Un giorno senza donneIn Islanda anche la premier sciopera per la parità salariale

Nel Paese al primo posto per le questioni di genere, anche la prima ministra Katrín Jakobsdóttir si unirà alla protesta contro contro il gender pay gap. L’isola ha indetto il «kvennafri», proprio come nel 1975

(La Presse)

Un intero giorno «senza donne», un «kvennafri» per protestare contro il divario retributivo di genere e la violenza di genere. Come quello che 48 anni fa, nel 1975, paralizzò il Paese e innescò un cambiamento epocale per la parità di genere e i diritti femminili. Oggi in Islanda le donne e le persone non binarie incroceranno di nuovo le braccia. E anche il governo resterà scoperto, perché a scioperare sarà anche la premier Katrín Jakobsdóttir. Che non andrà a lavorare proprio come tutte le altre cittadine. Incluse le casalinghe, che hanno annunciato che non alzeranno un dito in casa e fuori.

«Non lavorerò oggi, perché mi aspetto che lo facciano anche tutte le donne», ha detto la prima ministra Jakobsdóttir al sito mbl.is.

L’unica attività prevista nell’isola al primo posto per la parità di genere, modello di diritti e uguaglianza, sarà la grande manifestazione a Reykjavík, a cui partecipano tutti i settori produttivi del Paese, come nel 1975, quando aderì il 90 per cento delle donne e il «kvennafri» diede la spinta a una serie di cambiamenti. Che portarono, nel 1980, Vigdís Finnbogadóttir a diventare la prima donna eletta presidente al mondo.

Nonostante l’Islanda sia da 14 anni consecutive al primo posto della classifica del World Economic Forum per la lotta al gender gap, le organizzatrici dello sciopero denunciano una situazione ancora di sperequazione. Nel Paese non c’è ancora una parità al 100 per cento, tanto che il Wef gli assegna un punteggio complessivo del 91,2 per cento.

«L’Islanda viene descritta come il paradiso della parità», dice Freyja Steingrímsdóttir, una delle portavoce della mobilitazione, «ma un paradiso della parità non dovrebbe avere un gap salariale del 21 per cento e il 40 per cento delle donne che hanno subito abusi sessuali».

Alle donne islandesi oggi viene chiesto di non svolgere alcuna attività, comprese quelle domestiche, «per dimostrare l’importanza del loro contributo alla società». Le organizzatrici dello sciopero affermano che lavori tradizionalmente associati alle donne, come le pulizie e l’assistenza, continuano ad essere sottovalutati e sottopagati.

La mobilitazione si prevede massiccia: a eccezione dei servizi essenziali garantiti, gran parte delle attività dell’isola si fermerà e si prevede che almeno 25.000 persone parteciperanno a un evento nel centro di Reykjavík e molte altre prenderanno parte ad altri eventi in tutto il Paese.

Circa il 90 per cento della forza lavoro femminile islandese scioperò nel 1975, cercando di evidenziare l’importanza delle donne per l’economia. Quello sciopero ha spinto l’anno successivo il parlamento del Paese ad approvare una legge sulla parità retributiva. In Italia – tanto per ricordarcelo – la legge per la parità salariale è del 2021.

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