Basta parlare di “fat pride”: non c’è niente di buono nell’essere grassi

Non è una condizione salutare, non fa bene e non vale come le altre. Uno stile di vita sano non prevede l’obesità, anzi, la sconfigge. Chi dice il contrario mente e pensa solo ad accarezzare l’ego delle persone sovrappeso

Si può esagerare nel combattere una discriminazione? Se il caso in questione sono le persone sovrappeso, sembra proprio di sì. Il movimento della cosiddetta “body positivity”, nato per contrastare il modello – giudicato troppo severo e sbagliato – della magrezza a ogni costo ha anche le sue buone ragioni. È giusto dire no alle modelle anoressiche, ed è giustissimo combattere le discriminazioni cui sono soggette le persone sovrappeso. Ma parlare di “orgoglio grasso”, dall’inglese “fat pride”, be’, forse è un po’ troppo.

Anche senza forse. Normalizzare l’obesità, come scrive questo (a sorpresa) condivisibile articolo del Guardian, è sbagliato. Come è sbagliato far credere che non ci sia nulla di sbagliato nell’essere grassi. Ed è sbagliato pensare che le critiche mosse dai medici e dalle associazioni siano espressione di pregiudizio e non, come invece sono, una forma di preoccupazione sanitaria. Perché essere grassi non è sano, non fa bene, non è una scelta come un’altra e di sicuro non è niente di cui essere orgogliosi. Meglio smettere subito di dire queste cose. Poi certo, la crudeltà di chi discrimina e prende in giro le persone grasse è da reprimere. Ma anche esagerare nel senso opposto non è molto intelligente.

Essere grassi fa male: è la seconda causa di cancro legato allo stile di vita. Mette a rischio l’attività cardiaca, aumenta l’incidenza del diabete, mette in difficoltà la pressione, è causa di osteoartiti, di difficoltà respiratorie, di deambulazione e tante, tantissime altre cose. Fare campagne contro l’obesità non può tenere conto dell’ego delle persone: pazienza. Serve per parlare di salute, e su quella non c’è orgoglio che tenga.