Caro Christian, osservando i tipi umani nella spiaggia dove mi trovo, ho realizzato improvvisamente che quella consapevolezza di progresso e crescita delle nostre culture che si poggia sulla convinzione di aver abbandonato la barbarie del passato è un totale inganno. Mi spiego: “l’uomo col borsello”, emblema di un’estetica sfigata nata negli anni Settanta e che ritenevamo superata – celebrato anche dalla canzone di Elio e le storie tese – è in realtà tuttora presente e prevalente nelle nostre società. Si è solo involuto nell’uomo col marsupio. Ecco, li guardo, e capisco che gli uomini in slippino da bagno e marsupio (e nei casi più criminali, occhiali da sole fascianti), sono non il sintomo, ma la ragione del declino della nostra civiltà.
Caro Luca, mi parli di progresso? Prova a rinnovare la patente, poi mi dici. Sono andato alla sede centrale dell’Aci di Milano, convinto che in un fiat mi rilasciassero la nuova patente plastificata tipo carta di credito. Bastano un computer e una stampante, no? Illuso. L’impiegata mi ha detto che non mi sarebbe convenuto, perché avrei dovuto aspettare tre o quattro mesi e in ogni caso sarei dovuto andare al Comune a farmi autenticare le foto (di autocertificazione e di legge Bassanini, pare non abbiano mai sentito parlare). Il documento sostitutivo, poi, non è valido all’estero. Allora ho rinnovato la patente cartacea. Pensavo mi mettessero un timbro, e via. Invece no. Entro 40 giorni mi inviano un bollino, ma se non arriva c’è un numero verde. Nel frattempo mi hanno rilasciato 4 fogli in duplice copia, previo pagamento di 80 euro e rotti (“solo con carta di credito Diners, mi spiace”), alcuni dei quali sotto forma di marche da bollo (da 11 euro, da 3,10 euro e una incredibile marca da “Lire mille”). Una volta arrivato il bollino, potrò finalmente fare richiesta di un duplicato della patente, uno stratagemma sottile per ottenerla nel formato carta di credito. A quel punto è tutta discesa: è sufficiente farsi autenticare la foto e aspettare i mesi necessari. Poi, credo, sarà già tempo di rinnovare la patente.
Caro Christian, non te la faccio altrettanto lunga ma io ho appena pagato una multa per divieto di sosta in un posto dove non sono mai stato in vita mia a un’ora in cui ero a casa a scrivere mail a te. Ma erano 35 euro e mi costava meno che sbattermi a cercare di dimostrare le mie ragioni. Senti, da qui il contatto con la musica corrente è un po’ vago, salvo una raccolta di firme in spiaggia per la lapidazione di Fabri Fibra: è uscito il cd nuovo di Lisa Germano? E quello di Pete Yorn?
Caro Luca, vergogna, shame on you. Non ti sei ancora ritirato dalla spiaggia? Guarda che questa di ritirarsi è la moda di questa estate. Comunque. non so di che cosa tu stia parlando (a parte le multe). E non scrivermi più nessuna mail. Telefonami, è più facile. Tanto poi ci pensa qualche pubblico ministero a pubblicare. Guarda, comunque, che io mi sono appassionato a un tale che si chiama Jose Gonzalez. Stai attento. So solo che è metà argentino e metà svedese e che è l’ennesimo, credo il quattrocentomilionesimo, nuovo Nick Drake. Naturalmente è fantastico. E’ una dritta preziosa, se lo viene a sapere il pm Henry John Woodcock ci arresta per traffici illeciti, aggiotaggio e forse anche abigeato. A proposito, tu che sai l’inglese, che cosa vuol dire “woodcock” in italiano?
Caro Christian, io uno che si chiama Woodcock me lo immagino coperto di tatuaggi, e con l’anello al naso. Peraltro, mezza nazione è coperta di tatuaggi, e la moda dell’anello al naso credo sia cosa imminente. Sui tatuaggi, e sulla tarrizzazione della cultura patria la penso come sul borsello. E come Adolf Loos, grande architetto viennese di un secolo fa: “L’uomo moderno che si tatua è un delinquente o un degenerato. Vi sono prigioni dove l’ottanta per cento dei detenuti è tatuato. Gli individui tatuati che non sono in prigione sono delinquenti latenti o aristocratici degenerati. Se avviene che un uomo tatuato muoia in libertà, significa semplicemente che è morto qualche anno prima di aver potuto compiere il proprio delitto”. O di essere intercettato.
Caro Luca, a proposito di architetti ho appena comprato un fenomenale libro fotografico sull’arredamento delle dimore dei peggiori dittatori di questo secolo, da Hitler a Stalin a Saddam. Lo stile è pacchiano, si nota un eccesso di tessuti leopardati e di aquile imperiali. Quasi tutti hanno un mappamondo nello studio, come Charlot e qualsiasi bambino di sette anni. C’è anche una foto della famosa collezione di scarpe di Imelda Marcos, la protagonista di Fillippine & the city. Credo, purtroppo, di aver avuto in passato un gabinetto con le stesse piastrelle del “bagno lilla” di Ceausescu.