Il trofeo più ambitoLa Champions League? Viene da Paderno Dugnano. La storia della coppa dei campioni, raccontata da chi la produce

Dagli anni Settanta il trofeo della Coppa de Campioni, Coppa Uefa e del Mondo sono prodotti dalla Gde Bertoni a pochi km a nord di Milano. La proprietaria Valentina Losa: "Le facciamo tutte a mano. Ogni coppa è come una figlia"

PIERRE-PHILIPPE MARCOU / AFP

Ogni anno alza il trofeo della Champions League ma non gioca per nessuna squadra. Indossa medaglie d’oro, argento e bronzo ma non è una atleta. E addirittura ha già levato al cielo la Coppa del Mondo di calcio femminile, ma non parteciperà ai mondiali in Francia di giugno. L’imprenditrice Valentina Losa fabbrica i sogni dei tifosi di tutto il mondo. Dal 2011 è a capo dell’azienda di famiglia, la Gde Bertoni, che produce i trofei e le medaglie per le manifestazioni sportive più importanti. Dalla Coppa del Mondo alle medaglie di Roma 1960, dall’Europa League alla Coppa d’Africa. La fabbrica dei sogni non è in un luogo esotico, bensì nella città dormitorio di Paderno Dugnano, qualche km a nord di Milano. Lì, la coppa dalle grandi orecchie che Liverpool e Tottenham si contenderanno stasera viene ancora fatta a mano dall’artigiano Guerrino Giorgi. «Ogni trofeo è come una figlia, anzi una sorella, perché ci sono coppe che hanno la mia stessa età, me le ricordo da quando ero bambina», dice Losa. «Quando devo riflettere su cose importanti vengo qui nel nostro showroom dove conserviamo tutte le copie. Questa stanza ha un potere magico: chiunque entra torna bambino, guarda i trofei e sa dire solo tre lettere: uau».

Losa, cosa c’entra Paderno Dugnano con la Champions League?
Qui produciamo la coppa dalle grandi orecchie. Negli anni Settanta abbiamo iniziato disegnando e producendo la Coppa Uefa, l’attuale Europa League. Contemporaneamente la Uefa ci ha affidato il compito di produrre anche la Champions League che non è un nostro disegno: inizialmente veniva prodotta in Svizzera. Dopo poco tempo però hanno chiesto a noi di farle. Da lì abbiamo iniziato e non ci siamo più fermati.

Non fermiamoci neanche ora. Elenchiamo i trofei più importanti che producete ogni anno.
Quanti sono i trofei in totale non lo so neanche io (ride). Diciamo che i più importanti nel calcio escono da qua. La Coppa del Mondo, che ha disegnato il nostro Silvio Gazzaniga nel 1971, la vecchia Coppa intercontinentale, la Confederations Cup, la Coppa del Mondo FIFA femminile e una serie infinita di trofei Under 17 Under 19 Uefa e Fifa.

Solo calcio?
No, per esempio produciamo tutte le medaglie della Federazione internazionale di pallavolo o la coppa della World League. Anche se il primo lavoro grande che ci ha portato a essere tra i migliori al mondo nel nostro campo sono state le medaglie delle Olimpiadi di Roma del 1960. Purtroppo non le facciamo per tutte le Olimpiadi perché per regolamento spetta a un’azienda del Paese che ospita di volta in volta i Giochi Olimpici.

Immagino che farà il tifo per l’assegnazione a Milano e Cortina delle Olimpiadi invernali 2026.
Sto facendo un tifo pazzesco. Non è detto che le facciamo noi, ma ci piacerebbe avere la possibilità di concorrere per fare quelle medaglie.

Intanto avete la possibilità di creare la Champions League. Ne fate una nuova ogni anno?
Ogni anno facciamo la replica per la squadra che vincerà e quel trofeo rimane a loro. Nel frattempo la quarta la coppa originale viene riportata qua dopo dopo la finale per incidere il nome del vincitore anche su quella Coppa lì, ma poi rimane alla Uefa.

Va bene che quasi sempre la vincono le stesse squadre, ma non rischia di finire lo spazio per incidere il nome sulla Coppa?
Ma no, c’è ancora spazio e soprattutto tempo per trovare una soluzione. Lo stesso problema l’ha avuto la Coppa del Mondo. L’originale è in oro e viene data alla squadra vincitrice che la alza durante la premiazione. Poi però ritorna alla Fifa e alla squadra viene data la replica in ottone. Sotto la coppa in oro c’è un disco con incisi tutti i vincitori di tutti i Mondiali dal 1974 in poi. Si diceva che la Coppa sarebbe scaduta perché non ci sarebbe più stato spazio. Poi la Fifa ha deciso di cambiare il layout del disco e ha deciso di incidere nomi a cerchi concentrici. Lì c’è ancora tanto spazio. Per dire che la soluzione si trova sempre.

Chi vince la Champions League ha corso, giocato, sofferto per alzare quella Coppa. Ha aspirato tanto a quel premio e ha fatto fatica per vincerlo. E dall’altra parte c’è una squadra di artigiani che ha lavorato, sudato e faticato per creare quel trofeo. Ogni volta che dopo una finale si alza quel trofeo è come vedere ricompensato un doppio lavoro.


Valentina Losa

Cannavaro nel 2006 dormì con la Coppa del Mondo tra le braccia. Qualche calciatore vi ha chiesto una copia solo per lui?
Tanti, ma non posso dire i nomi. Abbiamo dovuto dir di no perché non possiamo fare le repliche senza l’autorizzazione delle federazioni. La politica della Fifa è che di Coppa del Mondo ce n’è una sola quella originale. L’unica deroga sono le repliche in ottone per le squadre vincitrici e anche quelle devono essere inferiori all’originale: i quattro quinti o ancora preferibilmente un terzo.

Quanto ci vuole a fare una Coppa?
Tanto, perché sono fatte a mano. Mediamente ci vogliono tre mesi, ma alcuni trofei sono più impegnativi: abbiamo consegnato da poco la Coppa campionato dell’Arabia Saudita e ci abbiamo messo più di sei mesi per realizzarla. La Champions è diversa. Non dobbiamo fare da capo il disegno, il lavoro ha tempi più brevi rispetto agli altri trofei perché lo facciamo ogni anno. Però è comunque un lavoro lungo, se lo si vuole fare bene. Si parte da una lastra, poi bisogna tornire tutte le varie parti, saldarle tra di loro e cesellarle a mano. Comprese le finiture. Ci vuole tempo perché non sono fatte a macchina, ma da artigiani.

Per privilegiare la qualità non rischiate di arrivare col fiato corto alla consegna?
No, perché ci organizziamo sempre con largo anticipo. Per esempio nel 2018 abbiamo già consegnato la Coppa del Mondo del 2022. Perché pochi mesi dopo la finale la Fifa fa partire il tour della Coppa per sponsorizzare il mondiale successivo.

Ci sarà però qualche differenza tra una Coppa del Mondo e un’altra.
Per forza, essendo prodotti rifiniti a mano ci sono sfumature tra una Coppa e un’altra, ma sono impercettibili e le notano solo gli addetti ai lavori. Le persone comuni non se ne accorgono. Ma non è un male se ci pensate, è questo che rende ogni pezzo unico per la squadra che lo vince. Un altro discorso è la Champions League, sono due tecniche di lavorazione diverse.

Promettendo di usare parole semplici, ci spiega la differenza?
Con la Champions è relativamente più semplice: si parte da una lastra di metallo piatta, la si mette intorno a una forma, si gira in modo tale da farla diventare un ovale. E così si fa per tutte le altre parti della coppa: il “piede”, la “gola” e le “grandi orecchie” che vengono girate a mano dal nostro storico artigiano operaio Guerrino Giorgi che le cesella. La cesellatura è una sorta di incisione, per usare parole povere.

C’è una piccola scaramanzia tra i nostri artigiani. Si dice che se uno di loro tocca la Champions prima che “parta” per la finale, la sua squadra perde. E noi in ditta abbiamo degli juventini che il giorno in cui dobbiamo impacchettare e spedire la Coppa si tengono molto lontani, ma evidentemente non è bastato in questi anni


Valentina Losa

E la Coppa del Mondo?
Per quella usiamo la tecnica della fusione a cera persa. Ovvero si prende uno stampo e si cala la cera dentro. Le fusioni sono tutte uguali perché usiamo lo stesso stampo. La differenza sta nella rifinitura fatta a mano. E poi la base è fatta in malachite, una pietra preziosa. Essendo un elemento naturale è impossibile avere un pezzo di malachite uguale all’altro. Questo rende una Coppa del Mondo diversa impercettibilmente dall’altra.

Costerà molto.
In realtà la Coppa del Golfo è quella che costa di più perché ha più oro, poi c’è la Coppa del Mondo e a seguire la Coppa Uefa e la Champions league.

In mezzo a tutti questi trofei si rischia di amare il calcio. Che squadra tifa?
Sono rossonera nell’anima e quando il Milan ha alzato la Champions League nel 2003 e nel 2007 è stata un’esperienza unica. Ma anche se non c’è la mia squadra del cuore le finali le vedo sempre e mi emoziono quando viene levato al cielo un nostro trofeo. Vorrei essere lì ad alzarla con loro e abbracciare tutti i giocatori. Chi vince ha corso, giocato, sofferto per alzare quella Coppa. Ha aspirato tanto a quel premio e ha fatto fatica per vincerlo. E dall’altra parte c’è una squadra di artigiani che ha lavorato, sudato e faticato per creare quel trofeo. È come vedere ricompensato un doppio lavoro.

Molti calciatori fanno riti scaramantici prima di una finale, qual è il vostro?
C’è una piccola scaramanzia tra i nostri artigiani. Si dice che se uno di loro tocca la Champions prima che “parta” per la finale, la sua squadra perde. E noi in ditta abbiamo degli juventini che il giorno in cui dobbiamo impacchettare e spedire la Coppa si tengono molto lontani, ma evidentemente non è bastato in questi anni. (ride)

Tra tutte le coppe, quale le piace di più?
La coppa del campionato femminile di calcio. È stupenda anche se tantissime persone non sanno neanche che esiste. Mi piace perché rappresnta la femminilità.

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