Rai-politici, i dieci motivi dello “scazzo”

Il casus belli è il veto posto agli esponenti del Pd a Ballarò, il programma condotto da Massimo Giannini. Ma la "guerra" ai dirigenti è iniziata con la nomina

Era ora. Giornalisti e opinionisti cominciano a svegliarsi. Meglio tardi che mai, si sono accorti che, detta in soldoni, la politica vuol riprendersi la Rai. Più nello specifico, è una parte della politica, una parte del Pd in particolare, a voler dettare regole, influenzare nomine, scelte, epurazioni e promozioni. La campagna contro i nuovi vertici di Viale Mazzini, nominati dal premier Renzi a inizio agosto, in verità è cominciata già da qualche mese. Ma ora siamo al culmine.

La posta in gioco è alta. E allora le parti che si sentono escluse alzano la voce. Nel mio piccolo, ne scrivo da diversi giorni. L’ultimo casus belli è stato il “veto” imposto agli esponenti del Pd a Ballarò di Massimo Giannini, dato da molti come già giubilato dalla “Rai renziana”, e quindi propenso a vendicarsi. In realtà, si è presto capito che era necessario un riequilibrio delle presenze nel talk show, troppo sbilanciate proprio a favore dei dem.

Per comprendere meglio lo scazzo in atto tra alcuni politici e i vertici Rai, prima di tentare qualche considerazione, può servire mettere in fila i fatti dell’ultima, ottima annata.

1) Dopo lunga ricerca, tra qualche diniego e autocandidati non convincenti, il 6 agosto Renzi sceglieAntonio Campo Dall’Orto come direttore generale della Rai. Monica Maggioni è la presidente.

2) A fine novembre Campo Dall’Orto nomina Carlo Verdelli direttore editoriale dell’informazione. Va in soffitta la riforma dei tg incentrata sulle newsroom, voluta da Gubitosi e studiata da Nino Rizzo Nervo (ex Margherita) e Valerio Fiorespino.

L’ultimo casus belli è stato il “veto” imposto agli esponenti del Pd a Ballarò di Massimo Giannini, dato da molti come già giubilato dalla “Rai renziana”, e quindi propenso a vendicarsi. In realtà, si è presto capito che era necessario un riequilibrio delle presenze nel talk show

3) Il 22 dicembre il Senato riforma la governance trasformando il dg in amministratore delegato. Lo scopo è concentrare le decisioni, snellire le burocrazie e frenare le interferenze. Il superdg ha mano libera nella nomina dei “dirigenti apicali” e potere di spesa fino a 10 milioni.

4) Il 9 febbraio Michele Anzaldi, commissario di Vigilanza (ex portavoce di Rutelli) rilascia un’intervista al Corriere della Sera: «Sui nuovi vertici Rai ci siamo sbagliati. Arroganti, sono peggio dei predecessori». Ma lo sanno «come sono arrivati lì? Ce li abbiamo messi noi della Vigilanza, con una serie di votazioni a catena complicatissime. E adesso non vedono, non sentono, non parlano». Cioè, non ci consultano per le nomine.

5) Il 17 febbraio vengono annunciati i nuovi direttori di rete: Andrea Fabiano a Raiuno, Ilaria Dallatana a Raidue, Daria Bignardi a Raitre, Gabriele Romagnoli a RaiSport. Mentana sottolinea il ruolo di suggeritore dietro le quinte di Giorgio Gori.

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