Caro Christian, malgrado io non sia un giustizialista linguistico e pensi che le lingue cambino naturalmente incorporando errori ed equivoci, vorrei svolgere un servizio di ricostruzione almeno dei significati originari. Per esempio, è da tempo diffuso in tutta la penisola l’uso disinvolto e disordinato di due espressioni tipiche della capitale: “sticazzi” e “me cojoni”. Ora, ripeto, liberi tutti di esclamare “e sticazzi!” per manifestare meraviglia o auguri di buone vacanze. Ma a Roma lo si usa non al posto di “perbacco”, come si ritiene erroneamente altrove: piuttosto per dire “e chissenefrega”, in estrema sintesi. Se mi sono spiegato, bene, sennò sticazzi. “Me cojoni” (che è un verbo, non un sostantivo), viceversa, si usa per esprimere stupore e diffidenza. Non farmi figuracce, anche tu.
Caro Luca, sei stato in vacanza a Fregene oppure lavori alla nuova campagna pubblicitaria di Tim? Mi chiedo che cosa ci sia dietro questa regressione alla romanità che ha colpito il paese… E’ tutto un aho, po-po-po-po, me so’ scordato a pastiglia, maggicarroma. Ma che è? Prodi non aveva forse detto che l’Urbe non gli piaceva? E ora che fa, non rispetta le promesse elettorali? E Alberto Fortis quando torna a mettere le cose a posto? “Zero”, diomio che nervi mi vengono ogni volta che sento Silvio Muccino dire “zero”. Se ci fai caso sono le aziende telefoniche ad aver impresso questa svolta, quasi certamente a causa de ‘na ricerca de marketing. Qui serve una mobilitazione. Io, per esempio, quest’anno non guarderò la Serie A Tim. Sempre c’aa fanno.
Caro Christian, figurati: io non vado a Roma da mesi. Sei tu quello sempre in giro a vendere il tuo manuale sulle diete (“Cambiare regime”, di quello parla, no?). Io sono stato solo a Napoli, la settimana scorsa, e ho visto una mostra formidabile, di disegni di Dean Tavoularis. Che no, nemmeno io sapevo chi fosse. Ma per capirsi, è quello che ha disegnato la barca di “Apocalypse now”: cioè, uno dei più grandi designer e scenografi di Hollywood. Ho visto i bozzetti per le case di “Hammett” di Wenders, i progetti del regno di Kurtz in “Apocalypse now”, gli storyboard di “Rumble fish”. Nonché mille versioni dell’aspetto della famosa barca lungo le tappe della sua risalita all’inferno. Ma che tt’oo dic’affà, capace che hai disdetto pure Sky Cinema.
Caro Luca, visto che hanno cancellato il campionato di calcio ho finalmente trovato il tempo per vedere l’intera V serie di 24. Muoiono quasi tutti. Non ti dico altro se non che è tornata Kim, la figlia di Jack Bauer. Tranquillo, stavolta non combina guai. Il momento chiave della serie è verso la fine, quando un cattivo dice che “non si può credere a ciò che scrivono sugli editoriali del New York Times”. Concordo col cattivo, però pago lo stesso 49 dollari e 50 centesimi all’anno per leggerli online. Per gustarsi Severgnini sul Corriere, devi pagare dieci volte tanto: 450 euro annui. Aho, so’ novecento sacchi…
Caro Christian, nun me ne parlà. Io l’unico abbonamento online che ho è quello al Wall Street Journal che costa solo trenta centesimi al giorno. Se devo buttare soldi su internet, preferisco scaricare il disco di questo giovanotto scozzese che si chiama inopinatamente Paolo Nutini. Oppure Madeleine Peyroux: anzi, tu che te ne intendi: voi puristi del jazz che posizione avete su Madeleine Peyroux? È più o meno affidabile di Diana Krall (che anche lei ha un disco nuovo)?
Caro Luca, mi sono dimesso anche dal jazz. Mi sto appassionando, invece, a un libro-inchiesta sul grande fratello che ascolta tutte le nostre telefonate. Si intitola “Intercettare il Mondo” (Eianudi) e lo ha scritto un bravo giornalista di Slate che si chiama Patrick Radden Keefe (sarebbe perfetto per uno spot della Wind, se solo sapesse fare er cucchiaio). E poi, stai attento, ti consiglio il nuovo film di Oliver Stone sull’11 settembre. Lo so, rischio di sembrare Cicchitto che loda Moretti, ma davvero, per una volta, Stone ha messo da parte le teorie cospiratorie che gli piacciono tanto e ha girato un film addirittura fin troppo patriottico. I conservatori americani ne vanno pazzi, dicono che è un inno religioso al coraggio, alla famiglia, alla vita. Laif is nau.