In teoria tutto tiene. L’ambientazione, nelle acque tra Rodi e l’Asia Minore, è credibile. L’epoca è quella giusta: nel 75 a.C quella zona era infestata dai pirati della Cilicia, quelli che poi sarebbero stati sgominati dalle truppe di Pompeo. E, infine, è del tutto probabile che un giovane Giulio Cesare solcasse i mari in quella regione. Insomma, la storia del suo rapimento da parte dei pirati, raccontata sia da Svetonio che da Plutarco (150 anni dopo), ha tutto gli elementi per essere vera. Il problema è che è una storia bellissima e sembra del tutto funzionale a mettere in splendida luce il futuro condottiero romano.
Come raccontano gli storici, Cesare venne rapito mentre costeggiava l’isola di Farmacusa, vicino all’Asia Minore. Lo catturarono, insieme al medico e ad altri compagni di viaggio. “Quando i pirati chiesero un riscatto di venti talenti, Cesare scoppiò a ridere. Voi non sapete, disse, chi avete catturato. E addirittura propose un riscatto di cinquanta talenti”.
I pirati, nonostante rimasero stupiti dall’atteggiamento dell’uomo, non ebbero nulla in contrario. Cesare poté allora inviare i suoi seguaci in varie città per recuperare la somma totale. “Fu lasciato in mezzo ai cilici, tra le popolazioni più sanguiarie del mondo, solo con un amico e due servi. E lì trattò con tanto disprezzo che ogni volta che voleva dormire mandava un servitore per dire loro di smettere di parlare”. Sembra un po’ esagerato, ma senza dubbio Cesare aveva un certo caratterino.
Durante la prigionia, che durò “38 giorni, con il massimo della tranquillità Cesare si unì a loro in tutti i loro passatempi ed esercizi, come se fosse il capo e non il prigioniero. Scrisse anche poesie e discorsi che leggeva loro ad alta voce e se questi non dimostravano di apprezzarli, li definiva ’selvaggi ignoranti’. E li minacciava di impiccarli tutti”. E loro, i pirati, come reagivano? Anziché punirlo appendendolo fuori bordo, “erano rapiti da questo atteggiamento. E attribuivano questa libertà nel parlare a una forma di semplicità del suo carattere, o a una certa giocosità giovanile”. Si sbagliavano.
“La somma del riscatto arrivò da Mileto. E Cesare, non appena ebbe pagato e fu rimesso in libertà, prese subito il controllo di alcune navi e partì alla volta del porto di Mileto per dare la caccia ai pirati. Li trovò ancora lì, che stavano gettando l’ancora poco lontano, e li catturò quasi tutti”. Non solo: li spogliò dei loro beni, si riprese il riscatto e li gettò in galera nella vicina Pergamo. E poi andò a trovarli in cella.
“Si recò di persona da Marco Junio, allora governatore dell’Asia, pensando che fosse approprito che anche lui, in quanto pretore incaricato di governare la provincia, assistesse alla punizione dei prigionieri”. Ma quello dopo aver visto i soldi – e desiderando appropriarsene – continuava a rimandare. E allora Cesare lo ignorò: “Andò a Pergamo, tirò fuori i pirati dalla prigione e li fece crocifiggere, proprio come aveva minacciato che avrebbe fatto quando era con loro sull’isola. E loro pensavano che stesse scherzando”.
Ora, la storia sembra proprio del genere “troppo bella per essere vera”. Eppure è difficile individuare un particolare che la smascheri come falsa. Forse, come si scrive qui, l’unico elemento sospetto è la somma di 50 talenti: senza dubbio eccessiva. Se si considera che all’epoca Cesare aveva solo 25 anni, ancora un signor nessuno, risulta difficile immaginare che possa aver davvero raccolto tutto quel denaro. Il suo primo vero incarico sarebbe stato due anni dopo. Si aggiunga poi che tutta la sua successiva carriera politica e militare sarebbe stata caratterizzata dalla mancanza di denaro – e dalla necessità di procurarsene.
Per il resto, dopo tutti questi secoli, è difficile trovare modo per smentirla. Va presa per vera, sempre tenendo presente il ruolo che deve aver giocato, a quel tempo, la propaganda. In ogni caso, il suo carattere romanzesco non ha mancato di ispirare nel tempo la creatività degli artisti. Come il musicista Antonio Salieri (quello che secondo la leggenda avrebbe provocato la morte di Mozart), che scrisse un’opera ispirata a questa vicenda: “Cesare in Farmacusa”. Dramma eroicomico che vale la pena ascoltare anche senza conoscere la verità sulla storia di Cesare.