All’alba del 10 febbraio 1962, avvolti dalla cortina del gelo dell’inverno berlinese e della Guerra Fredda in corso tra i blocchi guidati dalle due superpotenze di allora, Russia e Stati Uniti, James B. Donovan, un avvocato americano, esperto di diritto assicurativo, muove i primi passi per raggiungere il centro del Ponte di Glienicke, che a dispetto di ogni muro ancora univa le neonate Berlino Est e Ovest. Al suo fianco, pacato e prudente, Rudolf Ivanovich Abel, condannato da un tribunale americano come capo dello spionaggio russo negli Stati Uniti. Dall’altra parte del ponte, adeguatamente scortato, cammina Gary Powers, pilota americano abbattuto e catturato dai russi durante una missione di spionaggio dall’esito infelice.
Lo scambio tra le due spie fu possibile solo grazie alle grandi capacità negoziali di un “uomo tutto d’un pezzo” , l’avvocato Donovan, oggi noto al grande pubblico grazie all’ultimo film del regista americano Steven Spielberg intitolato “Il Ponte delle Spie”, ispirato dal libro scritto sulla vicenda dallo stesso Donovan, “Strangers on a Bridge”.
Lo scambio tra le due spie fu possibile solo grazie alle grandi capacità negoziali di un “uomo tutto d’un pezzo” , l’avvocato Donovan, oggi noto al grande pubblico grazie all’ultimo film di Steven Spielberg intitolato “Il Ponte delle Spie”
Donovan, classe 1916, nato a New York, laureato in legge a Harvard, arruolato nella Marina Militare durante il secondo conflitto mondiale, svolse il ruolo di assistente dell’accusa durante il processo di Norinberga.
Prevalentemente dedito al diritto delle assicurazioni, negli anni in cui la tensione della Guerra Fredda aveva raggiunto il suo picco, Donovan fu investito inaspettatamente della difesa della spia russa Rudolf Abel, esponendo poi sé e la sua famiglia a un massacro mediatico e considerato alla stregua di un traditore per avere deciso a quel punto di svolgere con la massima professionalità l’incarico assegnatogli, cercando di tutelare pienamente i diritti del proprio cliente.
Donovan riuscì a evitare la condanna a morte di Abel e la spia russa divenne così successivamente utile merce di scambio per il rilascio del pilota americano fatto prigioniero dai russi. Partito per Berlino, Donovan negoziò lo scambio tra le spie e lo portò a termine con successo, riportando Powers in patria. Divenne un eroe per la stampa americana e seguì poi nel corso della sua vita molte altre negoziazioni per incarico del governo tra cui, nello stesso anno dello scambio sul ponte di Berlino, il rilascio migliaia di prigionieri a Cuba durante la crisi della Baia dei Porci. Donovan è morto nel 1970.
Donovan era un uomo per bene, un professionista capace e un abilissimo negoziatore. “A stubborn hope”, una speranza cieca, determinata, al limite della cocciutaggine di un uomo assolutamente normale: questa speranza – pare solesse dire Donovan – era quella che lo aveva sempre sostenuto e che al contempo egli aveva sempre cercato di alimentare nelle sue trattative negoziali.
Intervistata da Rolling Stones in occasione dell’uscita del film sul padre, Mary Ellen Donovan ha dichiarato che «l’arte della negoziazione è oggi più che mai al centro dell’attenzione. Se le persone venissero ascoltate di più ci sarebbero meno conflitti. Tutti sono così sicuri di se stessi, pensano che il modo giusto sia solo il loro, e ascoltano poco. Questo non è il modo in cui ragionava mio padre».
https://www.youtube.com/embed/8JICEhUw9C0/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-ITAl di là della sublime arte cinematografica espressa nel film e dei necessari toni narrativi epici, frutto della sceneggiatura dei fratelli Coen, l’occhio sapiente di Spielberg ha colto alcune componenti essenziali dell’arte negoziale e delle capacità che la sottendono.
Donovan , sappiamo da chi lo ha conosciuto, era un uomo pacato, corretto e perseverante. Ma non gli sarebbe bastato. Era un uomo propositivo, attento alle ragioni degli altri, in ascolto. Non c’è una volta nel film per esempio in cui Tom Hanks, che interpreta mirabilmente l’avvocato negoziatore, interrompa qualcuno mentre parla, anche quando viene attaccato, provocato, a sua volta interrotto.
Non c’è una volta in cui indulga a una polemica. La forza di questo personaggio è la sua incessante e instancabile capacità di guardare avanti quando sarebbe più facile volgere lo sguardo indietro e coltivare il rancore, di guardare oltre, quando tutti guardano meschinamente in basso, di sforzarsi di trovare tra sé e gli altri davvero un ponte, mentre gli altri sono impegnati a demolirli. Quello stesso ponte che lo porterà, in un cupa alba dell’inverno berlinese e dell’inverno delle relazioni internazionali tra i due blocchi in cui allora si divideva il mondo, a scrivere, anche grazie – se non soprattutto – per le sue capacità negoziali, una pagina bellissima nella storia dell’uomo, lasciandoci in eredità un insegnamento confortante e insieme una “stubborn hope”.