Femmine alfaSantoro e Vespa, tornate a casa: la nuova regina della politica in televisione è Lucia Annunziata

Altro che Porta a porta o Che tempo che fa. In mezz’ora è il vero luogo in cui si decidono le sorti della politica. Si fanno e disfanno leader. E la padrona di casa si permette di bastonare chiunque

Tuf, tuf, tuf. Sembrava di vederla pulsare, quella vena che dalla tempia destra di Marco Minniti si arrampica sul lato destro del suo nudo cranio, serpeggiando sotto la pelle. Come se ci fosse uno strano legame tra la vena e lo sguardo da salamandra di Lucia Annunziata, seduta davanti a lui nello studio di ½ ora in più. Lei stringeva le palpebre, e il tuf-tuf-tuf accelerava il ritmo. Faceva quasi impressione vedere l’uomo che nella questione migranti ha fatto il lavoro sporco per Salvini nervoso come un liceale impreparato all’esame con la prof tosta. «Mi aiuti lei a vincere le resistenze che mia moglie e le mie figlie hanno sulla mia candidatura,» diceva Minniti in tono quasi supplichevole, riferendosi alla sua discesa in campo nella corsa per la segreteria del Pd. Ma nemmeno sentirsi invocata come mediatrice familiare fra Minniti e le donne di casa sua ha intenerito Annunziata, che ha continuato a interrogarlo con ruvidezza scartabellando i suoi fogli. Non lo ha preso metaforicamente per il bavero come aveva fatto la settimana prima con il ministro Bonafede («per lei io sono più puttana o più sciacallo?»), ma se ½ ora in più doveva essere il varo ufficiale della candidatura minnitiana alla leadership del Nazareno, la bottiglia di champagne non si è rotta, e, com’è noto, non è un bel segno. Sarebbe stato meglio inaugurarla in un porto più sicuro della trasmissione di Annunziata, ma era una scelta obbligata.

La mezz’ora annunziatesca, collocata nello spazio strategico della controra domenicale, ha rubato il titolo di «terza camera» del Parlamento a Porta a porta e a Che tempo che fa, e chi la segue ha buone probabilità di azzeccare i titoli delle prime pagine del lunedì

E non solo perché domenica pomeriggio nel salotto di Barbara D’Urso erano già previsti in scaletta Rocco Siffredi e Dodi Battaglia dei Pooh. Zitta zitta, la mezz’ora annunziatesca, collocata nello spazio strategico della controra domenicale, ha rubato il titolo di «terza camera» del Parlamento a Porta a porta e a Che tempo che fa, e chi la segue ha buone probabilità di azzeccare i titoli delle prime pagine del lunedì. Un successo che si deve tanto alla tigna e alla bravura della conduttrice quanto alla crescente coda di paglia dei politici della Terza repubblica, che non sanno tenere la scena come i loro predecessori: l’infortunio della «manina» di Di Maio insegna che un capitombolo mediatico nel salotto di Vespa è praticamente irrecuperabile.

Da Annunziata, invece, se fai una figuraccia ti avranno visto solo gli addetti ai lavori, ma se te la cavi bene sulla poltrona che ha messo a disagio perfino quel piacione di Berlusconi, guadagni un bel po’ di punti.
In un momento in cui i talk show politici più affidabili e seguiti sono quelli condotti da donne (da Myrta Merlino a Lilli Gruber, e pure Bianca Berlinguer, quando non flirta con Mauro Corona), ½ ora in più di Annunziata è la testa di serie.
Acquattata quell’oscuro pertugio di palinsesto come Ursula, la temuta Strega del mare della Sirenetta disneyana, Lucia aspetta ogni domenica gli aspiranti sirenetti della politica italiana. E non ha nemmeno bisogno di obbligarli a bere un filtro magico perché perdano la loro voce: ammutoliscono spontaneamente, balbettano, incespicano.

E più pasticciano, più lei, dall’alto della sua esperienza e del suo impressionante curriculum (inviata di guerra in Centroamerica e in Medio Oriente per Manifesto, Repubblica e Corriere, firma di punta della Stampa, presidente della Rai, fondatrice dell’Huffington Post Italia, tanto per dirne alcune) li guarda con disprezzo e tiene il punto.

E femmina alfa mette paura, specie quando si arrabbia. Non c’è da stupirsi che molti colleghi della sua generazione non perdano l’occasione per sputare veleno contro di lei

E femmina alfa mette paura, specie quando si arrabbia. Non c’è da stupirsi che molti colleghi della sua generazione non perdano l’occasione per sputare veleno contro di lei. Chi, come Mario Luzzatto Fegiz, ne ha evocato sul forum di Dagospia il linguaggio poco «ladylike» e l’abitudine di togliersi le scarpe sotto la scrivania, accusandola oltretutto di «non saper scrivere» (che in realtà è un complimento, nel Paese in cui troppi giornalisti hanno il culto della “bella pagina” e girano sempre con una trousse di aggettivi e avverbi con cui imbellettano i loro pezzi tipo Clio make-up quando trucca le modelle).

Chi, come Michele Santoro (campano e figlio di ferroviere ed ex sinistrissimo come lei) rosica nell’ombra vedendosi superare in prestigio e visibilità televisiva, nell’ultima curva della carriera, dalla rivale di tutta una vita. Perfido è stato Enrico Mentana, che, riferisce il solito Dagospia, di recente l’ha letteralmente mobbizzata durante un incontro ristretto fra giornalisti alla presenza del cardinal Ravasi, tanto da farle abbandonare la riunione su tutte le furie. (Annunziata si sarebbe congedata dicendo «Mi scusi signor Cardinale ma me ne vado,», prontamente rimbeccata dal direttore del Tg7: «Non si dice “signor Cardinale” ma “sua Eminenza Cardinale”.

Eh no, Chicco, se sei fieramente ateo come Annunziata, un cardinale lo chiami “signore” come tutti gli altri, vivaddio.) Anche se nessun uomo potrà superare in crudeltà un’altra femmina alfa, Sabina Guzzanti, che l’ha crudelmente parodiata in più occasioni, interpretandola come una «che parla napoletano, ha gli occhi storti e non conta un cazzo» – la sintesi è della stessa Annunziata, al cui stile difetta forse l’eleganza ma non l’efficacia. Eppure lei e Guzzanti sarebbero fatte per intendersi. Sono della stessa pasta: teste dure, sangue caldo, e nessun bisogno di piacere o compiacere chicchessia. Prima o poi faranno qualcosa insieme – e poi si manderanno reciprocamente affanculo. In mezzo minuto, altro che mezz’ora.

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