Camillo di Christian RoccaProposta: il Parlamento indaghi subito sulle spiate telefoniche illegali

Milano. Il senatore dell’Ulivo, Antonio Polito, sta lavorando a una proposta di legge bipartisan per l’istituzione di una Commissione di inchiesta parlamentare sulle violazioni di legge e delle libertà personali causate dall’abuso giuridico e dalla pubblicazione illegale delle intercettazioni telefoniche. Polito sta già cercando consensi tra i colleghi, con l’obiettivo di raggiungere quel decimo dei membri di Palazzo Madama che gli permetterebbe di portare la richiesta direttamente alla discussione in aula.
Il punto di partenza dell’iniziativa, ha spiegato Polito al Foglio, è lo stato di totale e completa illegalità di tutta la vicenda, sia nella sua prima ondata sulle banche, sia adesso che è finito sotto accusa il calcio: “Tutto quello che abbiamo letto non è pubblico, quindi non poteva essere divulgato, se non in modo arbitrario”. Ci stiamo abituando a questa pratica barbara, ha detto Polito, anche perché è divertente guardare dal buco della serratura, però “stiamo lasciando degradare il concetto di prova fino a comprendervi le cose dette, quando invece dovrebbero contare le cose che si fanno, non quelle che si dichiarano”.
Polito considera l’intrusione tecnologica nella vita privata come “il rischio più grave che corre l’Italia dai tempi delle leggi speciali del fascismo”, ma non teme di essere accusato di voler insabbiare lo scandalo sul calcio: “Io ho piacere che la magistratura scopra le eventuali manipolazioni del sistema bancario e del calcio, ma il modo in cui ottiene le informazioni non è secondario, soprattutto se fa leva sulla gogna pubblica. Se devo scegliere, preferisco privilegiare lo stato di diritto”. Anche perché, aggiunge Polito, spesso le intercettazioni non vengono disposte per trovare conferma a gravi indizi di reato, ma per cercarli, questi indizi di reato. L’inchiesta di Torino, per esempio, era nata sul doping, ma con i telefoni sotto controllo si è trasformata in indagine sui bilanci delle squadre e poi sugli arbitri. Così come quelle di Napoli e di Roma, cominciate sulla squadra partenopea e sulla Gea, sono diventate il cuore di calciopoli. “In termini di fair play, c’è la stessa differenza tra pescare con l’amo e quella a strascico, nel primo caso si cerca di far abboccare il singolo pesce, nel secondo si getta una rete di 300 metri e quello che si prende si prende”.
Tre questioni pericolose
I punti più pericolosi di questi abusi e di questa illegalità sono tre, dice Polito. Il primo è quello dello strumento investigativo in mano ai pm. Il secondo è quello del linciaggio pubblico. Il terzo è quello del fenomeno delle intercettazioni private. La commissione d’inchiesta parlamentare nascitura dovrebbe valutarli tutti e tre, a partire dai casi concreti delle inchieste su bancopoli e calciopoli, poi chiudere i lavori entro un anno e mezzo con i suggerimenti e le soluzioni necessarie.
Già oggi, spiega Polito codice alla mano, la legge prescrive l’eccezionalità del ricorso alle intercettazioni telefoniche: “Innanzitutto possono essere disposte solo per reati che prevedono pene superiori ai cinque anni di reclusione, ed è questo il motivo per cui si contesta l’associazione a delinquere… ma non solo… l’articolo 267 del codice penale dice che l’autorizzazione è data quando vi sono gravi indizi di reato e l’intercettazione è assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini”. Registrare le telefonate dovrebbe essere una rarità, eppure accade il contrario. Tra l’altro, aggiunge Polito, l’autorizzazione del gip dura 15 giorni, ma dopo due settimane anziché riesaminare il caso e rivalutare se sussistano i requisiti previsti dalle legge, il giudice proroga in automatico con motivazioni e decreti fotocopia dei precedenti: “Le intercettazioni durano all’infinito, per anni si mettono sotto controllo le persone, al grido di ‘intercettate, intercettate, qualcosa resterà…’, poi capita anche che non resti nulla di penalmente rilevante, magari solo scorie negative per le famiglie, per le relazioni umane e sociali”. La soluzione, secondo Polito, potrebbe essere quella di rendere più autonomo il gip, oppure di affidare l’autorizzazione a intercettare a un collegio di giudici, “certamente vietando i decreti fotocopia”.
Il linciaggio pubblico comporta che il processo e la sentenza sono, di fatto, anticipati sui giornali, prima ancora che sia stata formulata l’accusa o sia stata data la possibilità di difesa a persone che spesso non sono nemmeno indagate. Polito non suggerisce di limitare la libertà di stampa, ma di sanzionare chi guadagna dalla pubblicazione delle telefonate, a cominciare dagli editori che vendono più giornali. Infine, c’è il grande tema su chi possa effettuare le intercettazioni, quindi su come evitare che prosperi un business e un commercio illecito di telefonate intercettate a scopi privati.

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