La House voterà la risoluzione che stabilisce le procedure dell’indagine di impeachment nei confronti di Trump
Con una lettera indirizzata ai “cari colleghi”, la presidente Nancy Pelosi ha annunciato che giovedì la Camera voterà una risoluzione che stabilisce le procedure dell’indagine di impeachment nei confronti del presidente Trump. Pelosi aveva dato via all’indagine il 24 settembre, con un annuncio che aveva lasciato scontenti i repubblicani che da più di un mese chiedono che la Camera voti l’autorizzazione all’indagine.
Pelosi fino a oggi si era sempre rifiutata di accogliere la richiesta di voto. Ieri invece l’annuncio e la data: la Camera piena voterà giovedì. Pelosi nella sua lettera specifica che la risoluzione di voto non è legalmente necessaria, ma la Camera ha deciso di procedere al voto ugualmente «per eliminare ogni dubbio sul fatto che l’amministrazione Trump possa trattenere documenti, impedire la testimonianza, ignorare le citazioni debitamente autorizzate e continua a ostacolare la Camera dei rappresentanti». Pelosi ha anche detto che la risoluzione che sarà votata giovedì conterrà le linee guida per le udienze aperte, autorizzerà il rilascio delle trascrizioni delle deposizioni e delineerà il modo in cui la Commissione di Intelligence potrà trasferire prove alla Commissione Giudiziaria, quella che eventualmente sarà chiamata a scrivere gli articoli di impeachment.
Che cosa cambia con il voto della House
Per ora niente, anche perché tutte e tre le commissioni di indagine hanno ancora una lista di testimoni da sentire a porte chiuse già in calendario per questa settimana e per quella dopo. Per quella dopo ancora, invece, potrebbero iniziare i cosiddetti public hearing, ovvero le audizioni pubbliche. Il Presidente della Commissione Intelligente Adam Schiff ha detto alla Cnn: «Abbiamo ancora deposizioni da ascoltare e non voglio impegnarmi dicendo una data, ma ci stiamo muovendo in modo spedito». Un aspetto importante dei public hearing è ovviamente la possibilità di rendere pubbliche che le trascrizioni delle testimonianze.
La reazione dei Repubblicani
A parte poche eccezioni, i repubblicani si sono tutti dichiarati scontenti della notizia del voto, nonostante sia quello che chiedevano da più di un mese. Le critiche sostengono che votare adesso è troppo poco e troppo tardi e che anzi conferma che l’indagine sino a qui è stata condotta illegalmente e in segreto.
Dando ai repubblicani ciò che hanno chiesto per un mese, i democratici li privano della loro principale arma di difesa: sostenere che l’indagine è illegale perché non autorizzata dal voto
I benefici dei democratici e quelli dei repubblicani
Dando ai repubblicani ciò che hanno chiesto per un mese, i democratici li privano della loro principale arma di difesa: sostenere che l’indagine è illegale perché non autorizzata dal voto. In questo modo i democratici costringerebbero i repubblicani a concentrarsi esclusivamente sulla difesa delle azioni del Presidente, invece di attaccare la modalità con cui è condotta l’indagine.Dall’altra parte un voto formale potrebbe significare per la Casa Bianca la possibilità di rivedere le prove raccolte, avere un consulente presente, avere la possibilità di contro interrogare i testimoni durante le deposizioni a Capitol Hill, cosa che a oggi, con le testimonianze a porte chiuse, gli è negata.
La testimonianza del colonnello Alexander S. Vindman
Martedì mattina sarà la volta della testimonianza deI tenente colonnello Alexander S. Vindman, veterano di guerra e funzionario della sicurezza nazionale della Casa Bianca: è il primo testimone con conoscenza diretta della telefonata tra Trump e il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky. Il New York Times ha ottenuto una copia della dichiarazione di apertura: Vindman affermerà di aver ascoltato il presidente Trump fare appello al presidente ucraino affinché indagasse su uno dei suoi principali rivali politici, Joe Biden. Dirà anche che la richiesta gli è sembrata così dannosa per gli interessi americani che per ben due volte riportò l’accaduto a un superiore. Vindman dirà anche di essere mosso da senso del dovere.Dalla sua testimonianza: «Non pensavo che fosse corretto chiedere a un governo straniero di indagare su un cittadino degli Stati Uniti, ed ero preoccupato per le implicazioni per il sostegno del governo degli Stati Uniti all’Ucraina. Mi sono reso conto che se l’Ucraina avesse perseguito un’indagine sui Biden e su Burisma probabilmente sarebbe stata interpretata come una mossa di parte che indubbiamente avrebbe portato l’Ucraina a perdere il sostegno bipartisan che finora ha mantenuto».
Secondo quanto riporta il New York Times, Vindman è un immigrato ucraino-americano che ha ricevuto il Purple Heart – la più alta onorificenza che si assegna ai veterani di guerra – dopo essere stato ferito in Iraq da una bomba lungo la strada. La sua dichiarazione, sempre secondo il Nyt, è piena di riferimenti al dovere e al patriottismo: «Sono un patriota ed è mio sacro dovere e onore avanzare e difendere il nostro paese indipendentemente dal partito o dalla politica». La testimonianza di Vindman potrebbe mettere in seria difficoltà la Casa Bianca: innanzitutto perché, a differenza di quella del whistleblower, questa è una testimonianza diretta. Secondo, perché Vindman è un decorato veterano di guerra, un testimone più difficile da screditare rispetto ai cittadini semplici.