Probabilmente a causa di un eccesso di fiducia, l’investitore italiano si ritiene in grado di assumere decisioni corrette in tema di risparmio, bilancio familiare e controllo delle spese quotidiane, visto che in realtà, possiede bassissimi livelli di conoscenze finanziarie. È quanto emerge dal rapporto Consob 2016 sulle scelte d’investimento delle famiglie italiane con specifico riferimento ai loro approcci e attitudini comportamentali.
Non solo i livelli di alfabetizzazione finanziaria sono bassi, ma addirittura stanno peggiorando. Un esempio? Il 57% degli italiani non conosce il corretto significato del termine “inflazione” (era il 47% lo scorso anno) e percentuali ancor più alte si registrano tra coloro che ignorano le nozioni di base sui prodotti d’investimento più̀ diffusi. Non deve quindi sorprendere se la stragrande maggioranza degli intervistati non riesce a comprendere l’attuale andamento dei mercati e i nuovi fenomeni congiunturali primo fra tutti il bassissimo livello dei rendimenti sui titoli di Stato.
La scarsa conoscenza degli strumenti finanziari è accompagnata anche dalla tendenza a non comprendere cosa si intenda con il termine “consulenza finanziaria”. Circa il 60% degli intervistati non conosce i servizi d’investimento previsti dalla normativa vigente. Quanti di noi sanno ad esempio, che acquistando un prodotto finanziario allo sportello di una banca si paga (e quindi si dovrebbe pretendere) per un servizio di consulenza pre e post vendita? Gli investitori intervistati nell’indagine mostrano generalmente una bassa disponibilità a pagare per un servizio di consulenza, un’elevata difficoltà nel valutare la qualità dei consigli ricevuti e ritengono poco importante lo scambio informativo. L’altro ammonimento della Consob è rivolto alla elevata avversione al rischio degli investitori italiani, e alla mancanza di comprensione della relazione rischio/rendimento. Nel 2015 si è drasticamente abbassata la quota di ricchezza detenuta in azioni (-43%), mentre è aumentata la propensione a detenere strumenti liquidi. Questo atteggiamento e la mancanza di capacità di valutare correttamente il rischio legato ad un investimento spiega anche la preferenza per le obbligazioni bancarie rispetto ai titoli di Stato.
Gli italiani tendono a concentrare i loro investimenti in pochi titoli che credono di conoscere. In tema di scelte allocative di portafoglio, gli intervistati hanno mostrato alcune distorsioni comportamentali. Il 20% si è detto propenso ad investire una piccola somma di denaro in una sola attività̀ finanziaria, il 18% preferisce comprare solo titoli conosciuti ed infine il 10% è disposto ad investire in pochi titoli per incapacità di elaborare il flusso informativo. Dai numeri emerge che il concetto di diversificazione è compresa soltanto dal 6% degli intervistati, mentre il 52% ne coglie solo un aspetto. Infatti si dichiara disposto ad investire in numerosi titoli a basso rischio oppure a scegliere investimenti a basso rischio e ad alto rendimento, ignorando del tutto il trade-off tra rischio e rendimento. La cosa sorprendente è che anche coloro che hanno un livello di conoscenza finanziaria elevato commettono errori: se da un lato infatti la diversificazione è correttamente intesa come la riduzione della rischiosità del rendimento del portafoglio dovuta alla presenza di numerose attività finanziarie il cui andamento è de-correlato, dall’altra faticano a comprendere la relazione rischio-rendimento.
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