Chi pagherà il piano di Trump sulle tasse?

La riduzione delle tasse su imprese e persone presentata da Donald Trump potrebbe costare tra i 3000 e i 7000 miliardi di dollari. Quando Reagan propose il suo taglio delle tasse del 1981 la crescita non compensò i mancati introiti se non dopo molti anni

Il documento sulla riduzione delle tasse presentato nei giorni scorsi dal presidente Usa Donald Trump è lungo una sola pagina. La misura da copertina è la riduzione della tassa sul reddito delle imprese dal 30% al 15%. A questa si aggiunge una leggera sforbiciata delle imposte personali (riducendo il numero degli scaglioni).

Diminuire le tasse ha però un costo. La Committee for a Responsible and Federal Budget lo ha stimato in questo caso tra i 3000 e i 7000 miliardi di dollari, un conto non da poco. Per coprire un ammanco del genere per le casse dello Stato ci sono due modi: o creare nuovo debito, oppure ridurre la spesa pubblica. Se si è molto ottimisti, si potrebbe sostenere che l’attività economica crescerà per via della riduzione delle tasse e che il gettito fiscale potrebbe per questo aumentare.

I precedenti storici sono controversi sulla validità di questa teoria – e questo lo sanno anche i repubblicani americani. Quando Reagan propose il suo taglio delle tasse del 1981, che studiò per più di un anno con il contributo di diversi consulenti dentro e fuori dall’amministrazione, era motivato dalla stessa idea, ispirato dall’impulso dell’economista Arthur Laffer. Purtroppo la crescita non compensò i mancati introiti se non dopo molti anni e il presidente americano dovette correggere il tiro alzando parzialmente alcune imposte.

Il quadro politico complica ancora di più la situazione (…)

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I democratici difficilmente sosterranno un taglio delle tasse che sembrerebbe sbilanciato verso i più ricchi. I repubblicani, dal canto loro, vorranno evitare di aumentare la spesa pubblica. Questo vuol dire che l’unico modo per finanziare la riforma nel breve è il taglio della spesa pubblica

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