Immagina di essere un ragazzo che ha perso il proprio pallone da basket. Sei in Cina, a Pechino per essere precisi. Non hai voglia di chiedere ai tuoi amici dell’università un pallone in prestito, ma hai comunque voglia di giocare. Che fai? Semplice, crei una start-up per condividere palloni da basket al campetto. Questa è la storia di Nate Liu, studente dell’università di Pechino, che affitta palloni di basket tramite distributori accanto ai campi da gioco. 2 yuan all’ora, poco più di 25 centesimi. La semplicità sta nel fatto che è, ovviamente, tutto a portata di smartphone: si passa il cellulare vicino al distributore automatico, si libera lo slot per il pallone e via a giocare. E, in Cina, il mercato della sharing economy è ancora in espansione.
Negli ultimi anni la sharing economy ha rivoluzionato il mercato mondiale: condivisione, sostenibilità e accessibilità sono le parole d’ordine per sconfiggere la proprietà. E in questo campo innovativo la Cina sta diventando il leader mondiale. Secondo un report del World Economic Forum, l’intero settore della sharing economy cinese valeva 229 miliardi di dollari nel 2015 e crescerà del 40% per i prossimi 5 anni, diventando il 10% del Pil cinese entro il 2020. Numeri ambiziosi, che derivano dalla grande domanda interna cinese (il 64% della crescita del Pil cinese deriva da questa voce). Per dare un’idea dell’evoluzione del fenomeno, durante il 2016 sono state coinvolte nella sharing economy 600 milioni di persone, 100 milioni in più del 2015 e sono stati creati 5,85 milioni di posti di lavoro, 850mila in più rispetto all’anno precedente. E tra le storie di successo non c’è solo quella del giovane Nate Liu e dei palloni da basket, come è facile immaginare.
Per dare un’idea dell’evoluzione del fenomeno, durante il 2016 sono state coinvolte nella sharing economy 600 milioni di persone, 100 milioni in più del 2015 e sono stati creati 5,85 milioni di posti di lavoro, 850mila in più rispetto all’anno precedente
Recentemente Didi Chuxing, il gemello cinese di Uber, è diventata la più grande start-up cinese intercettando un finanziamento di 5,5 miliardi di dollari portando il valore dell’azienda a circa 50 miliardi. Una cifra enorme, che ha permesso alla start up fondata nel 2012 di essere seconda solo a Uber a livello globale. Ma Didi Chuxing non si vuole fermare qui e, per puntare alla leadership della concorrente americana, vuole espandersi a livello globale. Qualche mese fa, infatti, l’azienda cinese ha investito circa 100 milioni di dollari nel settore del car sharing in Brasile. I mercati asiatici e dell’America Latina possono dare nuova linfa alla start-up cinese: Uber è avvisata.
Ma nel mondo sharing non ci sono solo storie di successo: è il caso di E Umbrella, la società che affitta ombrelli nei dintorni delle stazioni ferroviarie e delle metropolitane. Alla modica cifra di 6 centesimi ogni mezz’ora, più 2 euro e 50 centesimi per disincentivare i furti. Per farlo, come al solito, bastava scannerizzare un QR code con il proprio smartphone e utilizzare il proprio codice per sbloccare l’ombrello. Nonostante l’idea fosse sicuramente utile e originale, non tutto è andato come previsto: quasi 300mila ombrelli non sono stati riportati ai box, persi o rubati. Una grave perdita per la start-up, considerando il costo di ogni ombrello con Gps stimato attorno ai 7,5 euro. Ma, nonostante ciò, il fondatore non demorde e intende mettere a disposizione 3 mln di ombrelli entro la fine dell’anno, in tutta la Cina. Magari, prevedere una penale per gli ombrelli non restituiti potrebbe essere d’aiuto.
L’espansione della sharing economy cinese è una buona notizia, per la Cina e per il mondo intero. Rendere sostenibile il consumo di una delle più grandi economie globali è fondamentale a livello ambientale, per la salvaguardia del nostro pianeta. Il successo della sharing economy cinese è sicuramente dovuto all’enorme numero di abitanti presenti in Cina, ma il risultato ottenuto è senza dubbio importante. La prossima sfida per l’economia cinese – cominciata già dal 2016 – è quella della regolamentazione, per rendere strutturale la crescita della sharing economy ed evitarne il fallimento.