“Cu nesci arrinesci”, chi esce riesce. La massima siciliana si adatta agli expat di tanti settori e sicuramente ai direttori d’orchestra. L’ultimo colpo è la designazione di Gianandrea Noseda, 51enne direttore del Teatro Regio di Torino, alla direzione musicale della Washington’s National Symphony Orchestra. Con lui, che continuerà a guidare il Regio, sono quattro i maestri italiani alla testa di istituzioni musicali statunitensi di primo livello. Uno non ha bisogno di presentazioni: Riccardo Muti (73 anni), alla guida della Chicago Symphony Orchestra dal 2010. Alla San Francisco Opera è direttore musicale dal 2009 Nicola Luisotti (54 anni, dal 2012 alla guida anche del San Carlo di Napoli), mentre Corrado Rovaris dirige la Philadelphia Opera dal 2005. C’è poi Fabio Luisi, che in aggiunta al suo ruolo come direttore musicale dell’Opera di Zurigo, occupa la posizione di principale “conductor” alla New York Metropolitan Opera. In quello che è probabilmente il teatro d’opera più importante al mondo assieme alla Scala è un habituè sul podio Marco Armiliato, 50 anni.
L’ultimo colpo è la designazione di Gianandrea Noseda alla direzione musicale della Washington’s National Symphony Orchestra. Con lui sono quattro i maestri italiani alla testa di istituzioni musicali statunitensi di primo livello
Se questi sono i grandi nomi, dietro di loro è cresciuta una generazione di talenti che sta facendo furore nei templi della musica internazionale. A celebrarli ci ha pensato l’Economist, che ha messo in fila i più noti. Quando a febbraio Il Barbiere di Siviglia debutterà all’Opèra di Parigi, il direttore sarà Giacomo Sagripanti, 33 anni. Sempre all’Opèra di Parigi ci sarà un pienone di conduzioni italiane: Michele Mariotti per La Traviata, Luisotti e Pier Giorgio Morandi per il Rigoletto e Daniele Calligari per Il Trovatore. «Ora i direttori italiani sono ovunque», scrive l’Economist, che cita l’effetto Federer: un professionista famoso ispira moltissimi giovani a seguirne il percorso. Vale per il tennis svizzero e per la musica italiana, dove erano più celebri i cantanti lirici dei direttori d’orchestra (Toscanini a parte) e dove una tradizione si è formata all’ombra di Claudio Abbado e Riccardo Muti.
È l’effetto Federer: un professionista famoso ispira moltissimi giovani a seguirne il percorso. E in Italia una generazione di talenti è cresciuta all’ombra di Muti e Abbado. Nonostante una situazione disastrosa dei teatri d’opera
Quello che aggiunge il settimanale britannico è un ritorno alla realtà. «Che ci sia una generazione di italiani più giovane di Abbado e Muti può non essere sorprendente. Quello che è straordinario è che uomini di 20 o 30 anni abbiano scelto di fare i direttori d’orchestra come carriera, dato che i teatri d’opera italiani sono in cattivo stato: le produzioni sono frequentemente cancellate e gli artisti sono pagati in ritardo».
Uscire dei confini è un modo per superare i magri compensi in Italia. Come ha fatto il 32enne Daniele Rustioni, che all’Economist racconta di essere stato «forzato ad andare via!, destinazione Royal Opera House, Berlin Staatsoper e Bayerische Staatoper, dopo che il Petruzzelli di Bari non poteva più pagargli i compensi. Dei 13 teatri d’opera italiani, d’altra parte, solo La Fenice di Venezia ha un bilancio in attivo. Fuori dalla Scala, conclude il settimanale, a causa dei problemi di budget, la prassi dei teatri d’opera italiani è di aspettare l’ultimo minuto e di prendere chiunque sia disponibile a un prezzo ridotto.