Tratto dall’Accademia della Crusca
Tutte e tre le forme, sovente, di sovente e soventemente, sono attestate in dizionari dell’italiano (si vedano, fra gli altri, GDLI, GRADIT e Vocabolario Treccani) e, in funzione avverbiale, hanno lo stesso significato di spesso ed espressioni equivalenti. Il GDLI, ad esempio, glossa sovente e di sovente come “spesso, frequentemente, di frequente, ripetutamente, assiduamente, più volte” (s.v. sovènte) e soventemente come “spesso, di frequente, in molti casi, più volte” (s.v. soventeménte). Sovente può poi comparire anche come aggettivo, nel senso di ‘frequente’ (es. le piogge sono soventi); proprio a partire dall’aggettivo sovente sono formati l’avverbio soventemente e la locuzione avverbiale di sovente.
Nell’uso avverbiale non vi sono dunque differenze di significato referenziale fra sovente, di sovente e soventemente, così come tra queste forme e un sinonimo quale spesso. Si hanno invece delle diversità in termini di frequenza e situazioni d’uso. Il GRADIT pone spesso nel novero delle circa 2.000 parole di altissima frequenza che costituiscono il cosiddetto “vocabolario fondamentale” dell’italiano, mentre include sovente, come avverbio, fra i vocaboli di uso comune, che “sono usati e compresi indipendentemente dalla professione […] o dalla collocazione regionale e che sono generalmente noti a chiunque abbia un livello mediosuperiore di istruzione” (Tullio De Mauro, Introduzione, in gradit, vol. I, pag. XX), e soventemente tra i vocaboli di basso uso, “rari, tuttavia circolanti ancora con qualche frequenza in testi e discorsi del Novecento” (ibidem); considera invece obsoleto l’impiego di sovente come aggettivo e non prende in esame la locuzione di sovente. Per una prima idea della diversa frequenza d’uso di queste forme, anche in diacronia, possiamo dare uno sguardo con Ngram Viewer all’archivio di opere in italiano di Google Libri. Il grafico sottostante, che rappresenta la distribuzione percentuale delle forme considerate nei libri editi fra il 1861 e il 2000 presenti in archivio, illustra il divario d’uso fra sovente, di sovente e soventemente, da un lato, e spesso, dall’alto, e mostra oltretutto come nell’arco di tempo osservato esso si sia fatto progressivamente più spiccato.
Le differenze riscontrabili in termini di frequenza d’uso sono poi da porre in relazione ai diversi contesti situazionali e tipi di testo nei quali queste forme compaiono più regolarmente. È facile notare come spesso sia un termine dell’uso medio, non marcato, proprio di parlanti con diversa collocazione sociale e “adatto” a più situazioni comunicative, mentre la presenza di sovente (“sentito come letterario e ricercato”, Vocabolario Treccani, s.v. sovènte), di sovente e soventemente (“antico e letterario”, GDLI, s.v. soventeménte) è piuttosto legata allo scritto e al parlato formale, specie di parlanti istruiti. Se ne dànno qui alcuni esempi tratti dalla prosa colta, di genere scientifico, saggistico e narrativo: “come di sovente accade nelle pagine dello studioso tedesco” (Laura D’Amati, A proposito del curator bonorum captivi, “Bollettino dell’Istituto di diritto romano Vittorio Scialoja”, 42/43 (2000/2001), pp. 223-246: 228); “restavano a presidiare il territorio spagnolo, sovente lasciati senza paga” (Davide Maffi, La cittadella in armi: esercito, società e finanza nella Lombardia di Carlo II, Milano, Franco Angeli, 2010, p. 64); “soventemente accade nella vita che in qualche spiacevole occasione ci si trovi di fronte ad un delicato dilemma” (Romano Battaglia, Come si fa, Milano, Rizzoli, 2006, p. 155).
Ciò non di meno, forme come sovente possono avere un impiego più generalizzato in certi ambiti regionali, anche per effetto dell’influenza delle varietà di sostrato. Nei dialetti di area settentrionale, e specialmente del Nord-Ovest, forme quali spess e de spess, equivalenti all’italiano spesso, coesistono con forme come sovens e sovent, dello stesso tipo dell’italiano sovente (v. ad es. Gran dizionario piemontese-italiano di Vittorio di Sant’Albino, Torino 1859, rist. Savigliano 1993, s.vv. spess e soenss; Dizionario monferrino di Sergio Nebbi, Savigliano 2001, s.vv. spës e suens; Vocabolario milanese-italiano di Francesco Cherubini, Milano 1839-1856, rist. Cosenza 1959, s.vv. spèss e sovénz; Lessico dialettale della Svizzera italiana, Bellinzona 2004, s.vv. spéss e sovént), ma sono le seconde a risultare le più diffuse. Se guardiamo la carta 704 andava spesso dell’Atlante linguistico ed etnografico dell’Italia e della Svizzera meridionale (Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz), possiamo infatti notare come in area settentrionale, e più in particolare nord-occidentale, le forme dialettali equivalenti a spesso siano nella maggior parte dei casi riconducibili a sovens e sovent; è così, ad esempio, in Piemonte e Valle d’Aosta (per varietà sia galloitaliche che galloromanze), nell’Imperiese, nel Pavese e in alcune regioni del Canton Ticino e dei Grigioni.