Parma, 26 agosto 2007. Fa caldo, il sole picchia in diagonale sul verde del prato del Tardini, un verde e un prato innaturali come lo sono tutti, dalla serie B in avanti. Silvio Baldini è stato appena espulso dall’arbitro Stefanini ma non ha intenzione di uscire dal campo. Dalle tribune piovono insulti vari, alcuni si perdono nell’aria ancora torrida e altri arrivano fino al campo ma sono smorzati, confusi. I tifosi pensano che Baldini stia perdendo tempo per conservare il pareggio, un 2-2 maturato in un primo tempo pieno di capovolgimenti di gioco ed errori grossolani e che adesso, dopo 40 minuti di assoluto niente, appare lontanissimo. L’allenatore del Parma, Domenico Di Carlo, prova a farsi carico del sentimento popolare – erroneo, incosciente, stravolto come lo è sempre dal desiderio di un assedio finale e di un gol all’ultimo minuto che non arriva quasi mai e, quando arriva, arriva sempre per caso – e protesta vibratamente. Con l’arbitro, con i guardalinee, con Baldini.
Ma Baldini non sta perdendo tempo. Baldini è perfettamente consapevole che la partita è finita da un pezzo e passerà agli annali come un pareggio ricco di gol, perché così dice il tabellino, ma povero in canna di emozioni, perché è così che è andata la partita anche se tra qualche settimana nessuno se lo ricorderà più. Baldini non vuole uscire dal campo perché è incazzato e perché sa che quel pareggio è immeritato, frutto della pochezza avversaria e della buona sorte. È la sua prima partita in Serie A dal 23 gennaio dell’anno scorso, sconfitta ad Ascoli condita dall’esonero. Baldini allena il Catania da una mezza estate e ha già avuto modo di farsi i suoi conti. La squadra è una mezza schifezza. Il Catania rischia seriamente di retrocedere, lui rischia altrettanto seriamente il quarto esonero in quattro anni e la sua stella rischia inesorabilmente di prendere a tutta velocità la curva che la porterà lontana dal firmamento del calcio che conta. Il Parma invece – quel Parma che due anni prima era suo ma che in fondo non gli è mai appartenuto – potrebbe fare un buon campionato. I giocatori ci sono, vecchi e giovani, esperti e affamati. Il pubblico è ormai un pubblico nobile e Di Carlo è rimasto in giacca e cravatta nonostante il caldo. Nobiltà, firmamento del calcio che conta e quel dannato pelato che continua a dargli fastidio, con i suoi movimenti misurati, le parole misurate, il gioco avvolgente senza brio. Ma perché non suda? Perché Baldini ha la sensazione che farà una carriera più lunga della sua? Dove sono tutti quelli che lo consideravano il futuro grande allenatore italiano? Schiacciato dal caldo, dal fallimento che incombe già ad agosto, dagli insulti che non riesce a cogliere e dalle mani veloci e ossute di Di Carlo, Silvio Baldini gli molla un calcio in culo. Così, come se fosse una cosa di questo pianeta.
Schiacciato dal caldo, dal fallimento che incombe già ad agosto, dagli insulti che non riesce a cogliere e dalle mani veloci e ossute di Di Carlo, Silvio Baldini gli molla un calcio in culo. Così, come se fosse una cosa di questo pianeta.