidità al sistema e al mercato della piccola e media imprenditoria e delle startup». Si chiede di rivedere la normativa Consob e Mef in materia e di riconsiderare «i parametri di liquidità utili al fine di permettere posizioni di investimento da parte di Oicr», ossia gli Organismi di investimento collettivo del risparmio.
Un secondo punto da modificare riguarda il flottante, cioè la quantità di azioni emesse da un’azienda quotata. Oggi quello minimo di ingresso è al 10% e secondo gli operatori sarebbe il caso di portare la percentuale al 15-20 per cento, per rendere i titoli più appetibili per gli investitori. Ci si avvicinerebbe così ai requisiti richiesti nei segmenti dedicati alle imprese maggiori: nell’Mta il limite è del 25% e nel segmento Star è pari al 35 per cento.
Le piccole imprese quotate all’Aim Italia oggi sono 71, 18 in più di un anno fa
Infine arriva la richiesta più classica: abbassare le tasse. «Allo stesso tempo – chiede Digital Magics in uno degli otto punti girati al governo – è necessario pensare a nuovi strumenti di agevolazione fiscale che incentivino gli investimenti nelle medie imprese che sostengono aumenti di capitale e che ne garantiscano la loro partecipazione nel medio periodo». Incentivi per chi
I progressi
Alberto Fioravanti, fondatore di Digital Magics e figura di riferimento dopo la scomparsa del Ceo Enrico Gasperini, due settimane fa, ha confermato – come altri protagonisti della Small Cap Conference – l’intenzione di passare a un mercato di un segmento superiore, quando la capitalizzazione crescerà. «Ma la liquidità sull’Aim sta aumentando – ha aggiunto a Linkiesta – perché c’è più offerta e si sta creando una spirale positiva».
Per Alessandro Giglio, fondatore di Giglio Group, dalla quotazione all’Aim della scorsa estate il problema di un listino fermo non si è visto. «Il nostro titolo si muove, ieri (18 novembre, ndr) per esempio sono stati scambiati 140mila euro. Non è poco visto il nostro fatturato (pari a 11,5 milioni di euro, ndr)».
C’è infine da sottolineare, spiega Michelangelo Massara, consulente di My Private Advisor, che gli aumenti di capitale che le Pmi riescono a ottenere tramite la quotazione servono come leva per ottenere finanziamenti maggiori in banca.
Le buone notizie riguardano il numero di imprese e i loro risultati aziendali. Le criticità si chiamano poca liquidità e una performance inferiore a quella degli altri mercati di Borsa Italiana. Per superarle gli operatori chiedono di ridurre i vincoli agli investitori istituzionali
Qual è allora lo stato di salute dell’Aim? «I problemi di liquidità e di performance ci sono e manca un coinvolgimento maggiore degli investitori istituzionali», commenta Kevin Tempestini, ad e fondatore di KT&Partners, società che opera nel settore della consulenza finanziaria ad aziende quotate. «Tuttavia ci sono altre cose da considerare. Un segmento come lo Star ha 15 anni di storia, è un mercato regolato ed è un segmento dell’Mta. Al contrario, l’Aim è un mercato separato dall’Mta, ha solo tre anni di vita e ha bisogno di tempo. Le società sono piccole e seguono una curva di apprendimento nel modo di comunicare. Vediamo però un miglioramento della qualità dei nuovi arrivati, rispetto a prima, perché le aziende sono più strutturate. Inoltre tra le aziende con cui collaboriamo (circa un quinto delle 36 presenti alla Small Cap Conference, ndr) vediamo fatturati e utili in crescita».
Anche sull’Aim le previsioni sono positive: «Mi aspetto un miglioramento all’inizio dell’anno prossimo, a causa dei tassi bassi e della consapevolezza che il mercato è sottovalutato. Credo che ci sarà un re-rating dell’asset class Aim, rispetto ad altri asset class».