La tecnologia non ci renderà meno umani, perché l’evoluzione è mutamento

Noi siamo davvero umani se dell’umano prendiamo e sviluppiamo le spinte vitali, il senso dell’impresa, la voglia di esplorare e di evolvere, il continuo lavoro sui propri margini di miglioramento. L’umano non va difeso, va espanso

Se il popolare slogan “restiamo umani” mi ha sempre profondamente infastidito non è soltanto perché spesso è stato ipocritamente usato per fini ideologici. La mia insofferenza nasce dal rugginoso odore di conservazione che emana da quel “restiamo”. No, non siamo davvero umani se “restiamo” umani: se “restiamo umani” noi mortifichiamo l’umano, lo identifichiamo con le sue virtù mediocri. Noi siamo davvero umani se dell’umano prendiamo e sviluppiamo le spinte vitali, il senso dell’impresa, la voglia di esplorare e di evolvere, il continuo lavoro sui propri margini di miglioramento. L’umano non va difeso, non va conservato: l’umano va espanso, come hanno fatto quanti – non pochi – prima di noi hanno costruito, inventato, scoperto qualcosa fino ad allora sconosciuto o inesplorato, allargato orizzonti, cresciuto figli che li avrebbero superati, messo al mondo nuovi valori. Tutta l’evoluzione ha funzionato così: se ci si fosse affidati a chi voleva soltanto restare umano, non ci sarebbe mai stata alcuna umana evoluzione.

Oggi, poi, noi esseri umani siamo chiamati a una sfida senza precedenti per espandere come mai prima i confini dell’umano. Il mutamento tecnologico e comunicativo, l’esplorazione del nostro DNA individuale, mille altre cose, ci stanno prepotentemente invitando a sviluppare il nostro potenziale fisico, mentale, psicologico, vitale. L’età media delle nostre esistenze si è dilatata, la nostra mente si è fatta orizzontale e connettiva, dedichiamo molta più attenzione all’allenamento e al nutrimento del corpo, abbiamo a disposizione tutto il pianeta in diretta e tutte le conoscenze della storia.

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