Che il Sinodo sull’Amazzonia non l’avesse mai digerito è cosa nota sin da quando a luglio pubblicò un’articolata dichiarazione critica all’Instrumentum laboris, apprezzata, fra l’altro, anche dal cardindale George Pell, in carcere per abusi su minori. Ma Gerhard Ludwig Müller, già prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede che Francesco non confermò nell’incarico dimissionandolo a 69 anni, ha espresso le riserve più dure al riguardo il 24 e il 25 ottobre durante il suo soggiorno a Washington.
Al centro delle pesanti valutazioni del porporato tedesco, il trafugamento delle statue delle Pachamama dalla chiesa romana di Santa Maria in Traspontina, che il 26enne Alexander Tschugguel – se ne è conosciuta l’identità solo ieri – aveva gettato il 21 ottobre nel Tevere perché «idoli pagani».
Visione condivisa appieno da Müller (al pari dei cardinali Brandmüller e Urosa Savino), che nell’intervista rilasciata il 24 ottobre all’emittente televisiva Eternal Word Television Network (EWTN) ha dichiarato: «Il grande errore è stato quello di portare gli idoli nella Chiesa, non di metterli fuori, perché secondo la legge di Dio stesso – il Primo Comandamento – l’idolatria è un peccato grave: non possono essere mischiati con la liturgia cristiana».
E di idolatria il porporato è tornato a parlare l’indomani nel corso della presentazione del suo libro Roman Encounters al Willard Intercontinental Hotel di Washington. Il suo intervento è apparso tuttavia come un’inequivocabile sconfessione di Francesco, che solo poche ore prima aveva chiarito che le immagini delle Pachamama «erano lì senza intenzioni idolatriche» e chiesto «perdono alle persone che sono state offese da questo gesto». Non solo sconfessione implicita, però, ma aperta critica al Papa, che «è venuto meno al suo dovere di ricordare ai fedeli la dottrina», non senza un paragone con «san Pietro, il primo Papa, che morì perché non aveva voluto riconoscere l’imperatore romano come Dio».
D’altra parte tutto il contesto in cui si è svolta la presentazione del libro era chiaramente ultra-conservatore e antibergogliano, per quanto il cardinale, fino a quel momento, avesse dato prova di equilibrismo nel rispondere alle domande incalzanti dell’intervistatore, don Gerald E. Murray, collaboratore di EWTN e notoriamente ostile a Francesco.
Non sono affatto sicura che il cardinale Müller capisca fino a che punto venga strumentalizzato da Tfp e altri come un cavaliere bianco contro la cosiddetta Chiesa bergogliana
Co-sponsorizzatore dell’evento, l’International Organization for the Family (Iof), che è l’ente organizzatore del Congresso mondiale delle Famiglie. Mentre a presentare il cardinale ai presenti in sala è stata la principessa Gloria von Thurn und Taxis, che ha dichiarato: «Le uniche persone che oggi ci danno chiarezza sono Donald Trump e il cardinale Müller! Il cardinale Müller è oggi il Donald Trump della Chiesa cattolica. Sua Eminenza è stato qui già l’anno scorso e gli è piaciuta la nuova aria che respiriamo, perché si respira una nuova aria da quando Donald Trump è presidente di questo Paese. Spero che possiamo respirare la stessa aria anche in Europa».
La principessa, che è stata relatrice al Congresso mondiale delle Famiglie di Verona ed è legata agli ambienti ecclesiastici e politici più conservatori, è stata colei che, proprio lo scorso anno, ha fatto conoscere Müller a Steve Bannon, ex guru della comunicazione di Donald Trump.
Alla fine della serata non è mancato il ringraziamento a Tradition, Family and Property (Tfp) per aver contribuito all’organizzazione dell’evento. Si tratta del contestato movimento internazionale di associazioni politiche tradizionaliste di ispirazione cattolica, le cui finalità, volte alla restaurazione della civiltà cristiana, furono illustrate da Plinio Corrêa de Oliveira nei testi programmatici Revolução e Contra-Revolução e A cruzada do século XX.
Ma a giocare un ruolo di primo piano nella messa a punto della presentazione al Willard Intercontinental e nella pianificazione del soggiorno di Müller è stato Brian S. Brown, presidente dello Iof e anche lui relatore al Congresso di Verona. Insieme con lui il porporato e la principessa hanno potuto così incontrare i giudici della Corte Suprema, Samuel Alito e Brett Kavanaugh, funzionari della Casa Bianca e influenti esponenti del Congresso, tra cui il senatore Steve Daines e il deputato Greg Pence, fratello maggiore del vicepresidente degli Stati Uniti. Tutti accomunati dalla piena fedeltà a Donald Trump e dalle posizioni conservatrici in materia di vita e famiglia nonché da una scarsa simpatia per Bergoglio.
È stato lo stesso Brown a ricordare in un comunicato del 30 ottobre come ha conosciuto il porporato tedesco: «Ho incontrato per la prima volta il cardinale Müller nel 2014, quando ha svolto un compito di primo piano nell’organizzazione dell’Humanum Conference in Vaticano, raduno internazionale di leader religiosi e culturali di tutto il mondo, ospitato da Papa Francesco, sulla complementarietà tra uomo e donna. Ho avuto il privilegio di svolgere un ruolo dietro le quinte nel supportare gli organizzatori della conferenza per pianificare l’evento. Inoltre io e mia moglie abbiamo partecipato alla conferenza».
Un dubbio forse resta ed è quello espresso da Dawn Eden Goldstein, che ha partecipato alla presentazione del 25 ottobre e ha espresso non poche critiche alle dichiarazioni dei relatori. «Non sono affatto sicura – ha twittato la nota giornalista e teologa – che il cardinale Müller capisca fino a che punto venga strumentalizzato da Tfp e altri come un cavaliere bianco (insieme con Burke, Chaput, ecc.) contro la cosiddetta Chiesa bergogliana».