I voucher potrebbero tornare, nel silenzio generale. E la voce che più manca è quella della Cgil. Il sindacato di Corso d’Italia nel 2017 aveva raccolto firme, indetto un referendum e organizzato manifestazioni di piazza contro il governo a guida Pd per abolire i buoni lavoro. Ma davanti alla proposta del nuovo governo Lega-Cinque stelle di reintrodurli, a cominciare dall’agricoltura, non si è vista nessuna levata di scudi. Se non una timida dichiarazione della Flai, il sindacato di categoria degli agricoltori, contro il pericolo di cancellazione della stagionalità.
Niente bandiere, niente aut aut dalla Cgil, che con l’anima pentastellata del governo intrattiene invece buoni rapporti. Oltre a essere sotto congresso, e quindi molto attenta ai già precari equilibri interni. I pensionati cigiellini, che costituiscono quasi la metà dei 5,4 milioni di tesserati, d’altronde sono tutt’altro che contrari al ritorno dei voucher.
L’annuncio del ripristino dei buoni lavoro è arrivato sì per bocca del ministro dell’Interno Matteo Salvini, che dal palco del Festival del Lavoro di Milano ha invaso il campo d’azione del collega vicepremier e ministro del Lavoro Luigi Di Maio. Ma la reintroduzione dei voucher si trovava già a pagina 29 del contratto di governo firmato e sottoscritto anche dai Cinque Stelle. Gli stessi grillini che nel 2017 avevano appoggiato in pieno la campagna della Cgil contro il Pd per abolirli. Con l’allora vicepresidente della camera Di Maio che li definì «una forma di schiavitù». Dopo la diffusione del testo del contratto di governo, Susanna Camusso in un’intervista al Fatto Quotidiano parlò di «allarme rosso». Facendo poi calare il silenzio sul tema.
I nuovi voucher inizialmente dovevano entrare a far parte del “Decreto Dignità” di stampo cinquestelle, ma poi – visto il tema caldo – il governo ha preferito rimandare la discussione e affidare la decisione del Parlamento. Dove già Forza Italia ha annunciato per mercoledì 4 luglio la presentazione di una sua proposta di legge per la reintroduzione dei buoni in agricoltura, nei settori alberghiero e turistico balneare e nei lavori domestici. Con l’auspicio, come ha dichiarato Anna Maria Bernini, capogruppo di Forza Italia al Senato, che «la Lega, tenendo fede al programma di centrodestra, sia della partita per ottenere l’immediata calendarizzazione in commissione e una rapida approvazione sia al Senato sia alla Camera».
Niente bandiere, niente aut aut dalla Cgil, che con l’anima pentastellata del governo intrattiene buoni rapporti. Oltre a essere sotto congresso, con i pensionati cigiellini, che costituiscono quasi la metà dei tesserati, tutt’altro che contrari al ritorno dei voucher
D’altronde Salvini lo ha già detto: «I voucher sono stati cancellati ipocritamente per scelta politica». Davanti al pericolo della campagna referendaria guidata dalla Cgil e sostenuta dai Cinque stelle, il governo Gentiloni corse ai ripari eliminando i voucher con un decreto ed evitando così il referendum. Una resa del Pd di fronte al rischio di un’ennesima sconfitta, e una vittoria della Cgil, che vedeva i voucher come il “male assoluto” e non era disposta a trattare. Nemmeno sull’agricoltura, dove i buoni lavoro erano molto utilizzati nelle raccolte stagionali. Tant’è che quando il governo Gentiloni introdusse gli “eredi” dei voucher – sottoforma di “libretto di famiglia” e “contratto di prestazione occasionale” – il sindacato tornò di nuovo in piazza contro quelli che definì “una nuova forma di precarietà”.
Ora però il vento è cambiato. I rapporti tra il nuovo ministero del Lavoro guidato da Di Maio e la Cgil sono più che stretti. Nel cerchio dei consulenti scelti da Di Maio, si trovano nomi come quello del giuslavorista Piergiovanni Alleva, consigliere regionale in Emilia Romagna con un passato nella consulta giuridica della Cgil, e pure quello di Marco Barbieri, ordinario di diritto del lavoro all’Università di Foggia, dirigente di Leu e vicino alla Cgil. Non a caso, le restrizioni sui contratti al tempo determinato e sulla somministrazione inseriti nel “Decreto Dignità” rispecchiano appieno le richieste della Cgil presenti nella “Carta per i diritti del lavoro”. I “programmi” del sindacato e del M5s da tempo hanno più di un punto in comune. Tanto che qualche dirigente della Cgil si è già spinto (come abbiamo scritto) a fare coming out, ammettendo di averli votati e riconoscendo al movimento un impegno particolare a favore dei lavoratori.
Ecco perché sui voucher, forse, il sindacato di Corso d’Italia, è disposto a fare un’eccezione. Soprattutto ora che è stato aperto il congresso e la poltrona di Susanna Camusso traballa. D’altronde, mentre Camusso nel 2017 tuonava contro i voucher, i pensionati della Cgil rilasciavano invece interviste contrarie all’abolizione. Lo Spi-Cgil, anzi, i voucher li usava per pagare oltre 600 dei suoi attivisti. E sotto congresso è chiaro che l’opinione di 2.674.571 iscritti conta eccome.