TaccolaCina, siamo nelle mani di incapaci

Perché continuano a crollare le Borse cinesi, se i fondamentali dell’economia non sono peggiori delle previsioni? Per l’economista Paolo Manasse le cause sono due: miriade di piccoli investitori senza cultura finanziaria e con molto credito e autorità incompetenti e contradditorie

Se la Cina continua a spaventare il mondo, nonostante l’economia non stia dando segnali peggiori del previsto, ringraziamo due categorie di persone: i piccoli investitori che hanno avuto credito e accesso ai mercati senza alcuna cultura finanziaria. E quelli che di competenza dovrebbero averne, ma si stanno muovendo come elefanti in cristalleria: i regolatori dell’economia cinese, che hanno appena ritirato il meccanismo di blocco automatico delle contrattazioni dopo un paio di giorni dall’introduzione. È così, spiega l’economista Paolo Manasse, che un raffreddore potrebbe trasformarsi in una polmonite, perché le reazioni psicologiche anche se irrazionali possono trasformarsi in guai seri. Per la Cina e per noi.

Professore, alla prima seduta di gennaio, di fronte alla prima sospensione della Borsa di Shanghai e Shenzhen, si era parlato di emotività globale. Ora c’è una nuova caduta della Borsa. Quanto è grave questa crisi?

Se guardiamo i fondamentali, c’è un rallentamento dell’economia cinese, con le difficoltà del passaggio da una crescita che trainata dagli investimenti e dalle esportazione a una che si sposta sui servizi e consumi. Però questo è abbastanza fisiologico e non mi sembra un dramma, almeno se la cosa si fermasse qua. C’è poi il discorso di carattere finanziario che è più complicato, perché ci sono problemi strutturali che rischiano di complicare la situazione.

Quali?

Il primo è la fortissima partecipazione, incentivata negli anni, di piccoli investitori retail, ai quali è stata fornita molta liquidità per investire. Hanno comportamenti erratici, difficilmente prevedibili: per questo ci sono fenomeni di panico finanziario, comportamenti a gregge, bolle speculative. Il secondo ordine di problemi, a specchio, è il comportamento erratico delle autorità di politica economica, che oscillano in maniera vistosa tra comportamenti di mercato e comportamenti di economia di comando. Agiscono con interventi massicci da parte di grandi banche, che ormai già detengono il 7% dei corsi azionari; e con strumenti sia tecnici come il circuit breaker sia di carattere istituzionale. Mi sembra che l’incertezza stia in queste due facce dei mercati finanziari.

Ai piccoli investitori retail è stata fornita molta liquidità per investire. Hanno comportamenti erratici, difficilmente prevedibili: per questo ci sono fenomeni di panico finanziario, comportamenti a gregge, bolle speculative

È stata deludente la reazione delle autorità cinesi alla crisi?

Sì. L’elemento nuovo in questa crisi è proprio il persistere dei dubbi sulla capacità tecnica e di visione delle autorità cinesi nel far fronte a questo tipo di situazioni con strumenti moderni. Si sarebbe potuto auspicare che avessero imparato la lezione, ma il fatto che abbiano introdotto un blocco automatico delle transazioni (il cosiddetto circuit breaker) e l’abbiano subito levato, può rafforzare questi dubbi.

Non deve preoccupare la svalutazione dello yuan?

No, perché si tratta di una svalutazione di ordine irrisorio. Ha effetti perché segue periodi di cambio fisso. Ma negli ultimi anni il cambio reale dello yuan si è rivalutato del 20-25%. C’è stata una fortissima perdita di competitività ed è fisiologico che ci sia un deprezzamento del cambio nominale. Quello che manca è una “forward guidance” cinese: se le autorità dessero una qualche forma di obiettivo sul sentiero del cambio che loro desiderano perseguire, questo leverebbe incertezza e tranquillizzerebbe i mercati. Il fatto che questa cosa non si sappia genera incertezza e rafforza le fughe di capitale e le fughe dalla Borsa.

L’elemento nuovo in questa crisi è il persistere dei dubbi sulla capacità tecnica e di visione delle autorità cinesi. Il fatto che abbiano introdotto un blocco automatico delle transazioni e l’abbiano subito levato li rafforza

Perché allora nasce la paura e a che cosa andiamo incontro?

I mercati si spaventano perché alcuni segnali di rallentamento, che come abbiamo detto sono piccoli, fanno pensare a un possibile crollo della crescita e a un possibile crollo della moneta. Questo provoca a sua volta il fatto che tutti cerchino di vendere le azioni e sbarazzarsi dei reminbi per evitare conseguenze. Sono soprattutto fenomeni di carattere psicologico. Ma i fenomeni di carattere psicologico possono poi portare a dei problemi seri.

Quanto seri?

Se le valutazioni degli asset in cui le grandi banche hanno investito crollano, le conseguenze sul bilancio delle banche potrebbero essere drammatiche. A questo punto si potrebbero innescare, con la crisi dei mercati finanziari, grossi problemi sul lato della solidità delle banche, con tutti i riflessi sull’economia che conosciamo molto bene.

Sono soprattutto fenomeni di carattere psicologico. Ma i fenomeni di carattere psicologico possono poi portare a dei problemi seri

Che reazione ha avuto sentendo l’analisi di George Soros, che questa crisi ricorda quella del 2008?

Abbastanza scettica. Certo non bisogna sottovalutare la possibilità che le crisi si autoalimentino. Ma non vedo un collegamento con la crisi del 2008. Quella è stata una crisi del subprime negli Usa esportata come crisi dei debiti in Europa. In questo caso non ci sono titoli tossici. Forse l’elemento in comune è il deficit di sorveglianza e l’eccesso di credito precedente, che in questo caso ha generato una caduta dei corsi. Ma questo è un classico delle crisi di questo tipo.

Cosa ci dobbiamo aspettare, quindi?

Se dovessi fare una scommessa, penserei che a meno che ci siano altri inneschi, come la crisi tra Iran e Arabia Saudita, la cosa si risolva come nel caso precedente, lo scorso agosto: con paura ma senza conseguenze.

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