La notizia ufficiale è stata confermata ieri dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte nella trasmissione “Porta a Porta”, mentre le riunioni tra Regioni, Province, Comuni e governo erano ancora in corso. Il 7 gennaio tornerà in classe soltanto la metà degli studenti delle scuole superiori che da novembre sono a casa. Non il 75% come era stato deciso dal dpcm di dicembre. Si procederà con gradualità.
Regioni e Province hanno chiesto al governo una apertura differenziata città per città, paese per paese. E dopo quattro giorni di trattativa ieri è arrivato anche l’ok della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina. Ora dovrà essere però il ministro della Salute Roberto Speranza a riscrivere con una ordinanza i termini per la riapertura delle scuole.
Si comincia quindi il 7 gennaio con il 50%, e poi nel nuovo dpcm del 15 gennaio si dovrebbe prevedere un aumento della presenza al 70-75% se tutto sarà andato per il meglio. L’accordo con le Regioni prevede l’aumento di bus e mezzi pubblici nei momenti di ingresso e uscita da scuola, scaglionamenti negli orari, una corsia preferenziale per i tamponi e il tracciamento dei contagi tra gli studenti. Oltre all’incentivazione dello smart working per evitare l’accavallamento tra gli spostamenti dei lavoratori e quelli degli studenti.
Per l’incremento dei mezzi pubblici, le Regioni dovrebbero ottenere dei fondi extra dal governo. E in cambio i presidenti di Regione si impegnano a considerare la sospensione delle lezioni in presenza come misura del tutto residuale.
Ora dovranno essere i tavoli provinciali convocati dai prefetti a chiudere i lavori, entro lunedì prossimo, per dare indicazioni sullo scaglionamento degli orari e il potenziamento dei mezzi. Nelle grandi città si parla di due turni, uno prima delle 8 e uno tra le 9.30 e le 10, con la scuola aperta di sabato e le lezioni prolungate nel pomeriggio.
Ma tutti sanno che la vera incognita che pende sulla riaperture delle scuole è l’andamento della curva dei contagi dopo le feste natalizie.