L’ascesa del Fintech, cioè lo sviluppo di servizi finanziari in versione digitale, è come un terremoto per i sistemi bancari tradizionali: scuote le strutture obsolete degli istituti e permette, ai risparmiatori, ai accedere a nuove soluzioni di investimento e gestione del risparmio. Sarà il futuro: lo sostiene l’ultimo “PwC Global Fintech Report 2016” e anche le banche tradizionali (il 42%, almeno) si stanno muovendo per creare delle partnership con le startup del Fintech.
I vantaggi del Fintech sono numerosi, ma si possono riassumere in una formula semplice: la democratizzazione dei servizi bancari. Con i nuovi strumenti, ad esempio il peer to peer, è più facile, anche per i risparmiatori meno promettenti, accedere ai prestiti. È più semplice, grazie ai robo-advisor, fare investimenti con cifre molto piccole (cosa che, negli istituti tradizionali, non è quasi mai possibile). Non solo: costa di meno (la tecnologia permette di evitare molte esternalità che le banche ancora non riescono a togliersi di dosso) e ha un approccio olistico, basato sui data e sull’analisi. Questo permette di conoscere e ridisegnare servizi e soluzioni di investimento ad hoc, cioè tagliati sulle esigenze e le possibilità del risparmiatore.
È una rivoluzione, fatta anche di trasparenza (in rete le informazioni sono più accessibili, vengono condivise in tempo reali e sono confrontabili) e di rispetto per il cliente (cosa che, spesso, viene dimenticata dalle banche). Un terremoto che scuote il mondo del credito e del risparmio e che, come molte cose in questa epoca, discende dall’innovazione.