Il numero 6 di Viale Montello è stato per decenni uno dei quartier generali della ‘ndrangheta in città. A poca distanza dall’incrocio con via Paolo Sarpi sorgeva una vecchia corte, che per la criminalità calabrese al nord era un vero e proprio fortino: al suo interno venivano nascoste armi, anche di grosso calibro, e il cortile si poteva usare come luogo per regolamenti di conti o esecuzioni. Gran parte dell’eroina e della cocaina transitata per Milano a partire dagli anni ‘90, probabilmente, ha visto le mura dello stabile.
Oggi il palazzo non esiste più: è stato abbattuto nel 2016 per far posto a un nuovo edificio residenziale, mettendo alle spalle un passato ingombrante di storia cittadina. Davanti al luogo in cui si trovava il fortino della ‘ndrangheta sorge il giardino comunitario Lea Garofalo, a testimonianza e ricordo della violenza che si consumava quotidianamente dall’altra parte della strada.
Lea Garofalo è stata una vittima di ‘ndrangheta, uccisa il 24 novembre del 2009 in piazza Prealpi per aver deciso di collaborare con la giustizia contro il clan dell’ex marito, la famiglia Cosco.
Oggi è ricordata come un’eroina della lotta alla mafia, ma all’epoca del suo assassinio la sua storia era poco nota al grande pubblico. Lea Garofalo ha trascorso una parte della sua vita nel vecchio fortino di viale Montello, quando con il marito ‘ndranghetista si trasferì a Milano, appena diciassettenne.
Il giardino comunitario è dedicato alla sua memoria dal 19 ottobre del 2013. Quel giorno, al mattino si tennero i funerali di Lea — celebrati a quattro anni dalla sua morte a causa delle tristi vicende criminali e giudiziarie del suo cadavere, bruciato in un sobborgo di Monza dopo l’omicidio — e al pomeriggio il giardino venne intitolato in suo onore. Abbiamo raggiunto per telefono Martino Dolfini di Giardini in transito, l’associazione che ha l’incarico di gestire l’area verde, per farci raccontare la storia del posto — una storia lunga, che parte dalla guerra.
“Originariamente dove ora c’è il giardino c’erano delle case di ringhiera, i numeri 1 e 3,” ci racconta Dolfini. “Il 3 venne abbattuto dal famoso bombardamento di Milano dell’agosto del ‘43, l’altro fu abbattuto nel 1960 perché ormai pericolante. Da quel momento il giardino venne destinato dal comune a ospitare dei circhi di passaggio. Negli anni duemila venne occupato dalla Piccola scuola di circo, finché il sindaco Albertini decise farci un garage sotterraneo.” Come altri progetti albertiniani di parcheggi in centro, però, ben presto si arenò: “la zona divenne una discarica a cielo aperto, ben vista dagli occupanti ‘ndranghetisti del numero 6 di via Montello, che stavano proprio di fronte.”
La situazione si sbloccò con la fine delle giunte di destra a Milano e una piccola mobilitazione civica. “Nel 2011 degli abitanti della zona, con l’aiuto di alcuni consiglieri comunali, decisero di ripulire il giardino e restituirlo alla cittadinanza, cosa che fu fatta nel 2012. Ci fu una bella festa,” ricorda Dolfini.
A poca distanza dall’incrocio con via Paolo Sarpi sorgeva una vecchia corte, che per la criminalità calabrese al nord era un vero e proprio fortino: al suo interno venivano nascoste armi, anche di grosso calibro, e il cortile si poteva usare come luogo per regolamenti di conti o esecuzioni. Gran parte dell’eroina e della cocaina transitata per Milano a partire dagli anni ‘90, probabilmente, ha visto le mura dello stabile
“Dal punto di vista del diritto però il posto ce l’aveva ancora un’azienda incaricata di costruire un garage — fino al 2014, quando è stato dichiarato verde pubblico. Da allora diamo ospitalità a tutte le associazioni che vogliono fare eventi e tenere vivo il giardino — ad esempio abbiamo una lunga collaborazione con Lato B, che si trova a poca distanza da noi. Poi, nel 2013 abbiamo conosciuto Libera.”
Libera è una ONG presente in tutta Italia, che si occupa di contrastare le mafie sul territorio, con un’opposizione attiva e civica all’interno della società, fondata e diretta da Don Luigi Ciotti. Abbiamo raggiunto per telefono Irene Latuati, presidente del presidio di Libera dedicato a Lea Garofalo, per farci spiegare cosa significa oggi questo giardino e la memoria di Lea per la città e il quartiere.
“I cittadini della zona sono molto sensibili alla vicenda di Lea,” ci racconta Latuati. “Anche al parco Sempione, a poca distanza, le è stato dedicato un albero. Diciamo che hanno sempre conosciuto la sua storia e ne sono venuti ancora più a conoscenza con il processo pubblico e il funerale. Il giorno stesso della cerimonia, il pomeriggio, è stato inaugurato questo giardino.”
Il presidio di Libera di cui fa parte Latuati si chiama così proprio perché è stata la vicenda di Lea Garofalo a dargli — purtroppo — il via. “Siamo nati nel 2012 perché alcuni di noi, che all’epoca erano fine liceo-inizio università, hanno conosciuto la storia di Lea attraverso un giornale siciliano. Sua figlia Denise ha la nostra età. Ci ha colpito molto il fatto che dal 2012 in poi si sia dovuta difendere da sola contro tutta la sua famiglia di origine. Abbiamo deciso di andare alle udienze, visto che il processo era a Milano, e poi siamo diventati sempre di più finché il processo è terminato al secondo grado nel 2012.”
La cassazione poi confermò la condanna ai Cosco. Oggi, l’ex marito di Lea Garofalo e suo assassino materiale, Carlo Cosco, sta scontando l’ergastolo, insieme ad altri quattro complici.
“Da lì ci siamo costituiti presidio di Libera, siamo sostanzialmente una sentinella sul territorio. Prima avevamo sede a Lambrate ma ora, da un paio d’anni, siamo in viale Pasubio, al Lato B. Abbiamo sempre cercato di fare sensibilizzazione sul territorio, andare nelle scuole per eventi eventi culturali, o organizzare aperitivi e momenti di comunità. Probabilmente il 24 novembre faremo qualcosa a livello di città di Milano per l’anniversario della morte di Lea.”
Il giardino Lea Garofalo oggi esiste anche perché è comunitario: sono stati in tanti i cittadini del quartiere che si sono presi parte della responsabilità e del lavoro che servono per mantenere lo spazio verde nel quartiere. Tutte le aperture e le chiusure, tutte le piante al suo interno, così come l’orto, sono gestiti in comunità.
La storia di Lea Garofalo ha cambiato radicalmente la visione della ndrangheta a Milano
Tra le associazioni che animano il giardino comunitario Lea Garofalo c’è anche il circolo Lato B di viale Pasubio 14, che il prossimo sabato 22 settembre porterà in giardino la terza edizione del festival di commistione di arte all’aperto B-Art.
La storia di Lea Garofalo ha cambiato radicalmente la visione della ndrangheta a Milano.
“È stato uno schiaffo in faccia per chi, come alcuni in regione, dicevano che la mafia al nord non esisteva. Grazie anche al film di Giordana dell’anno scorso sicuramente è una storia molto conosciuta, purtroppo e per fortuna molto più di altre storie di vittime di mafia che meriterebbero più attenzione. È una storia che tocca tantissimo i ragazzi quando andiamo a fare formazione nelle scuole, soprattutto per la vicinanza con la figlia Denis, che all’epoca dei fatti aveva sedici anni. I ragazzi si chiedono: ma io al suo posto cosa avrei fatto?”
Questo articolo è stato pubblicato su The Submarine il 13 settembre 2018